REPUBBLICA – 9 DICEMBRE 2019
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Rubrica L’amaca
La grande illusione
09 DICEMBRE 2019
DI MICHELE SERRA
Mi sento profondamente partecipe dell’orgoglio milanese così ben descritto da Natalia Aspesi dopo la prima della Scala. Orgoglio culturale, civico, politico. Eventuali sghignazzi contro “il teatro dei ricchi” possono ben essere zittiti dalla diretta della Tosca anche in ospedali, carceri, dormitori. Merito delle impronte, per fortuna tenaci, della stagione ormai lontana (tra i Settanta e gli Ottanta) nei quali si pensava che quella potenza, quell’arte, quella cultura fossero incomplete, imperfette, se non si fosse riusciti ad allargarne il bacino e a portarli “fuori”, nel largo mondo delle periferie e delle fabbriche. Decentramento era la parola magica.Fu la Grande Illusione, l’incontro tra Abbado e Cipputi e soprattutto l’idea (generosissima, quasi folle) che in ogni artista ci fosse un Abbado e in ogni operaio un Cipputi. Poi, quasi di colpo, venne a mancare tutto: i soldi, l’energia umana, la volontà politica. Il cosiddetto Riflusso ingoiò tutto, o quasi, e lo ridusse a misura di tivù commerciale. Non tutto, della nostra presente crisi, discende dal fallimento di quella breve, magnifica speranza: che l’arte e la cultura fossero per chiunque. Non tutto. Ma molto, sì.Pochi giorni fa ho incontrato in treno un giovane artista milanese, divo dei social, ragazzo intelligente. Persona di cui penso bene. Tutt’altro che fatuo o stupido. Chiacchierando, è venuto fuori il nome del Piccolo Teatro, e lui mi ha chiesto: dov’è? Mi ha fatto lo stesso effetto di un parigino che chiede dov’è il Louvre. Ho pensato che è la misura di un fallimento: forse il suo, sicuramente il mio.
L’amaca
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Forse il teatro ha cambiato luogo: penso alle numerosissime compagnie, professionali e amatoriali, che esistono in tantissime città e paesi. Esistono e resistono giustamente i grandi templi del teatro come a Milano la Scala e il Piccolo, templi di una religione che inizia con l’umanità che riflette su se stessa. Ma esiste anche una realtà fatta di piccole compagnie ( ne sono piene le nostre città e i nostri paesi) che si fa interprete coraggiosamente di questa religione laica. Alcuni ordini religiosi, impegnati nell’educazione dei giovani, avevano e hanno sempre nelle loro scuole un teatro.Mi piacerebbe che anche tutte le scuole statali avessero questo spazio e che copiassero quello che c’è di buono in ogni forma educativa.