LIMES ONLINE — 27 DICEMBRE 2019
Cos’è successo di importante in Medio Oriente nel 2019
Carta di Laura Canali – 2018.
27/12/2019
Viaggio immaginario lungo la costa mediterranea e i corsi del Tigri e dell’Eufrate. Con una passeggiata al mercato di Aleppo e un’immersione nelle crisi del Golfo.
di Lorenzo Trombetta
Racchiudere il passare del tempo nello spazio convenzionale di un anno solareè una violenza contro l’incessante continuità dei processi storici. Così come è una violenza racchiudere lo spazio fisico degli eventi in una cornice geografica ritagliata in maniera arbitraria, accettata da tempo ma non per questo appropriata. Eppure i calendari e le loro ricorrenze sono un’occasione per fare bilanci, per quanto parziali. E bisogna mettere dei punti fermi territoriali, altrimenti si rischia di generalizzzare e considerare tutti gli eventi mondiali collegati tra loro.
In questo quadro di forzature e di compromessi, da gennaio a dicembre 2019 un viaggiatore immaginario è passato per alcuni luoghi chiave del cosiddetto Medio Oriente arabo.
Attraverso questa lunga marcia dall’Iraq al Golfo, dallo Yemen al Mediterraneo orientale, dalle montagne del Tauro alla valle dell’Eufrate, ha visto come diverse città siano state teatro – alcune lo sono ancora – di eventi epocali: massicce proteste popolari contro sistemi politici clientelari fossilizzati da anni e incontri di capi religiosi dai risvolti politici e culturali di lungo periodo.
In alcuni luoghi ci sono state offensive militari, ma anche effimere vittorie contro gli insorti e tensioni belliche culminate in spartizioni territoriali. In altri sono andati in scena fatti politici di rilievo, assieme a tentativi di dialogo tra acerrimi nemici e prove di disgelo tra paesi rivali.
Con la pacificazione manu militari di alcuni territori, il viaggiatore immaginario ha assistito al rafforzamento economico di potenze straniere in contrade per loro lontane. In altre città è stato invece testimone del ripristino di antichi canali commerciali e della riapertura di mercati millenari.
Questo viaggio immaginario parte da Baghdad, un tempo detta “Città della pace”. Qui inizia l’autostrada che conduce nella vicina Giordania, con cui dal 2 febbraio sono ripresi intensamente i commerci grazie alla riapertura del valico frontaliero, chiuso per tre anni (dal 2014 al 2017) a causa della guerra contro lo “Stato Islamico” (Isis). Sempre da febbraio, l’italiana Eni – che da anni ha interessi energetici nel sud dell’Iraq – ha intensificato i contatti con i vertici istituzionali di Baghdad. Qui si sono recati degli emissari francesi allo scopo di accordarsi con le autorità locali per processare in Iraq, e non in Francia, presunti jihadisti dell’Isis catturati nella valle dell’Eufrate tra il 2018 e il 2019.
Nella capitale irachena, dove ad aprile la super-fortificata “zona verde” aveva finalmente riaperto dopo 16 anni di chiusura, dai primi di ottobre sono scoppiate proteste popolari contro il carovita e la corruzione.
La manifestazione del 1° ottobre è ricordata come “il corteo dei mille”, dal numero di persone che sembra vi abbia partecipato. La protesta era scoppiata nei mesi precedenti a Bassora e in altre città del sud, ma l’adesione dei quartieri (per lo più sciiti) della capitale – il cuore del potere istituzionale dell’Iraq federale – ha conferito alla mobilitazione una dimensione nazionale e internazionale.
