DONATELLA
UN BEL RACCONTO DI DONATELLA D’IMPORZANO
Al mattino faccio molta fatica ad alzarmi. Mi piacerebbe non dovere andare al lavoro, stare un po’ sotto le coperte con gli occhi aperti, in uno stato di semi-incoscienza, a farmi passare nella mente tante immagini e soffermarmi su quelle più piacevoli. Mi alzerei con calma, accenderei la tele per veder se il mondo è ancora lì, aprirei il frigo per aggiornarmi sullo stato delle provviste familiari, girerei un po’ per casa, guarderei dalla finestra se è arrivata la primavera, ecc. ecc. Invece anche oggi mi sono dovuta vestire in fretta, prendere un caffè tiepido che mi ha rovinato lo stomaco, mettere in borsa l’abbonamento dell’autobus e i compiti corretti, cercare le chiavi di casa che fanno a nascondino con me, riempire di croccantini le ciotole dei gatti, chiudere la porta e schiacciare il pulsante dell’ascensore. Mi sono accorta però di essere meno assonnata e svogliata delle altre mattine, mi sentivo pimpante ed arzilla come se fossi dovuta andare dall’innamorato. Ho ringraziato il Cielo di tutto ciò e ho pensato ai miracoli della primavera, che sboccia ogni tanto anche nei nostri cuori. Mentre aspettavo l’ascensore, è arrivato il mio vicino di casa, che ha borbottato il solito buongiorno. Non che fosse allegro, ma un po’ meno cupo del solito, questo sì. Quando l’ascensore è arrivato, mi ha perfino dato la precedenza e ho cominciato a pensare seriamente che ci fosse qualcosa di strano in giro. Sono però stata rassicurata dal fatto che, arrivati al piano terra, il vicino è uscito prima lui senza salutare. E’ strano come qualsiasi novità ci possa turbare, per piccola che sia, distogliendoci un attimo dalle solite rotaie. In strada mi sono avviata alla fermata dell’autobus ma ho visto un gruppetto di gente ferma a parlottare e, dato che il mezzo non si vedeva ancora, mi sono avvicinata.
Tutte quelle persone stavano ammirando un albero, l’unico della zona già fiorito. C’era una discussione abbastanza accesa se i fiori fossero di più o di meno dell’anno precedente. La maggioranza sosteneva che mai l’albero era stato così bello. Ho sentito che era arrivato il mio momento e ho proposto per l’ennesima volta di chiedere al Comune che impianti più alberi nella nostra zona. E’ stato un successo immediato: tutti hanno aderito con entusiasmo, anche il mio vicino che tante volte mi aveva guardato con commiserazione per le mie smanie ecologiche. Qualcuno ha preso un foglio da un’agenda e ha cominciato a raccogliere le firme dei presenti.
Sull’autobus si è continuato a parlare dell’iniziativa e quando tutti quelli che conoscevo sono scesi, ho sentito che anche gli altri passeggeri parlavano tra di loro. Discutevano sul fatto che le rondini non sono ancora arrivate, che sicuramente è colpa dell’inquinamento che decima gli insetti, che non ci sono più i tetti adatti per i nidi. Mi sono inserita nel discorso e mi sono stati molto riconoscenti quando ho dato loro l’indirizzo per trovare dei supporti che facilitano la costruzione del nido da parte di quei simpatici ma difficili volatili. Ad un certo punto è salito anche un controllore : invece di guardare i biglietti, ha chiesto a tutti se si stava bene sull’autobus e se avevamo qualche proposta per migliorare il servizio. E’ stato un coro di cortesi ma ferme proposte, dai sedili meno duri ad una maggiore pulizia, da tende frangisole ad una più partecipata gentilezza del conduttore. L’idea che mi è piaciuta di più è stata quella di una vecchietta che ha proposto dei corsi gratuiti autogestiti di cortesia per i passeggeri e per il personale, con un concorso a punti per i più bene educati del mese e dell’ anno. Tutti avevano voglia di parlare, ma nessuno dava sulla voce al vicino e tutti ascoltavano pazientemente, anche se le idee avevano urgenza di essere espresse. Mano a mano che le persone scendevano ed altre entravano, era tutto un salutarsi, augurarsi buona giornata. Ormai non sentivo più strana quella situazione, anzi, mi pareva la cosa più naturale del mondo. Quando è salito un immigrato senza biglietto, un signore seduto in fondo gliene ha dato uno dei suoi e poi si è messo a criticare appassionatamente la nuova legge sugli immigrati. ” E’ una vergogna, è una legge razzista! E sì che anche noi siamo stati immigrati !”