Emanuele Macaluso (Caltanissetta, 21 marzo 1924) è un politico, sindacalista e giornalista italiano. Già iscritto al Partito Comunista d’Italia prima della caduta del Regime fascista, fu dirigente sindacale della CGIL. Iniziò la sua carriera politica nel 1951 come deputato regionale siciliano del Partito Comunista Italiano. Parlamentare nazionale per sette legislature (1963-1992), fu anche direttore de l’Unità dal 1982 al 1986 e ultimo direttore de Il Riformista dal 2011 al 2012. Quando il PCI si sciolse, aderì al PDS.
REPUBBLICA DEL 12 OTTOBRE 2019–pag. 29
Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura
“Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura” è uno dei sei volumi nei quali, dopo la morte di Gramsci, è stata sistemata la grande mole di materiale che compone i “Quaderni dal carcere”. Il filosofo dapprima si sofferma sul processo di formazione degli intellettuali all’interno della società civile e politica. Ogni classe e ogni partito tende a elaborare la propria categoria di intellettuali, investita del compito di rappresentarli e conquistare per loro un primato sul resto della collettività. Gramsci chiarisce la funzione cosmopolita degli intellettuali italiani e il loro ruolo all’estero. Infine, si concentra sull’organizzazione della cultura e su alcune tematiche (problemi scolastici, giornalismo) a essa collegate.
Le lettere di Corrado Augias
La lezione di Gramsci sul nostro Parlamento
di Corrado Augias
Gentile Augias, Emanuele Macaluso parlando nel programma Agorà (Rai3) ha avuto parole che mi hanno commosso e indignato. La fragilità dell’uomo, l’evidente precarietà del suo corpo (classe ’24) contrastavano con la prorompente forza e lucidità dei suoi argomenti, facendone come un gigante tra nani. «Chiedete di più agli intellettuali di partecipare alla vita politica!» ha detto. «Un Parlamento che tiene fuori da sé intellettualità e cultura non ha prospettive». Il messaggio andava dritto a un consesso che aveva esultato scompostamente in piazza per il taglio di 345 “poltrone”, equiparando il valore del sedere a quello del seduto. Spero che il messaggio porti a una riflessione di tutti, tanto più che il proclamato taglio apporta un risparmio effettivo trascurabile se devo stare ai conti della Ragioneria dello Stato eseguiti nel 2016. A quando un po’ di rispetto per il popolo?
Enrico Tuzii — enrico.tuzii@gmail.com
Trascuro il taglio delle poltrone, questione complessa che resterà una trovata demagogica se non completata da adeguate riforme. Brutta la trovata di definirle poltrone; se di questo si trattava, allora bisogna dire che sono poltrone anche le 600 rimaste. Sarebbe stato preferibile un linguaggio sobrio: abbiamo ritenuto che il numero dei parlamentari fosse eccessivo eccetera. Ho letto con piacere le veementi parole di Macaluso; una concezione dell’agire politico che corrisponde a quello dei grandi partiti quando la formazione di un militante passava attraverso una scuola e procedeva lentamente avanzando dai ruoli più umili a quelli di grado superiore, accompagnata da dibattiti dove una certa componente di noia (che ognuno di noi ha conosciuto) era però compensata dall’acquisizione di nozioni, storia, metodo. Tutto questo è andato perduto, Macaluso lo constata con dolore e ha ragione. Anche se la funzione del singolo peone in aula è assai modesta, un parlamento d’ignoranti può rivelarsi una jattura come abbiamo visto anche di recente. Macaluso ha alle spalle la lunga, articolata riflessione di Antonio Gramsci che sul rapporto tra intellettuali e vita nazionale ha scritto pagine importanti, ancora attuali. Per esempio: «L’elemento popolare “sente”, ma non sempre comprende o sa; l’elemento intellettuale sa, ma non sempre “sente”».
Quale il possibile errore dell’intellettuale?
«Credere che si possa sapere senza comprendere e specialmente senza sentire ed essere appassionato (non solo del sapere in sé, ma per l’oggetto del sapere) cioè che l’intellettuale possa essere tale (e non un puro pedante) se distinto e staccato dal popolo-nazione, cioè senza sentire le passioni elementari del popolo». Sembrano scritte questa mattina. L’Italia era un paese povero, largamente analfabeta. L’Italia di oggi è meno povera ma ancora sottosviluppata culturalmente, come tutti i dati confermano.
La preoccupazione di Gramsci era che gli intellettuali perdessero di vista i bisogni, compresi quelli istintivi, ingenui, delle classi popolari. Invece di farsene interpreti, trasformandoli in politica poiché, aggiungeva: «Non si fa politica-storia senza questa passione, cioè senza questa connessione sentimentale tra intellettuali e popolo-nazione». Belle parole. Perdute.
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E’ ignobile la parola “poltrona” che viene usata per indicare i seggi parlamentari. Si contribuisce, per demagogia, ad alimentare una concezione della politica come qualcosa di sporco, possibilmente da eliminare, magari in cambio di una sola poltrona, quella dell’uomo forte.