CLAUDIO RIGONI, I FOGLI DEL CAPITANO MICHEL, EINAUDI, 2009 –++ RECENSIONE DI MARCO ROSSARI:: ” UN PUGNO DI UOMINI SFOCATI “, 12 APRILE 2014

 

 

 

Claudio Rigon

I fogli del capitano Michel

2009

L’Arcipelago Einaudi

pp. 202

€ 13,50

Tutto parte da una scoperta. Un pacco di foglietti ingialliti, di varia misura, che hanno quasi cento anni e raccontano una storia: quella di un gruppo di soldati sull’Ortigara nell’estate del 1916. Una storia che merita di essere raccontata.

 

Il libro

All’inizio c’è un ritrovamento, nell’archivio di un museo: alcune piccole fotografie di soldati. Anche se sparse fra altre, qualcosa le unisce e le rende riconoscibili: un certo carattere, una sorta d’ingenua semplicità. Sul retro, a matita, è annotato sempre lo stesso nome: Michel. Un nome che diventa come una traccia da seguire.Quelle fotografie fanno tutte parte, insieme a carte, lettere, documenti, di una stessa donazione. Una delle buste della «donazione Michel» contiene anche un blocco di fogli, di misure diverse, ripiegati a metà. Dicono di pattuglie in perlustrazione nella notte davanti alle trincee austriache, dell’arrivo del rancio, di un bombardamento, di morti. Dicono anche che si è davanti a Monte Ortigara, in quei luoghi che i lettori conoscono grazie a Mario Rigoni Stern ed Emilio Lussu.

Sono messaggi, in gergo fonogrammi, con cui alcuni reparti di un battaglione alpino si erano comunicati disposizioni e informazioni. Come delle telefonate, scritte però a mano da alcuni ufficiali, e recapitate da portaordini. Vanno dal 24 giugno al 29 luglio del 1916, un mese. Proprio allora il capitano Michel, appena promosso, era giunto a prendere il comando di un battaglione decimato, rimasto quasi senza ufficiali. Nella vita civile era insegnante di storia e filosofia.

 

Claudio Rigon legge e rilegge quei fogli, comincia a metterli in ordine, per data e per ora – quando sono indicate -, poi procedendo per riferimenti incrociati. Cerca di inquadrare ogni dettaglio in un contesto, viaggiando da un libro all’altro, ripercorrendo a piedi gli stessi luoghi. Quei fonogrammi in fondo sono solo minuscoli frammenti della vita di quelle giornate. Eppure nel leggerli Rigon vi scopre un ritmo, un movimento, sente che si compongono in un flusso. Segue quel flusso e dà voce alla carta, una voce esatta, mai retorica, mai invadente, scarna e poetica.

Di pagina in pagina, prende vita un intero mondo, un’intera umanità. Sono quei fonogrammi, più ancora delle fotografie (che non a caso si è scelto di non riprodurre nel libro), a restituirci una storia apparentemente lontana, una storia di guerra. Ma soprattutto una storia di uomini, spesso giovanissimi, che si sono ritrovati a vivere l’orrore ma anche la normalità del fronte. Alla fine si ha la sensazione che siano proprio quei soldati a dire di sé, a raccontarci senza volerlo qualcosa d’importante.

«Ogni biglietto mi colpisce, su ognuno mi soffermo. Quando ne prendo uno in mano mi accorgo che non lo trattengo con le dita – solo un attimo per sollevarlo: lo lascio come sospeso nel cavo della mano, lo soppeso, lo interrogo. È stato scritto ottantacinque anni fa da uomini che erano i nostri nonni (per me, per la mia generazione), che si sono trovati lassù, in quei luoghi, fra quelle pietre, su queste nostre montagne, a vivere qualcosa che è difficile anche pensare, ora, essere stata possibile».

EINAUDI – CATALOGO–LINK

I fogli del capitano Michel

 

 

MARCO ROSSARI.COM — RECENSIONE DEL LIBRO

12 APRILE 2014

UN PUGNO DI UOMINI SFOCATI

https://marcorossari.com/tag/i-fogli-del-capitano-michel/

 

 

Ci sono libri che si affacciano senza clamore, se ne stanno lì acquattati in un angolo della libreria ed escono di scena senza avere sollevato polemiche, senza pretese generazionali e senza visioni del mondo (anche se, in fondo in fondo, un libro – per quanto modesto – una visione del mondo ce l’ha in ogni caso). Il loro grande difetto, che è naturalmente un pregio, è l’apparente semplicità, la dimessa esplorazione di un tema poco all’ordine del giorno, la meticolosa analisi di una vicenda passata.