Carta di Laura Canali – 2018
BASSORA
BASSORA
La seconda tappa del viaggio è, appunto, Bassora. La “Venezia del Golfo”, secondo la descrizione orientalista di alcuni viaggiatori europei, è una delle città più povere di tutto il Medio Oriente. Eppure si trova in una delle regioni più ricche di petrolio della regione, dove opera la già citata Eni. A giugno proprio le sedi di alcune compagnie petrolifere occidentali sono state obiettivo di attacchi condotti da non meglio precisati miliziani. Episodi avvenuti nel contesto del graduale incremento degli attacchi contro gli interessi energetici arabi e occidentali in tutta l’area del Golfo, attribuiti all’Iran da Stati Uniti e Arabia Saudita.
ADEL ABDEL MADHI SI E’ DIMESSO ALLA FINE DI NOVEMBRE 2019
Nel mese di ottobre 2019 esplodono proteste nelle grandi città irachene contro la corruzione, i servizi pubblici scadenti e la disoccupazione, represse dal governo con oltre 300 morti e 8.000 feriti. In un discorso televisivo il 1º novembre il presidente Salih dichiara che Abdul Mahdi ha accettato di dimettersi non appena i partiti avranno scelto il suo successore. ( WIKIPEDIA )
Sotto pressione per le crescenti proteste popolari, il premier iracheno Adel Abdel Mahdi ha limitato per decreto il ruolo delle milizie sciite filoiraniane, dal 2014 organizzatesi come gruppi paramilitari ausiliari delle forze governative impegnate nella lotta all’Isis. Ma il decreto del premier era un cerotto su una ferita aperta e profonda. La rabbia popolare è riesplosa ferocemente a ottobre, collegandosi ai moti di protesta di Baghdad.
PORTO DI UMM QASR, NELLA PROVINCIA
Tra novembre e dicembre è stato chiuso più volte il porto di Umm Qasr, principale corridoio per l’import e l’export del paese arabo.
DOHA
DOHA
DOHA, CAPITALE DEL QATAR
Proseguendo verso sud, lungo la linea di costa che in epoca ottomana delimitava il vilayet di Bassora, si arriva a Doha, la capitale del Qatar. Da fine novembre ai primi di dicembre qui si è svolta la ventiquattresima edizione della Coppa delle nazioni del Golfo, che il Bahrain ha conquistato battendo in finale l’Arabia Saudita 1-0. Dopo due anni e mezzo di tensione col Qatar, il Regno e i suoi alleati regionali (Kuwait, Bahrain, Emirati Arabi Uniti) hanno deciso di inviare proprie delegazioni a Doha per assistere all’evento sportivo. È stato uno dei segnali che ha spinto gli analisti a ipotizzare un disgelo nei rapporti tra Riyad e l’emirato dopo l’imposizione di un blocco commerciale, politico e diplomatico contro quest’ultimo nel maggio del 2017.
ABU DHABI
Abu Dhabi, capitale dei vicini Emirati Arabi Uniti, è stata teatro a febbraio della storica di visita di papa Francesco, la prima di un pontefice nella penisola arabica. Il pontefice ha incontrato il grande imam della scuola sunnita di al Azhar del Cairo, Ahmad Tayyeb, e con lui ha redatto un documento storico. Nel documento – che il papa ha presentato anche ai buddisti thailandesi – l’esistenza di altre religioni viene descritta come una diversità frutto della “sapienza divina”. Il testo mette dunque fine all’esclusivismo confessionale e sfila il tappeto da sotto ai piedi ai sostenitori del presunto scontro di civiltà.
AHAMAD TAYYEB, CARDINALE E PATRIARCA CALDEO DI BAGHDAD
Sull’onda del documento di Abu Dhabi, il coraggioso cardinale e patriarca caldeo di Baghdad, Louis Sako, ai primi di dicembre ha affermato che anche le migliaia di giovani manifestanti iracheni, sciiti ma non solo, sono espressione della “teologia della liberazione”.
