LA NIGERIA CON LA CAPITALE ECONOMICA LAGOS, LA SEDE DEL GOVERNO E’ DAL ’91 ABUJA.
Lagos è una città della Nigeria di 16.348.100 abitanti, la più grande dell’Africa e la quarta città al mondo per popolazione. Il suo agglomerato urbano supera i 21 milioni di abitanti. Capitale fino al 1991 quando la sede del governo fu spostata ad Abuja, resta la capitale commerciale ed economica dello Stato. La città si sta rendendo protagonista di un’enorme crescita demografica negli ultimi anni, tanto da essere stata considerata prima città in Africa e settima nel mondo per velocità della crescita demografica, oltre che essere la quarta città al mondo per popolazione, dopo le megalopoli cinesi Chongqing, Shanghai e Pechino. ( WIKIPEDIA)
UN MERCATO
LAGOS: DISTRETTO DEGLI AFFARI
FOTO DELL’APRILE 2019
I QUARTIERI SUBURBANI
IL CARNEVALE A LOGOS
UN’ABITAZIONE IN UNO SLUM DELLA CAPITALE
BELLISSIMI BAMBINI DI UNA SCUOLA
CASE PALAFITTE
RAGAZZI DI PERIFERIA
UNA DONNA PORTA VIA DEI CONTENITORI DI PLASTICA BUONI DA UN DEPOSITO DI RIFIUTI
POMODORINI AL MERCATO E LA RISATA DI UNA BELLA RAGAZZA
DUE BELLE DEL LUOGO…
IL PONTE SOSPESO CONTRO LE NUVOLE A LAGOS
TRAMONTO SUL MARE A LAGOS
IL TRAFFICO IN CITTA’
CASE BARACCHE
LA CITTA’ DI LAGOS CON GLI AUTOBUS E I TAXI
LA ZONA DI VICTORIA ISLAND A LAGOS
UNA BELLA FOTO DEL MERCATO
LA CITTA’ MODERNA
LA CITTA’ CON I GRATTACIELI
I RAGAZZI CHE STUDIANO
QUELLI CHE LAVORANO
VICTORIA ISLAND DI NOTTE, LAGOS
REPUBBLICA DEL 17 APRILE 2018
https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2018/04/17/news/_una_citta_da_100_milioni_di_abitanti-194140563/
Approfondimento
RLab Urbanistica
Una città da 100 milioni di abitanti
Nel 2100 sulla Terra vivranno in 13 miliardi. E Lagos (stime Onu) sarà la megalopoli più popolata del mondo. Un disastro? Non proprio, nei colossi urbani anche opportunità
DI GIULIANO ALUFFI
Le città crescono senza sosta e si preparano a inghiottire il mondo: nel 2010 gli abitanti delle cento città più grandi del mondo erano oltre 750 milioni, l’11% della popolazione mondiale. Per la fine del secolo diventeranno (proiezioni Banca Mondiale), tra 1,6 e 2,3 miliardi, vale a dire tra il 15% e il 23% della popolazione terrestre, che per il 2100 sarà salita a oltre 13 miliardi di persone.
Guideranno il trend le megacittà, ovvero città che superano i 10 milioni di abitanti e che, in alcune nazioni, potranno produrre fino a un terzo del Pil. L’esempio più eclatante è la capitale della Nigeria, Lagos: nel 1960 contava 200.000 abitanti e nessun grattacielo, in mezzo secolo ha centuplicato la sua popolazione, che oggi sfiora i 20 milioni, su mille chilometri quadrati, e potrebbe toccare dimensioni folli, 88 milioni di abitanti, entro il 2100 (proiezioni Onu) diventando la megalopoli più popolata del mondo (Kinshasa 83 milioni, Dar es Salaam 73, Mumbai 67).
Delle prime 7 città del 2100, 5 saranno africane e 2 indiane. E delle 100 città più grandi del mondo soltanto 14 saranno quelle europee, nordamericane e sudamericane.
“Le megacittà che domineranno il mondo saranno molto diverse da come le immaginiamo”, spiega Daniel Hoornweg, docente di sviluppo e sostenibilità all’Ontario Institute of Technology.
“Cresceranno al di fuori di ogni pianificazione perché spinte da un fattore difficile da regolare: le nascite. Pensiamo al Niger: ha il tasso di fertilità più alto del mondo, oltre sette figli per ogni donna, e la sua capitale Niamey, dal milione di oggi, arriverà a 56 milioni nel 2100“.
