+++ ANGELA MAYR, VIENNA ::: VIENNA ROSSA, UTOPIA REALIZZATA —MOSTRA AL WIEN MUSEUM (MUSA) FINO AL 19 GENNAIO 2020– solo a leggerlo, l’articolo, ci riempie di allegria. ch.

 

 

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IL MANIFESTO DEL 27 AGOSTO 2019

https://ilmanifesto.it/vienna-rossa-utopia-realizzata/

 

 

ALIAS

Vienna Rossa, utopia realizzata

Socialismi. La mostra “Das Rote Wien 1919-1934” celebra le riforme rivoluzionarie iniziate nel 1919 e interrotte bruscamente con l’avvento dell’Austria nera nel 1934

Karl Marx Hof

Karl Marx Hof

nota del blog::

 è il più famoso Gemeindebau, (termine Tedesco austriaco traducibile con Edificio Municipale) di Viennae sorge ad Heiligenstadt, un quartiere del XIX distretto (Döbling). Il Karl-Marx-Hof divenne celebre durante i Februaraufstand (i tumulti di febbraio) della Guerra Civile Austriaca nel 1934. I rivoltosi si barricarono nell’edificio e furono costretti ad arrendersi solo dopo che l’Esercito Austriaco, la polizia, ed i paramilitari Austrofascisti iniziarono a bombardare l’edificio con artiglieria pesante senza curarsi dei residenti inermi (generalmente famiglie di lavoratori).

Döbling (Wien) - Karl-Marx-Hof.JPG

Bwag – Opera propria

—wikipedia—

 

“Uno dei trionfi di civiltà più clamorosi nella storia dell’occidente” considerava Karl Polanyi , autore del noto saggio ‘La grande trasformazione’, la ‘Vienna Rossa’ esperimento a 360 gradi di riforme rivoluzionarie. Iniziò cento anni fa nel 1919 quando alle prime elezioni comunali libere il partito socialdemocratico (Sdap) conquistò la maggioranza assoluta. Durerà 15 anni fino al 12 febbraio 1934 quando l’isola rossa nell’ Austria nera cristiano sociale, avversata e sempre più assediata affonderà schiacciata nel sangue. Per il centenario della ricorrenza il Wien Museum (Musa) ha allestito una mostra ‘La Vienna Rossa’, visitabile fino al 19 gennaio 2020, con fotografie, film, documenti d’epoca, manifesti e modelli. “Oggetti che sono come fantasmi di un epoca dove l’immaginazione di un futuro autodeterminato non era ancora soffocata dall’apparente ineluttabilità delle condizioni neoliberali” scrivono i curatori nell’ampio catalogo di saggi e dibattiti che accompagna la mostra. Che si proietta anche all’esterno con visite guidate ai monumenti rossi, che sparsi per tutti i quartieri segnano l’architettura della città, dai condomìni comunali concepiti come ‘palazzi del proletariato’, alle grandi piscine a tutt’oggi in funzione a prezzi popolari, allo stadio di Vienna costruito nel 1931 per le olimpiadi operaie.

Le condizioni di partenza all’indomani della prima guerra mondiale per costruire l’esempio di un ‘contromondo socialista’ erano catastrofiche. L’ex capitale dell’impero crollato -un microcosmo multiculturale che rispecchiava la pluralità che lo componeva- era diventata la città più critica del continente, il popolo ridotto alla fame, al freddo in case malsane senza luce e acqua dove imperversava la tubercolosi, all’epoca chiamata appunto ‘malattia viennese’. Il 58% nelle famiglie operaie viennesi non disponeva di un proprio posto letto, un singolo letto veniva affittato e condiviso a turno dai cosidetti Bettgeher, i coricatori o coricaletto .

Grandi scioperi di massa e un forte movimento consiliare premevano per l’insurrezione modello sovietico di Baviera e Budapest, una spinta che costituiva la forza della Sdap che la incanalava verso una via parlamentare al socialismo basata su riforme radicali, concepite dall’austromarxismo “non come miglioramento della società capitalistica ma come strumento di passaggio al socialismo”.

Il primo governo dell’ Austria repubblicana a guida socialista segnava importanti conquiste sociali, ma poiché la riforma più radicale, il piano di socializzazione non passò dopo un anno i socialisti uscirono dal governo di coalizione decidendo di puntare tutto su Vienna dove disponevano della maggioranza assoluta. Ma di casse vuote, che fare? Intanto una legge di requisizione delle case non abitate che permetteva l’assegnazione di 44 838 abitazioni alle persone più bisognose. Vienna poi era diventata città regione dotata di autonomia fiscale. Così fu rivoluzione fiscale: Tasse dirette fortemente progressive su beni non necessari e di lusso. Le spiegava con ironia l’assessore alle finanze Hugo Breitner. “I costi di gestione degli ospedali pediatrici sono coperti dalle tasse dalle partite di calcio, delle cliniche odontoiatriche scolastiche dalle quattro maggiori pasticcerie viennesi…I medici scolastici li paga la tassa sui generi voluttuari del Sacher, il Grand-Hotel, il Bristol e l’ Imperial con la stessa tassa coprono le spese per le piscine per bambini (gratuite na). La clinica comunale di maternità è stata costruita con le tasse sugli alberghi a ore e la sua gestione è coperta dal Jockey-Klub, con le tasse sulle corse di cavalli”. Accusato di bolscevismo fiscale e di sadismo dalla borghesia, oltre ad attacchi antisemiti, Breitner non faceva una piega.” Incuranti di tutto quel chiasso delle classi possedenti restii alle tasse, per realizzare i compiti molteplici del comune ci prendiamo il denaro necessario la dove realmente si trova”. Di sicuro nelle tasche dei grandi proprietari di case che furono colpiti duramente con la Wohnbausteuer, una tassa destinata alla costruzione di alloggi comunali, i Gemeindebauten. Infatti su tutti i palazzi comunali costruiti tra il 1919 e il 1934 campeggia in rosso a grandi lettere : ‘edificato con i mezzi della tassa per la costruzione di alloggi’. Il costruttore di nuove case divenne il comune, che in pochi anni fino al ’34 ha realizzato 61.175 abitazioni che davano alloggio a circa 220000 persone.