. C’è stato un coretto di assenso. Solo una signora, con un berretto di lana sulla testa, ha detto di non essere d’accordo perché ognuno dovrebbe starsene nel proprio paese. E’ stata ascoltata con gelida cortesia, ma è rimasta isolata e una ragazza, probabilmente una studentessa, le ha detto, forse un po’ troppo seccamente, che se quegli stranieri vengono in Italia forse non stanno troppo bene dove sono. E’ strano, ma in un altro momento avrei provato odio per quella signora, ora invece mi sembrava un po’ troppo aspra la risposta della ragazza. Un signore di una certa età, per spiegare il concetto, disse che lui era stato in Germania per lavoro, ma essendoci stato come tecnico qualificato era stato ben accolto. Invece gli immigrati senza qualifica erano stati considerati e trattati come dei miserabili, dei ” lumpen” insomma.” E’ solo una questione di classe sociale”- ha concluso. Tutti, tranne la signora non ancora del tutto convinta, hanno assentito facendo cenno con la testa. Purtroppo ero arrivata alla mia fermata e dovevo scendere. Come per tutti i passeggeri precedenti, anche a me è stato fatto largo verso la portiera d’uscita e mi è stata augurata una buona giornata. Leggermente frastornata ma allegra sono scesa, con un po’ di ansia per la continuazione della giornata. Avevo assistito ad un piccolo miracolo, per mia fortuna, ma cercavo di non illudermi. Sono andata al solito bar, per bermi un caffè prima di affrontare la routine di ogni giorno. Il cameriere ha risposto al mio saluto e mi ha fatto un caffé proprio ben caldo, come sempre gli raccomando ma come raramente mi fa. Mi ha chiesto anche se era come lo desideravo e se la briosce, a cui non avevo saputo resistere, fosse ancora tiepida. Quando ho pagato e ho lasciato venti centesimi di mancia mi ha ringraziato sorridendo. Sono uscita vivificata da tutto quel calore umano e sono andata all’edicola a comprare il giornale. Ho visto esposti in prima fila riviste di storia, di scienze e tanti libri di poesie, di autori noti e sconosciuti. Ho chiesto al giornalaio il perché di quel cambiamento e lui, un po’ stupito,mi ha detto:” Ma non sa che da qualche giorno la gente non ci chiede altro? Abbiamo fatto anche il giro dei magazzini per rifornirci, ma la richiesta è troppo alta e non riusciamo a starci dietro”. Per mettermi in sintonia, ho acquistato una edizione dei lirici greci, ché tanto mi sarebbe servita a scuola.
Ho guardato con ansia il mio quotidiano per vedere se dava qualche notizia su ciò che stava accadendo, su quei meravigliosi cambiamenti. Non c’era nulla di specifico, ma mi ha colpito che le prime quattro pagine contenessero esclusivamente interviste alle persone che stavano soffrendo la guerra in Medio Oriente. Il parere di Bush era in fondo alla quarta pagina. Anche il giornale usava l’espressione ” soffrire la guerra” e questo mi ha molto impressionato. Nelle pagine cittadine non si davano notizie di scippi e di stupri, ma molto spazio era dedicato al ritorno della primavera, alla raccolta di fondi per le vittime della guerra, ai centri di accoglienza per gli immigrati.
Non vi voglio annoiare oltre, perché ormai penso che avrete capito come la realtà sta girando per tutti in questo momento. Vi basti sapere che, entrata a scuola in sala professori, gli insegnanti non si stavano lamentando degli stipendi troppo bassi, dei ragazzi e delle famiglie dei ragazzi, ma discutevano, parlando uno alla volta ed ascoltando con attenzione gli altri, di come sarebbe stato meglio insegnare storia e matematica. Mi sono intromessa per quanto riguarda la storia e per la prima volta ho avuto un uditorio attento. Per entrare in classe non c’è stata la solita campanella sgradevole, che già dispone male alunni ed insegnanti, ma un brano di Mozart allegro ed accattivante. Gli alunni hanno risposto con calore al mio buongiorno ed è stata davvero una buona mattinata. Nessuno ha voluto andare in bagno più di una volta, nessuno ha sbadigliato durante la spiegazione, le cartacce sono state gettate regolarmente nel cestino e perfino la ragazza ripetente nell’ultimo banco non si è fatta vistosamente la manicure. Ho chiesto ai miei studenti se avessero anche loro notato qualcosa di strano nell’aria e il primo della classe, dopo avere alzato la mano e aspettato che gli dessi la parola, mi ha detto: ” Che cosa c’è di strano? Forse è arrivata la primavera, ma tutto è come prima. Non la pensa così anche lei, o forse ci vuole far discutere su qualche argomento per prepararci al prossimo tema?”. Non mi fido più a chiedere nulla ma mi sto godendo tutte queste novità, in barba ai miei studenti che non notano niente di diverso. Credo che la mia vita precedente sia stata un brutto sogno, almeno per molte cose; soprattutto spero di non dovermi svegliare.