ARABIA SAUDITA
RIYADH
RIYADH
RIYADH
Dalle aperture ecumeniche di Abu Dhabi a quelle più geopolitiche di Riyad: ai primi di ottobre nella capitale saudita, dove a giugno sono giunti i rinforzi militari americani per contrastare l’atteggiamento “minaccioso” del vicino Iran, il principe ereditario Mohammed bin Salman (MbS) ha avviato in sordina un processo di apertura nei confronti della Repubblica Islamica. Quest’ultima è stata indicata come il mandante – e forse l’esecutore – degli attacchi del 14 settembre contro le raffinerie e i centri di distribuzione petroliferi di Aramco. Si ipotizza che proprio questi bombardamenti senza precedenti, che hanno svelato tutta la vulnerabilità saudita, abbiano contribuito a far scendere Riyad a più miti consigli, nei confronti sia dell’Iran sia del vicino Qatar.
Per l’Arabia Saudita il dossier iraniano è legato a quello yemenita, teatro nel quale sono coinvolti anche gli Emirati Arabi Uniti. Proprio con gli Emirati a novembre i sauditi hanno trovato un accordo per la spartizione dell’influenza nel sud del paese, attorno al porto strategico di Aden. Qui, ad agosto, si erano registrati intensi scontri tra le forze sudiste in parte appoggiate da Abu Dhabi e quelle lealiste filosaudite. Si tratta solo di una delle guerre in corso in Yemen. L’altro conflitto, quello tra gli insurrezionisti huthi filoiraniani e Riyad, è proseguito per tutto il 2019. L’anno era cominciato sull’onda degli accordi di pace raggiunti in Svezia a dicembre del 2018 anche grazie alla mediazione dell’Onu. Da allora però la città simbolo di Hudayda, porto conteso sul Mar Rosso, è rimasta chiusa agli aiuti umanitari internazionali.
AL HUDAYDA
CARTA DI LAURA CANALI DA LIMES, 25-10-2016
BEIRUT
Risalendo il Mar Rosso verso nord e superando il canale di Suez, il nostro viaggiatore immaginario entra nel Mediterraneo orientale. La prima città portuale che ha mostrato segni di cedimento in questi ultimi 12 mesi è Beirut, capitale del Libano. Le proteste popolari contro il sistema di potere confessionale e clientelare hanno coinvolto anche altre città del paese, in primisl’altro porto mediterraneo di Tripoli. La crisi libanese ha attraversato diverse fasi e continuerà a evolversi nel 2020.
TRIPOLI IN LIBANO
Carta di Laura Canali – 2018
PORTO DI TARTUS IN SIRIA E LA RUSSIA
DAMASCO/ ALEPPO
DAYR AZ ZAWR –FIN QUI ARRIVA L’INFLUENZA RUSSA
Meno pubblicizzato, ma non per questo meno rilevante per gli equilibri regionali, è il fatto che la Russia abbia intensificato gli investimenti nel porto siriano di Tartus,da anni base delle navi da guerra russe che operano nel Mediterraneo. Nella guerra siriana Mosca continua a svolgere un ruolo di primo piano non solo sulla costa e lungo l’asse Damasco-Aleppo, ma fino alla zona di Dayr az-Zawr. L’aviazione russa e quella governativa hanno inoltre martellato per tutto l’anno le città della regione di Idlib ( vedi cartina sotto ), fuori dal controllo di Damasco e sotto l’influenza diretta della Turchia. Gli Stati Uniti affermano però di aver realizzato nei dintorni di Idlib l’operazione che a fine ottobre ha portato alla morte del leader dell’Isis Abu Bakr al-Baghdadi: un punto a favore del presidente Donald Trump in vista delle elezioni del novembre 2020.
A dicembre 2019 le cronache raccontano di una nuova offensiva aerea e di terra condotta dalla Russiae dalle forze di Assad contro le roccaforti delle opposizioni armate nella regione di Idlib. Tra questi gruppi ci sono anche milizie qaidiste. Un assist alla retorica della “lotta al terrorismo” adottata dal Cremlino e dal regime siriano, interessati prima di tutto a raggiungere nelle prossime settimane le strategiche autostrade Latakia-Aleppo (via Jisr Shughur) e Damasco-Aleppo (via Maarrat Numan-Saraqeb).
