ARTRIBUNE, 11 DICEMBRE 2019– ALDO PREMOLI, FOTO DI MARCO CAPPELLETTI, VISTA DELL’INSTALLAZIONE — A PALAZZO REALE DI MILANO, SALA DELLE CARIATIDI — DI JUNKO KIRIMOTO PER LA MOSTRA DI EMILIO VEDOVA ++ TESTO DI ARTE.IT — link sotto ++ le foto prima del titolo sono di Repubblica, link sotto

 

 

Emilio Vedova a Palazzo Reale, sketch ® Junko Kirimoto

 

 

le foto da qui al titolo sotto sono di Repubblica del 6 dicembre 2019– dal link::

https://milano.repubblica.it/cronaca/2019/12/06/foto/emilio_vedova_pittura_mostra_palazzo_reale-242725978/1/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Emilio Vedova. Installation view at Palazzo Reale, Milano 2019. Photo Marco Cappelletti

 

 

Emilio Vedova a Palazzo Reale, sketch ® Junko Kirimoto

 

Giovedì 5 dicembre dalle 18.30 per almeno tre ore – nonostante il freddo intenso – una lunga fila, lenta, ordinata e paziente si è formata nel cortile di Palazzo Reale a Milano per accedere alla Sala del Piccolo Lucernario e subito dopo nello spazio maestoso della Sala delle Cariatidi. Nel capoluogo lombardo uno spettacolo tutto sommato abituale. Meno abituale il tipo di impianto espositivo dedicato alla mostra per il centenario della nascita di Emilio Vedova (Venezia, 1919-2006). Che quanto ad allestimenti si può reputare davvero un artista fortunato. Per niente scontato è infatti anche quello escogitato da Renzo Piano ai Magazzini del Sale per la Fondazione Vedova, affidato alle cure di Germano Celant. Per questo spazio l’archistar genovese progettò un meccanismo a rotazione capace di alternarne un grande numero di opere che si rivelano agli occhi dello spettatore in uno spazio tutto sommato ristretto.

 

LA MOSTRA

A Palazzo Reale le opere invece sono solo 48, ma tutte di grandi dimensioni. Lo scorso giovedì Germano Celant, con una glamourosissima chioma di lunghi capelli bianchi, le presidiava, disposto appena oltre la porta della Sala del Piermarini, certamente per dare un segnale forte: non si può difatti dimenticare il ruolo che negli Anni Settanta e Ottanta proprio Celant ha avuto come promotore di movimenti, pittori e fotografi che senza le sue capacità transnazionali avrebbero avuto sicuramente minori fortune.

Collocato all’estremo opposto della sala, ad accogliere amabilmente gli ospiti, il presidente della Fondazione Vedova, l’avvocato Alfredo Bianchini:

Per la Fondazione il significato di questa esposizione è fare il punto sul valore di un artista del Novecento, che a cento anni dalla nascita continua a sprigionare la sua energia anche negli Anni Venti del nuovo secolo”.

Una mostra in qualche modo definitiva dunque? Non per Bianchini:

Vedova non si è mai fermato, era angosciato per quel che succedeva intorno a lui e cercava di capirlo attraverso l’arte: Vedova oggi va considerato come un sole d’inverno: senza troppo clamore, un punto di ripartenza. Questa mostra è solo la prima del genere. Nel 2020 già abbiamo programmato di portarla in un’altra location, questa volta negli USA”.

Bianchini non lo dice apertamente, ma, vista la contiguità a Venezia con un’altra fondazione americana, è possibile azzardare che si tratterà del Guggenheim di New York.

 

 

Emilio Vedova a Palazzo Reale, sketch ® Junko Kirimoto

 

 

 

Emilio Vedova a Palazzo Reale, sketch ® Junko Kirimoto

 