Erano mesi che I fogli del capitano Michel di Claudio Rigon (Einaudi 2009, pp. 199) esercitava, proprio per questa sua renitenza, una forte attrazione su di me. E l’attesa non è andata delusa.

“Io di professione faccio l’insegnante, di fisica, alle scuole superiori. È il mio mestiere. Oltre a questo faccio fotografie.”

Nell’incipit c’è già tutta l’acribia di questo esploratore curioso, classe ’48, nato a Vicenza, che si aggira nel corso degli anni sull’Altipiano di Asiago, per calcare le orme di chi vi si è stato catapultato nella grande guerra, rinvenirne le tracce e conservarne la memoria. Un giorno, mentre svolge una ricerca bibliografica al Museo del Risorgimento, scopre dapprima una serie di piccole fotografie appartenenti alla “Donazione Michel” e quindi un fascio di documenti, tra i quali duecentocinquantasette fonogrammi, piccoli dispacci sul fronte tra un comando e l’altro, risalenti all’estate del 1916.

Da lì, un po’ detective e un po’ storico, Rigon inizia a riannodare i fili della vicenda del battaglione Argentera sull’Ortigara, ordinando cronologicamente i fonogrammi – vere e proprie tessere di un puzzle – e ricostruendo con l’operosità di una staffetta attraverso frequenti le sue escursioni in loco il contesto topografico e quello bibliografico (da Gadda a Lussu, fino alle pubblicazioni di nicchia) dal quale sono usciti.

È così che restituisce questi laconici messaggi in bottiglia alla loro vicenda prima storica e poi umana. I nomi dei soldati, il dramma del gelo e della paura, le reazioni coraggiose e meschine, i piccoli furti e le diserzioni: tutto emerge dalla nebbia del passato gradualmente, senza enfasi, con una misura toccante.

Se il poeta poteva trasfigurare liricamente il conflitto (Clemente Rebora, per pescarne uno fra i tanti: “… Tra melma e sangue / Tronco senza gambe / E il tuo lamento ancora, / Pietà di noi rimasti / A rantolarci e non ha fine l’ora…”), il memorialista oppone una prosa asciutta, ma non per questo meno efficace. Anzi. Provare a tornare in quelle trincee con lo sguardo del superstite sarebbe un imperdonabile errore retorico (che pure in molti commettono, nella foga di colmare la distanza che li separa dall’orrore), così quando Rigon capisce il retroscena di un foglietto ambiguo (“I soldati Giacosa, Graneris e uno ‘sconosciuto dell’ottavo’ sono morti e dell’ultimo non si conoscono le generalità essendo tuttora il cadavere in luoghi battuti”) lo commenta in un paragrafo secco: “Lo ‘sconosciuto dell’ottavo’ non è un soldato di un altro reparto, come avevo sempre creduto, ma uno dei nuovi arrivati (…). Quelle tre parole – chiuse fra delle virgolette che sorprendono in un bigliettino di trincea – mostrano quanto fosse sentito invece ancora come un estraneo. Riescono a dire, di quella morte, e più di qualsiasi altra frase o pensiero, la totale, assoluta, desolata solitudine”.

Ma sarebbero tanti i passi da citare, in questo libriccino prezioso e antico che, interrogando la storia e la memoria con rispetto, racconta un pugno di uomini sfocati, molto umani e poco epici. Credo che I fogli del capitano Michel sarebbe piaciuto a Mario Rigoni Stern e a Primo Levi, e forse non si può trovare complimento migliore di questo.

Risultato immagini per CLAUDIO RIGON

Risultato immagini per CLAUDIO RIGON

Claudio Rigon è nato a Vicenza ed è scrittore, fotografo, storico, ricercatore e insegnante di fisica. È autore del libro fotografico Passato Presente. Sulle orme di C.D. Bonomo, fotografo: i cimiteri di guerra dell’Altipiano (Galla Libreria Editrice, 2006) e de I fogli del capitano Michel (Einaudi, 2009).

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