Carta di Laura Canali – 2018
Aleppo prima della guerra
dopo la guerra
un mercato ad Aleppo
Aleppo
Aleppo, città martoriata e semidistrutta dalla guerra, prova nel frattempo a rialzare la testa per riprendersi il posto che occupa da secoli nello scacchiere commerciale regionale tra Mar Nero e Mediterraneo, tra Asia Centrale e Anatolia. In autunno è stato riaperto un settore del suo antico mercato coperto, restaurato e messo in bella mostra a simbolizzare una città che risorge. Certamente però le photo opportunity non bastano a sancire la rinascita di un luogo chiave come il mercato, che ha bisogno di commercianti e clienti.
LA SIRIA NORD-ORIENTALE ( CARTINA DA IL POST, 12 GENNAIO 2018 )
Proseguendo il viaggio verso est, non può sfuggire all’occhio del nostro viaggiatore che da ottobre la Russia dispone di una nuova profondità geografica: la Siria nord-orientale. Grazie all’offensiva lanciata dalla Turchia contro le forze curdo-siriane, che ha portato alla creazione di una zona di sicurezza controllata da Ankara e delimitata dal confine turco-siriano a nord, un tratto dell’autostrada Aleppo-Qamishli a sud e le due cittadine di Tall Abyad e Ras al-Ayn a ovest e a est. Gli Stati Uniti, secondo l’annuncio “a sorpresa” di Trump del dicembre 2018, avrebbero dovuto ritirarsi dalla Siria; invece hanno solo ridispiegato le loro truppe, spostando il baricentro da ovest (Eufrate) a est (Qamishli) e lasciando alla Russia e alle truppe governative siriane un invitante vuoto da riempire.
Le forze di Mosca e Damasco sono così rientrate in possesso di alcuni territori chiave dell’area: in particolare della zona di Raqqa. L’ex capitale dell’Isis in Siria, dove nel 2013 era scomparso il prete italiano Paolo Dall’Oglio, di cui si sono perse le tracce, è oggi una città tutta da ricostruire; non è chiaro chi la governa e soprattutto chi la governerà. Le forze curde sono ancora l’autorità politica e amministrativa cittadina, ma Raqqa – principale centro urbano lungo la valle dell’Eufrate – sarà nei prossimi mesi al centro di un’aspra lotta.
FOTO SOPRA: DAYR AZ- ZAWR
LORENZO ORSETTI, MILITANTE DELLO YPG UCCISO A BAGHUZ
FOTO DI BAGHUZ DA IL POST–5 MARZO 2019
BAGHUZ
Riscendendo il fiume verso sud-est si arriva all’altra città simbolo della regione: Dayr az-Zawr. Tra dicembre dell’anno scorso e la fine di marzo nelle sue campagne orientali, verso il confine iracheno, si è combattuta l’ultima battaglia contro lo Stato Islamico. Baghuz, cittadina dimenticata tra la Siria e l’Iraq, è diventata così l’ultimo palcoscenico dove i fedelissimi di al-Baghdadi hanno resistito per settimane alle forze curdo-siriane e alla coalizione internazionale a guida americana.
Ma l’Isis è tutt’altro che sconfitto, nonostante l’annuncio della morte del suo “califfo”. Nella zona di Dayr az-Zawr sono aumentati gli attacchi rivendicati dagli insorti jihadisti contro esponenti del potere curdo e contro chiunque si mostri connivente con gli “occupanti”: gli americani a est dell’Eufrate, i russi e gli iraniani a ovest del fiume.
Se resterà nella regione, il nostro viaggiatore immaginario vivrà un 2020 molto interessante.
Carta di Laura Canali – 2018