ALEX SARAGOSA, REPUBBLICA.IT / VENERDI’ / 16 SETTEMBRE 2019 :: Anche le piante fanno amicizia– INTERVISTA AD UMBERTO CASTIELLO, PSICOBIOLOGO, AUTORE DE ” LA MENTE DELLE PIANTE “, IL MULINO

 

REPUBBLICA.IT / VENERDI’ / 16 SETTEMBRE 2019

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il venerdì Scienza

Anche le piante fanno amicizia

Possono vedere, sentire, ricordare. E socializzano coi vicini per scambiarsi favori. Parla lo psicobiologo italiano che studiando la mente verde sfida i pregiudizi dei colleghi

 

 

Il ficus ci spia? L’insalata comunica con il sedano?  I gerani combattono le rose? Dopo aver letto La mente delle piante,  di Umberto Castiello (Il Mulino, pp. 184 , euro 14), molti cominceranno a guardare i nostri verdi compagni di Pianeta con altri occhi. Sì, perché questo saggio – scritto non da un qualche guru new age, che parla con le margherite e fa sentire Mozart al rosmarino, ma da un 60enne professore di Psicobiologia fisiologica dell’Università di Padova, con oltre duecento pubblicazioni scientifiche al suo attivo – illustra come la ricerca scientifica stia spazzando via tanti pregiudizi sui vegetali: non sono affatto immobili, ciechi, sordi, muti e indifferenti a tutto, come si credeva.

Professore, com’è che un ricercatore specializzato nello studio del movimento di animali e umani, si mette a scrivere un saggio sugli esseri immobili per definizione?
“In realtà tutte le piante si muovono, lentamente, crescendo. Molte poi hanno foglie e fiori che seguono la luce solare durante il giorno e ci sono anche specie, come le mimose pudiche o le carnivore dionee, il cui movimento è veloce come quello animale.

Il mio interesse per loro nasce però da un altro movimento, quello del viticcio che cerca un supporto. Osservando quelli di una vigna, mi sono accorto di una cosa stranissima: a seconda della grandezza del sostegno verso cui si dirigevano, assumevano posizioni diverse, prima ancora di toccarlo. Ciò mi ha ricordato le ricerche condotte sulle diverse forme che, inconsciamente, assume la mano quando dobbiamo afferrare un oggetto per scopi differenti, per esempio quando passiamo una penna a un altro o l’usiamo per scrivere: i viticci sembrano fare una cosa simile”.

Altri si sarebbero limitati ad alzare le spalle, lei invece è corso in laboratorio.
“Prima ho verificato se fossi l’unico ad aver notato questo fenomeno, e ho scoperto di essere stato preceduto addirittura da Charles Darwin. Poi, con l’aiuto di fisiologi vegetali, ho allestito camere di crescita per coltivare piselli, i cui viticci terminano con delle “manine”, e ho filmato i loro movimenti verso i sostegni, analizzandoli come facciamo per la mano umana. I risultati, che pubblicheremo presto, mostrano che i piselli predispongono la loro “manina” in modo diverso, a seconda del diametro del palo”.

Sta dicendo che i piselli “vedono”?
“Non è certo l’unico caso. Nel libro riporto diversi esempi di piante che sembrano percepire le forme di ciò che hanno intorno, compreso quello, documentato nel 2014, del rampicante sudamericano Boquilla trifoliata, le cui foglie cambiano forma, dimensioni e venature, imitando quelle della pianta su cui si è arrampicato”.

Però, usare per i vegetali termini come “vedere”, cosa che richiede occhi e sistema nervoso, provoca incredulità e fastidio in molti suoi colleghi.
“Purtroppo, in mancanza di un vocabolario adatto al mondo cognitivo delle piante, non possiamo che utilizzare quello per gli animali, e questo, mi rendo conto, porta a imprecisioni, fraintendimenti e rifiuti a priori. Però non cancella la realtà di queste osservazioni, e noi scienziati non possiamo rifiutarle solo perché non rientrano in quello che ci si aspetta da un vegetale. E poi non è detto che si tratti di una “vista” basata sulla luce, le piante per esempio, potrebbero emettere suoni o gas, che rimbalzano sull’oggetto dandogli una idea della sua forma e dimensioni. Del resto i piselli non reagiscono a foto o ologrammi dei supporti, il che fa pensare che il riconoscimento non sia “visivo””.

