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Manuela Moschin
gen 31
Desmon Morris e il tema della gestualità nelle opere d’arte
A cura di Paolo Beretti
Desmond Morris è uno dei miei eroi. Biologo e pittore surrealista, ha scritto saggi dedicati ad argomenti (in apparenza) disparati, in realtá sempre gravitanti intorno alle sue due sfere di interesse: le scienze naturali e la creativitá (umana e non solo). È notevole rimarcare che questi argomenti – compresi quelli in seguito riproposti da tanti altri autori – furono affrontati da lui per la prima volta, ripeto prima volta in assoluto; ed essi sono: l’etologia applicata all’essere umano, il rapporto tra noi e gli altri animali, il linguaggio dei gesti (ora più noto come CNV, comunicazione non verbale), la sociologia del calcio, la pittura degli scimpanzè, la statuaria preistorica di Cipro, l’analisi degli amuleti, l’interpretazione del comportamento del cane e del gatto (e del cavallo), la spiegazione della funzione antropologica delle parti del nostro corpo, l’analisi delle strutture antropologiche dell’arte…
Oggi, a 92 anni, appena dopo aver trattato l’etologia della civetta e le vite dei surrealisti, affronta ancora, insieme, i temi a lui cari, in un libro da poco uscito in inglese e non ancora tradotto in italiano: ‘Postures. Body Language in Art’ Thames & Hudson, London-New York, 2019.
Intendiamoci: oggi il tema della gestualitá nelle opere d’arte è ormai parte di una lettura visiva tradizionale, inserito anche nei manuali che elencano le simbologie artistiche. Come esempio posso consigliare, in italiano, ‘Il gesto nell’arte’ di Veronica La Porta, Logart Press, Roma, 2006.
Ma rimane impagabile leggere esempi di interpretazione delle linguacce o dei pugni alzati da parte di colui che ha inaugurato questi studi; girando documentari tra Napoli e il Vaticano per indagare il significato della gestualitá mediterranea e suscitando anche l’ira della camorra. In Italia scoprí persino il confine geografico che distingueva i gesti che derivavano dai Longobardi, rispetto a quelli eredi dei Bizantini. Il suo metodo conduce sempre a delle classificazioni, cosí in questo ultimo saggio inserisce le posture in precise categorie: saluti, benedizioni, status, insulti, minacce, afflizioni, auto-protezione, erotismo, in riposo. La propensione di Morris nell’indagare temi insoliti gli causarono critiche e censure, fin dal best-seller ‘La scimmia nuda (The Naked Ape)’ del 1967.
Ancora ricordo quando la mia maestra elementare criticava negli anni ’70 chi esponeva i disegni imbrattati da una scimmia, e oggi so bene che si trattava del suo scimpanzé Congo e che Picasso volle possedere uno dei suoi dipinti. Cosí non mi stupisce leggere un capitolo dedicato al gesto delle corna (si scorge nella mano di Dio in un mosaico in San Vitale e deriva dalla carica del toro che allontana le scongiure). O della postura che mostra il sedere (e trova la spiegazione di un Dio di Michelangelo in questa posa nella volta della Sistina, in quanto nell’Esodo si legge che Jahvè aveva proibito a Mosè di guardarlo in volto).
Leggere Desmond Morris per me è sempre come assaporare una fresca brezza, anche e soprattutto quando affronta temi ormai noti (che rischiano di stagnare, come accaldati da una visione consuetudinaria). Lui stesso ritiene che la gestualitá nei ritratti sia ignorata, cosí come non ci soffermiamo ad analizzare i gesti delle persone con cui dialoghiamo: dedicarsi a questo studio apre invece la via ad una nuova lettura di opere note. Scorriamo alcuni esempi che mi hanno colpito: La famosa mano di Napoleone tenuta nel panciotto è la riproposizione degli oratori greci, cui era consigliato di non gesticolare in modo smaccato. La mano benedicente della chiesa ortodossa indica le iniziali greche di Gesú. Mentre più difficile è interpretare la posizione delle dita in tanti ritratti, da El Greco al manierismo: è probabile trattarsi dell’imitazione del gesto della Madonna durante l’allattamento, quindi un gesto protettivo.
Prima di chiudere, non riesco a trattenermi dal citare alcune righe tratte dall’introduzione di questo nuovo volume, perché riguardano un suo interessante ricordo di Francis Bacon.
Morris ricorda che il grande pittore inglese era molto interessato ai suoi studi sull’espressivitá e la gestualitá. Se ne accorse quando commentarono insieme un dipinto di Picasso che rappresentava una donna piangente. In seguito Bacon chiese un suo parere riguardo un dipinto con un babbuino dalla bocca spalancata: voleva esser sicuro di aver colto l’autentico urlo della scimmia. Morris lo rassicuró, nascondendogli invece che quell’espressione era tipica di un babbuino che stava sbadigliando… Sapeva bene come Bacon fosse solito distruggere i propri dipinti quando non ne era pienamente convinto e l’etologo pensó di evitare in questo modo la distruzione di quella tela. Alla morte del pittore, si accorse poi che nel famoso studio colmo di confusione erano conservate due copie del saggio ‘Manwatching’ di Morris, una integra e l’altra piena di commenti: evidentemente Bacon le utilizzava per studiare la struggente espressivitá dei suoi ritratti deformati.
Affascinanti queste letture dei gesti, soprattutto pensando che il loro significato è differente a seconda delle popolazioni, proprio come le lingue.