L’ALLESTIMENTO

Tornando a Celant, nel suo testo introduttivo si legge: “La mostra scaturisce dalla possibilità di usare come luogo espositivo la spettacolare Sala della Cariatidi… Oggi, vista la difficoltà nell’utilizzo delle pareti, la Sala ospita allestimenti temporanei che salvaguardano gli apparati decorativi. Ogni esposizione, pertanto, offre una lettura dello spazio in ragione al soggetto prescelto: nel caso dell’artista Vedova… si è optato per un intervento elementare e minimale…”.Elementare, forse, ma definire minimale una parete di 34 metri, alta 5 e spessa 1 che attraversa diagonalmente questa spazio è davvero riduttivo. Un taglio non banale quello disegnato dallo studio Alvisi Kirimoto: un muro grigio con pannelli di OSB circondato da un’impalcatura di sottili tubi metallici neri che si in alzano sino quasi a raggiungere gli stucchi degli alti soffitti, consentendo l’adeguata illuminazione delle opere.Sulla destra Celant ha scelto di esporre i celebri Plurimi, le sculture dipinte snodabili che a suo parere anticipano “l’ondata sensoriale e ribelle del 1968”. Dall’altra parte del muro sono invece stati disposti i Dischi e i Tondi dipinti su due lati sviluppati negli Anni Ottanta come personale retour à l’ordre di Vedova: sono installati a pavimento, arrampicati sul muro o appoggiati gli uni agli altri, persino trafitti da bricole. Figure geometriche perfette che pure Vedova più volte ha definito come “misteriose” e “minacciose”, capaci dunque di rotolare e travolgere.

‒ Aldo Premoli

 

Emilio Vedova a Palazzo Reale, sketch ® Junko Kirimoto

 

 

Emilio Vedova a Palazzo Reale, sketch ® Junko Kirimoto

 

 

DA QUI AL FONDO, TESTO SCRITTO DA ARTE.IT — LINK SOTTO

http://www.arte.it/calendario-arte/milano/mostra-emilio-vedova-64353

 

A partire dagli anni ʼ50 il suo linguaggio rompe con la rigidità formale dell’astrazione arrivando a realizzare tele dal segno pittorico aperto e libero, drammatico e graffiante, connesso alla sua gestualità. Questo fare informe, intriso di materialismo, che rifiuta di lasciarsi assimilare a qualsiasi narrazione e figurazione che non sia quella dell’inconscio e della forza emotiva dell’artista, nel 1962 lo porta a spezzare anche la superficie del quadro con la serie dei Plurimi, articolazioni lignee coperte di stratificazioni cromatiche, realizzate a Berlino, che sembrano esemplificare il suo desiderio di sacrificio dell’arte a favore di un mutamento del contesto ambientale e sociale. Un discorso radicale che libera la sua pittura dall’omogeneità e che, in quel periodo, segnato dal mondo lineare, impersonale e riduttivo dell’arte minimale e concettuale, intende offrire un contributo estraneo ed estremamente soggettivo, basato su tensioni e strappi personali.

Gli anni ʼ70 conoscono da un lato l’irrigidimento delle strutture dei Plurimi, costretti ora a scorrere su rigidi binari, il ciclo Lacerazione ʼ77/ʼ78Plurimi/Binari (1977-1978) appunto, quasi la ribellione estetica fosse incanalata e portata a ripiegarsi su se stessa e dall’altro la pulsione irrazionale dei …Cosiddetti Carnevali.. ʼ77/ʼ83 (1977-1983) che si connettono all’aspetto dionisiaco e antirituale dell’arte.

Dopo le collaborazioni con Luigi Nono per Intolleranza 1960 e per PrometeoTragedia dell’ascolto (1984) che gli aprono un territorio di scatenamento delle immagini in tutto lo spazio architettonico, è negli anni ’80 che si apre l’altra fondamentale stagione dell’arte di Vedova. Dopo una serie di grandi dipinti dal materismo cromatico assoluto, egli passa infatti alla costruzione dei Dischi, grandi dipinti in tondo che possono essere esposti come entità autonome su pavimento o a parete, quasi fossero attori capaci di danzare nello spazio o arrampicarsi sui muri, evidenziando la loro mobilità e intrusione architettonica.

 

L’itinerario biografico e professionale del grande pittore, nato a Venezia nel 1919 dove è scomparso nel 2006, sarà ricostruito nella Sala del Piccolo Lucernario che precede l’ingresso a quella delle Cariatidi.

Qui una cronologia, composta da dati biografici, immagini e dichiarazioni poetiche, sarà accompagnata da una selezione di opere che copre il lungo arco della sua produzione artistica.

In occasione della mostra di Palazzo Reale, la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova pubblicherà con Marsilio Editori una monografia, curata da Germano Celant, dedicata alla ricostruzione della vicenda artistica e biografica del pittore veneziano. Il libro mira a configurare un percorso completo delle diverse connotazioni linguistiche sperimentate dall’artista. La narrazione è arricchita da un ampio apparato iconografico: le opere, le fotografie personali e i testi di Vedova, corredati dai riferimenti al contesto storico e artistico.

L’esposizione è sostenuta da Generali Valore Cultura, il programma di Generali Italia per rendere l’arte e la cultura accessibili a un pubblico sempre più ampio.

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