REPUBBLICA DEL 4 MARZO 2020 -.-pag.3
Era risultato positivo sabato
— p.b.
dal nostro inviato
CENE — Il primo morto italiano di solo coronavirus (i medici stanno cercando di capire se avesse patologie preesistenti) lo chiamavano il Dottor Treno: era un uomo forte, robusto, sportivo, e quel soprannome, ispirato a una terapia per i malati di Alzheimer — gli anziani fragili a cui ha dedicato la sua vita e che faceva stare meglio facendoli viaggiare virtualmente e mettendogli delle bambole tra le braccia — , deriva anche dal fatto che Ivo non stava mai fermo. Macinava chilometri e lavorava spedito come un treno. Quando staccava dai suoi vecchietti senza più memoria andava a giocare a tennis. Il cuore di Ivo Cilesi, 62 anni, geriatra noto nell’ambiente, si è fermato domenica notte all’ospedale di Parma. Da tre giorni l’uomo faceva fatica a respirare. Venerdì lo hanno ricoverato a Fidenza. Sabato gli hanno fatto il tampone: positivo. Ventiquattro ore dopo se n’è andato.
«Mi sembra tutto surreale — dice Giovanna Lucchelli, compagna e collaboratrice di Cilesi — . Hanno sempre detto che le persone più esposte al virus erano gli anziani. Invece è successo a lui, un uomo che sembrava indistruttibile». La donna si trova in quarantena a Salsomaggiore. Erano insieme da martedì nella città termale, dove vive lei e dove c’è il centro Ammonis, uno dei progetti legati alla “doll therapy” che è il fiore all’occhiello degli studi di Cilesi sulle terapie non farmacologiche per le persone affette da demenza senile. Genovese, psicopedagogista, musicoterapeuta: martedì il professionista parte dalla sua casa di Cene, nella bergamasca valle Seriana, per Salsomaggiore. «Era arrivato un po’ stanco. Ivo non diceva mai no a nessuno — continua la compagna, si conoscevano da 27 anni — . Non aveva né febbre né tosse. Venerdì faticava a respirare e tremava. Ho chiamato il 118 ma nessuno pensava al coronavirus… ». Dove ha contratto Cilesi il Covid-19? «Non lo sappiamo. Fino a martedì era stato qui, in Bergamasca — dice Paola Brignoli, vice presidente del centro Innovative Elder Research di San Paolo d’Argon, di cui Cilesi era presidente — . Anche noi, in quattro-cinque, siamo in quarantena ». Dottor Treno girava per ospedali e case di cura: sempre pazienti in età avanzata, i più esposti al contagio. Spiega Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione italiana di psicogeriatria: «Ivo è morto sul lavoro, ha contratto il virus nei luoghi che amava e ai quali ha dedicato la vita professionale».
Il curriculum di Cilesi è lungo come la strada provinciale 35 che dalla valle Seriana scende a Bergamo: consulenze in centri di eccellenza, dall’ospedale Briolini di Gazzaniga alla fondazione Santa Maria del Gleno. E poi le collaborazioni con il Politecnico di Milano e in Svizzera, Svezia e Cuba. Diffondeva e praticava le sue due terapie creative: il “treno virtuale” e la “doll therapy”. Del coronavirus diceva: «È un influenza un po’ più alta…Rispettiamo le direttive ma stiamo tranquilli».
IL FATTO QUOTIDIANO DEL 4 MARZO 2020
Luciano Casolari
Medico psicoanalista
SOCIETÀ- 4 MARZO 2020
Ivo Cilesi, il coronavirus si è portato via un eroe del nostro tempo. Ma la sua doll therapy resterà
Quando studiavo all’università malattie dell’apparato respiratorio il professore di quella branca, che allora si chiamava ancora Tisiologia, ci raccontò che quando lui era giovane studiare le malattie respiratorie era una professione ad alto rischio. Capitava che ti ammalavi di tubercolosi e potevi morire. Mi ricordo che ai miei occhi di giovane studente di Medicina l’idea che si potesse morire per il proprio lavoro di operatore sanitario mi pareva strana, un poco da romanzo e da eroe.
Un eroe dei nostri tempi è stato il dottor Ivo Cilesi, pedagogista di estrazione, che nel corso della sua vita si è dedicato alla cura dei malati affetti da demenza. In particolare ha studiato e sviluppato cure per il trattamento comportamentale, da associare a quello farmacologico, dei deterioramenti mentali più gravi.
Nelle fasi iniziali di tali patologie i pazienti presentano segni, a volte difficili da interpretare, come disturbi del sonno, apatia, aggressività, depressione alternata ad agitazione. Il collega ha studiato e applicato assieme al dottor Gary Mitchell la terapia della bambola (“doll therapy”): si tratta dell’utilizzo di un bambolotto come oggetto transizionale nell’anziano. L’oggetto transizionale tipico dell’età infantile, ben esemplificato e rappresentato dalla coperta di Linus, è un oggetto tipo bambolotto, copertina, straccetto o altro che il bimbo utilizza durante lo sviluppo come sostituto materno. Nella fase del necessario distacco dalla figura materna ciuccia, tocca e odora questo oggetto che rappresenta la mamma.
La scelta dell’oggetto è peculiare del bimbo ma di solito cade su un oggetto presente nelle effusioni che ha avuto con lei in precedenza nelle primissime fasi della vita. In questo modo il bambino transita da un attaccamento totalizzante alla figura materna a un attaccamento più distaccato in cui la mamma può allontanarsi, senza che lui pianga a dirotto. L’oggetto orsacchiotto, bambola o copertina permette questa transizione e funge per qualche tempo come sostituto materno che permette ad esempio l’addormentamento.
Mitchell e Cilesi hanno utilizzato la teoria dell’attaccamento di Bowlby per ipotizzare anche nell’anziano in fase di demenza la necessità di un oggetto transazionale che fungesse da sostituto del senso di sicurezza che forniva prima la coscienza. In un momento in cui la propria mente non riesce a reggere, presumibilmente, ci si sente persi e soprattutto nella prima fase si reagisce con rabbia, sconforto, aggressività. Trovare un oggetto transizionale cui aggrapparsi è utile a ridurre lo stato di ansia e a permettere un rallentamento del deterioramento cognitivo.
Le tecniche per inserire tali oggetti sono varie e devono trovare una necessaria personalizzazione a seconda del paziente. Soprattutto coloro che accudiscono gli anziani (caregiver) dovrebbero studiare o essere introdotti attraverso corsi appositi o lezioni individuali all’utilizzo dell’oggetto transaizionale per ridurre i sintomi del malato ma anche per poter affrontare meglio la difficoltà del loro ruolo.
Sappiamo infatti che spesso si sviluppa una patologia dei caregiver che può sfociare in stati di alterazione psicologica piuttosto intensi e disturbanti con richiesta di cura. Per non arrivare a questi punti, accanto ai trattamenti medici, sarebbe opportuno un approccio integrato che introduca trattamenti comportamentali come la doll therapy.
Morire compiendo il proprio lavoro di terapeuta, mentre si accudiscono le persone più deboli è sicuramente da eroi del nostro tempo. Il coronavirus, forse assieme ad altre patologie pregresse, ha portato via questo mio coetaneo 61enne in breve tempo. Rimangono i suoi studi e le sue riflessioni oltre a un numero molto ampio di allievi formatisi alle innovative tecniche di ascolto e cura della demenza.