AVVENIRE, Angela Calvini giovedì 13 giugno 2019
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Siracusa. Alla scoperta del tesori sotterranei di san Filippo Apostolo
Il 17 giugno verranno presentati al pubblico gli studi dell’archeologo israeliano Yonatan Adler sul bagno rituale ebraico posto a 18 metri sotto la chiesa negli antichi ipogei greci visitabili.
Il mikveh di San Filippo Apostolo a Siracusa, bagno rituale ebraico
C’è un tesoro nascosto sotto la chiesa settecentesca di san Filippo Apostolo, sull’isola di Ortigia a Siracusa. Si tratta di tre livelli sotterranei scavati dai greci antichi: al primo livello si trova la cripta della chiesa con affreschi settecenteschi; al secondo la rete ipogea, affascinante dedalo sotterraneo che collega tutti i luoghi sacri e istituzionali dell’antica di Ortigia e che funse anche da rifugio durante la seconda Guerra Mondiale; e al terzo un pozzo greco intorno al quale, nel tardo quindicesimo secolo, è stata costruita una scala elicoidale che conduce fino alla sorgente di acqua dolce posta a 18 metri di profondità, usata come mikveh, bagno rituale ebraico. Questa area di Ortigia detta Giudecca, infatti, ospitava fino al 1492 il quartiere ebraico.
La chiesa di san Filippo, sede dell’omonima Arciconfraternita, chiuse nel 1968 per problemi statici e strutturali e ha riaperto, grazie a un finanziamento del Genio Civile di Siracusa, nel 2010 al termine di un complesso e articolato lavoro di risanamento strutturale. Dal novembre 2014 la chiesa è aperta quotidianamente al culto. Il sito ipogeo dal 2016 è iniziata la gestione parrocchiale delle visite grazie al giovane don Flavio Cappuccio, parroco di san Giovanni Battista all’Immacolata. Queste sono aperte dal lunedì al sabato, dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 17 tutti i giorni al pubblico grazie ai volontari coordinati da Marco Aprile che guidano i turisti in un affascinante viaggio sotterraneo, ricco di storia, cultura e fede. Il sito ha attratto anche l’attenzione degli archeologi israeliani che sono venuti ad Ortigia per studiare il luogo. Ed ora presentano i loro risultati in un incontro aperto al pubblico. Appuntamento il 17 giugno alle ore 18,30 presso il salone “Borsellino” di Palazzo Vermexio a Siracusa, dove il professor Yonatan Adler della Ariel University di Gerusalemme con la dottoressa Nadia Zeldes presenteranno il loro studio scientifico e storico sul Bagno rituale della chiesa di san Filippo Apostolo e sulla sua iscrizione ebraica, studiata anche da monsignor Sebastiano Amenta, vicario generale dell’Arcidiocesi di Siracusa. La conferenza sarà aperta a tutti e terminerà alle ore 20,00 e al termine si potrà liberamente visitare lo stesso bagno rituale posto sotto la chiesa di San Filippo.
l’iscrizione ebraica
Le miqweh di Siracusa
DI ADMIN · PUBBLICATO 19 GIUGNO 2019
«L’iscrizione ritrovata e il tipo di struttura ci portano alla conclusione che il luogo che si trova sotto la chiesa di San Filippo apostolo è un miqweh». Sono le parole di Yonatan Adler, docente di archeologia della Ariel University di Gerusalemme che insieme alla dottoressa Nadia Zeldes della Ben Gurion university del Negev hanno effettuato una serie di studi scientifici sui miqwot ed in particolare su quelli di Siracusa. La chiesa di San Filippo si trova nel rione della Giudecca, il quartiere ebraico del centro storico di Ortigia.
Yonatan Adler
«Lo storico siciliano Giuseppe Capodieci identifica 3 miqweh a Siracusa: uno è quello di Casabianca, ma poi ce ne sono altri due. Su quello di San Filippo ho concentrato la mia attenzione: mi ha colpito l’iscrizione di appena sei lettere ritrovata sulla parete vicino la scala e poi la struttura somiglia a quella dei miqwot di tutta Europa. L’iscrizione rappresenta una prova».
L’ipotesi scientifica è stata presentata nel corso di una conferenza promossa dall’Istituto superiore di Scienze Religiose San Metodio e patrocinata dal Comune di Siracusa. La storica Zeldes ha ricordato che gli ebrei «furono cacciati dalla Spagna nel 1391 e buona parte di essi emigrarono in Sicilia e tra le città dove vi fu una colonia c’era certamente Siracusa. Nel 1492 gli ebrei furono costretti a lasciare l’isola, per cui è presumibilmente che in questo arco temporale possa essere stato edificato il miqweh che però forse non fu portato a termine».
(Sicilia)