Sono ritmi e numeri mai gestiti prima d’ora ma non devono essere fonte di allarme, perché le megacittà offrono anche nuove possibilità: “Sono le metropoli i centri pulsanti di innovazione e, soprattutto in Africa e Asia, è l’aumento della concentrazione urbana il fattore che potrebbe facilitare, rendendoli più economici, miglioramenti nei servizi e nell’istruzione.
“Purché, però, si sia ancora in presenza di realtà governabili” osserva Hoornweg.
“Tutto sta alla direzione che prenderà nei prossimi decenni lo sviluppo dei supercolossi metropolitani”. I cattivi esempi di sviluppo non pianificato e disastroso per l’ambiente, purtroppo, non mancano. Come Bangalore, che negli ultimi quarant’anni ha aumentato del 1005% la superficie occupata da asfalto e cemento, ha subito un declino dell’88% nella vegetazione e del 79% delle terre umide, con un aumento di temperatura tra 2 e 2,5 gradi centigradi.
“La maggior parte delle città del Sud del mondo hanno e avranno un’espansione “informale”: baraccopoli, favelas, slums. Già oggi ci sono città formate per oltre l’80% da baraccopoli. In molti casi l’emergere delle megacittà non sarà un’espansione della potenza della città, ma della povertà”, spiega Francesco Chiodelli, ricercatore in pianificazione urbana al Gran Sasso Science Institute dell’Aquila, e docente nel corso di dottorato in Studi urbani. “Pur se non pianificato e caratterizzato da una scala che lo rende ingovernabile, lo sviluppo delle megacittà nel sud del mondo ha basi razionali: le migrazioni dalle campagne alle città sono comunque un bene per chi le mette in atto. È come partecipare a una lotteria: magari le probabilità sono basse, ma per chi rimane nelle campagne, impoverite dalle monocolture e da scompensi climatici, non c’è nemmeno la possibilità di partecipare a questa lotteria sociale. D’altra parte oggi si stima che circa il 30% della popolazione africana che dalle campagne si è riversata nelle baraccopoli urbane è poi riuscito ad emanciparsene e trovare soluzioni abitative migliori. È un forte incentivo all’urbanizzazione”.
Il quadro mondiale è eterogeneo: questi problemi si sono originati in Sudamerica: le megacittà che tutti abbiamo in mente assomigliano alle favelas, che sono state le prime bidonvilles. Ma oggi lì il problema sta decrescendo e diventando governabile.
Attualmente la prima area del mondo per quantità di popolazione che abita negli slum è invece l’Asia Orientale, dove 250 milioni di persone vivono in queste condizioni, contro i 200 milioni dell’Africa subsahariana e 100 milioni dell’America latina.
Ma mentre in Asia è solo un terzo della popolazione urbana a vivere nelle baraccopoli ai margini delle supercittà, in Africa si tratta dei due terzi.
Che il destino dell’Homo sapiens sia sempre di più quello di una specie urbana è ormai indubbio: “Una delle grandi rivoluzioni umane è avvenuta nel 2005, quando per la prima volta nella Storia la popolazione urbana ha superato quella rurale”, sottilinea Chiodelli.
I problemi sociali, dunque, saranno sempre di più problemi urbani. Ad esempio negli Usa il Pentagono mostra interesse crescente nel capire come spostare le modalità di guerra nell’ambiente urbano. Le risposte alle sfide del futuro poste dall’esplosione delle megacittà, e le opportunità positive da cogliere e valorizzare, sono tutte da trovare, vista la scala senza precedenti del fenomeno.
“Una cosa che dovremo evitare è cercare di replicare ovunque modelli che sono stati pensati, in altri tempi, per il nord del mondo” avverte Chiodelli. “Come l’edilizia pubblica: è stata sperimentata negli anni 60-70 nel sud del mondo e si è rivelata un fallimento per la diversa scala dei problemi”.
Secondo gli studiosi, più che puntare alla demolizione delle baraccopoli e alla costruzione di case popolari, bisogna favorire la riabilitazione delle abitazioni “informali”, dando ai poveri strumenti utili per emanciparsi.
E non vale solo per le megacittà. “Ancora più a rischio saranno in futuro, nei paesi poveri, le città tra 1 e 5 milioni di abitanti: le megacittà vere e proprie, che spesso sono capitali, proprio per questo hanno una certa presenza dello Stato e una loro visibilità” spiega Chiodelli. “Mentre le città medio-grandi rischieranno di rimanere al di fuori dei riflettori e delle politiche internazionali”. All’ombra dei giganti urbani.
Alcune immagini di giovani e bambini sono bellissime.