ABBIAMO PARLATO DI IRAQ POCHI GIORNI FA::
REPUBBLICA DEL 6 OTTOBRE 2019 -pag. 22
Iraq
La polizia spara sui manifestanti. Più di 100 morti e 4 mila feriti
In piazza per protestare contro la corruzione e la disoccupazione. Chieste le dimissioni del premier. Anche l’ayatollah Sistani appoggia la rivolta
di Vincenzo Nigro
In Iraq sale di continuo il numero dei manifestanti uccisi dalla polizia. Ma soprattutto continuano le proteste di piazza — violente — che da martedì infiammano il Paese. Le informazioni fornite da fonti non ufficiali parlano di oltre 100 morti e 4 mila feriti. Il governo iracheno, assieme a polizia ed esercito, non conferma questi numeri per non far vedere le reali dimensioni della protesta. Ma intanto tutte le testimonianze parlano del modo cruento con cui i poliziotti provano a fermare i cortei: i cecchini sparano mirando alla testa, al corpo dei manifestanti per fermarli, per evitare che entrino nel centro delle città o diano l’assalto ai commissariati.
L’Iraq è in rivolta perché a due anni dalla sconfitta dell’Isis, a 16 anni dalla disastrosa invasione americana del 2003, il Paese è in condizioni politiche ed economiche tragiche. La povertà e la corruzione dilagante sono il motivo vero della protesta. Su questo nelle ultime ore si stanno inserendo i giochi dei capi politici e delle varie fazioni settarie (innanzitutto sciiti e sunniti) in cui è frammentato il Paese.
Uno dei leader più importanti, lo sciita Moqtada Sadr, nelle ultime ore ha capito che gli conveniva abbandonare qualsiasi residuo sostegno al premier Adel Abdul Mahdi, anche lui sciita. Per cui prima ha congelato il lavoro dei suoi deputati in Parlamento e poi ha chiesto le dimissioni del governo e le elezioni anticipate. Questo dopo che dall’ayatollah Ali Sistani, la massima autorità sciita del Paese, era venuto un appoggio alle ragioni dei manifestanti, con l’invito al governo a scegliere la strada delle riforme politiche ed economiche invece di quella della repressione violenta. «Agite con la politica prima che sia troppo tardi», ha fatto dire Sistani da un suo assistente al sermone del venerdì nella città santa sciita di Karbala.
Il primo ministro sciita Adel Abdul Mahdi, originario di Nassirya, ha detto in tv: «Non ho la bacchetta magica». Il suo governo adesso propone in emergenza misure populiste come il taglio del 5% degli stipendi di parlamentari e alti funzionari dello Stato. Ma le condizioni economiche della grande massa degli iracheni sono il vero carburante della protesta: nonostante l’Iraq sia potenzialmente un Paese molto ricco (le quarte riserve di petrolio al mondo), la ricchezza viene dissipata o dirottata verso alcuni dei suoi capi politici e delle varie burocrazie.
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E’ terribile la situazione di questi Stati, peggiorata terribilmente dopo che sono intervenuti gli USA ( e anche prima non stavano molto bene ).