Nel libro, però, lei afferma che le piante non solo vedono, ma annusano e odono….
“Sono sicuramente in grado di percepire ‘odori’, cioè sostanze volatili in aria: la cuscuta, un rampicante parassita, per esempio, percepisce la presenza di possibili ospiti, piegandosi verso di loro, anche se chiusa in una scatola: basta che possa ‘annusare l’aria intorno alla vittima. Recentemente si è anche scoperto come questo avvenga: sulle foglie ci sono recettori che reagiscono a certe molecole in aria, cambiando l’espressione dei geni. Ma le piante hanno anche una sorta di ‘gusto’, comunicano cioè tra loro anche tramite le secrezioni dalle radici: piante di pisello non annaffiate, avvertono del loro stato di siccità quelle adiacenti, che reagiscono chiudendo gli stomi sulle foglie. Non è altruismo: in questo modo la pianta che ha dato l’allarme evita che le altre approfittino della sua debolezza. Quanto all”udire’, un esperimento del 2014 ha dimostrato che esporre rose a musica indiana ne velocizza la crescita, mentre il rock ha l’effetto contrario. Può sembrare una bizzarria, ma il fatto che le piante reagiscano a certe vibrazioni nell’aria e nel terreno, legate a fenomeni atmosferici o alla presenza di animali, e a cui casualmente la nostra musica può somigliare, può aiutarle a sopravvivere”.

Lei va anche oltre i sensi, affermando che le piante hanno socialità, memoria e capacità di apprendimento.
“Non lo affermo io, ma decine di ricerche in merito, pubblicate su riviste serie. Che le piante abbiano una memoria a lungo termine è scontato, altrimenti non si spiegherebbe, per esempio, come possano “ricordare” gli odori di cui si diceva prima. Ma hanno anche forme di memoria a breve termine: per esempio le dionee, che si chiudono di scatto sugli insetti che camminano su di esse, reagiscono solo al quinto contatto in un arco di pochi attimi, così da non reagire a oggetti inanimati. Se i contatti sono di meno, dopo pochi secondi “resettano” la memoria. Quanto all’apprendimento, piante di pisello sono state abituate a ricevere luce dalla direzione di una corrente d’aria. Dopo alcuni giorni, esposti alla corrente, ma non alla luce, si sono comunque piegate in quella direzione. È un apprendimento tipo ‘cane di Pavlov’, finora notato solo negli animali. La socialità delle piante riguarda invece soprattutto la loro cooperazione con parenti. Si è notato, per esempio, che i germogli nati da semi caduti all’ombra della pianta madre, e che quindi rischiano di non crescere, vengono aiutati dai nutrienti forniti dalle radici della madre stessa. Forse per le piante il mix di sostanze emesse dalle radici, è un po’ come ‘l’odore di famiglià fra gli animali”.

Pochi giorni fa il botanico francese Lincoln Taiz, ha stroncato la “neurobiologia vegetale”, dicendo che fare paralleli fra animali dotati di cervello e piante che ne sono prive non ha senso. È proprio sicuro che queste ricerche siano affidabili?  
“Ciò che ho riportato non è contestato. Non ho invece citato le ricerche più controverse, come quelle che cercano di dimostrare che il sistema radicale funzioni come quello nervoso. Cosa che mi pare in effetti piuttosto campata in aria, perché non c’è bisogno di estrapolare alle piante i meccanismi che funzionano per gli animali, che sono organismi strutturati in modo completamente diverso, e che, non vivendo ‘di luce’, devono muoversi in fretta per nutrirsi, proteggersi e riprodursi. Le piante hanno tutt’altre esigenze e strategie, quindi elaborano informazioni, comunicano fra loro e interagiscono con l’ambiente usando meccanismi cognitivi originali, diversi da quelli animali. Lo studio di questi apre perciò un nuovo e affascinante campo di ricerca, che potrebbe anche avere importanti ricadute pratiche: per esempio decifrare il linguaggio con cui le piante comunicano con i funghi che vivono intorno alle loro radici e gli forniscono sali minerali, sarebbe utilissimo per l’agricoltura sostenibile”.

 

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  1. Donatella scrive:

    Cercherò di comunicare meglio con le piante del mio balcone e sgriderò il basilico, che quest’anno non è venuto bene. Sono profondamente convinta di quanto dice lo scienziato, in base alle ricerche fatte. San Francesco parlava agli animali, ma se vivesse adesso parlerebbe anche con le piante.

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