Non palazzi uniformi ma di ampia varietà di stili, eclettici, del resto 199 sono stati gli architetti coinvolti, molti dei quali allievi di Otto Wagner. Sono tuttavia riconoscibili per lo stile delle finestre e dei portoni, i bow-windows e i grandi cortili. Solo il 50% dei lotti poteva essere edificato secondo i criteri comunali per garantire sole, luce e aria pulita a tutti gli abitanti, oltre a servizi comunitari. In mostra anche fenomeni meno famosi come la Siedlerbewegung, un movimento nato dal basso di gruppi che costruivano nelle periferie della città piccole case con orti organizzandosi in cooperative autogestite. In una fase iniziale il movimento che vantava anche il sostegno di architetti famosi come Adolf Loos fu appoggiato dal comune costruendone una sessantina di insediamenti. Ma poi abbandonò il modello città giardino a favore del modello metropoli sociale. Molto dibattuto allora è stato anche il modello dell’Einkuechhenhaus , palazzo con la cucina e lavori di pulizia centralizzati per liberare la donna dal lavoro domestico.

Ecco il Gemeindebau più monumentale e imponente il Karl Marx Hof che doveva rappresentare il coronamento dell’attività di costruzione del comune, progettato da Karl Ehn. Alla sua inaugurazione nel 1930 Otto Gloeckel presidente del provveditorato agli studi di Vienna spiegava.”per noi questa costruzione è un simbolo, sulla sua fronte porta il nome dello spirito immortale Karl Marx ..in nome suo abbiamo creato una nuova fortezza della tutela dell’ inquilino ..” S’estende per 1,2 chilometri su un area di 156.027 metri quadri, grande come un paese. All’epoca vi abitavano 5000 persone. Solo il 18% del terreno è stato edificato, un grande lusso, il resto del lotto sono grandi cortili verdi. Dentro il cortile una rete di servizi comunitari, due asili nido, due lavanderie, centrali elettriche, un consultorio di maternità, un fulcro della politica sanitaria comunale nella lotta alla mortalità infantile, persino un consultorio per l’arredamento interno che presiedeva il famoso architetto e designer Josef Frank, un ambulatorio del servizio sanitario, una clinica odontoiatrica, che erano offerta ma anche sollecitazione alla popolazione di vita sana e igienica. Infine la biblioteca che non mancava in nessuno dei complessi comunali di alloggi segno dell’importanza prioritaria attribuita all’ istruzione del partito socialdemocratico. La rete delle librerie operaie, la più efficiente del paese, nei primi anni 30 dava in prestito 3 milioni di libri all’anno. Furono in gran parte devastate dal nazismo. Ben conservata e oggi integrata nel sistema delle biblioteche comunali invece la biblioteca nel Sandleitenhof, il più grande complesso residenziale comunale, sala interna confortevole in stile liberty che voleva offrire “lusso ai sotto privilegiati”. Di fronte per il tempo libero il Kongressbad, piscina con ampi prati e una vasca di 100 metri oggi divisa in due.

Come noto tutto finì coll’austrofascismo che l’insurrezione armata spontanea socialista del febbraio 1934 non riuscì a fermare. Ultima trincea fu il Karl Marx Hof sconfitto dall’attacco dell’artiglieria.

QUELLO CHE SERVE A COSTRUIRE L’UOMO NUOVO

“Come vivere”? si discuteva nella Vienna Rossa con grande intensità. Riguardava ogni ambito della vita quotidiana, dai ruoli di uomini e donne all’educazione e cura dei bambini, alla scelta dei divertimenti e al ruolo dell’arte e della cultura. Si discuteva nella miriade di associazioni e sottoassociazioni, come i gruppi fotografici all’interno dei ‘Naturfreunde’o i ‘Kinderfreunde’ o nella rete di femministe socialiste intorno alle sociologhe Kaethe Leichter e Maria Jahoda. E sui giornali, nel 1930 la Sdap pubblicava 127 giornali e riviste di cui 7 erano quotidiani, 52 le riviste pubblicate dai sindacati, 68 erano organi specializzati per inquilini, astinenti da alcool… un settimanale dal nome programma ‘die Unzufriedene’ la scontenta, poiché “le donne devono essere scontente se vogliono avanzare’ .

“Quotidianizzazione dell’ utopia” chiama lo storico Wolfgang Maderthaner, l’esperimento comunale rosso su ‘Vienna Rossa’ catalogo: la città come luogo di emancipazione, anticipazione di un futuro migliore, tentativo di concretizzazione dell’utopia.

Per la teoria austromarxista la costruzione del socialismo presupponeva la formazione di “Neue Menschen” uomini e donne nuovi, come era il titolo del libro di Max Adler, intendendovi una classe operaia con coscienza soggettiva di classe, acculturata con spirito illuminato e solidale. Progetto anche fortemente culturale e pedagogico considerava centrale cambiare la vecchia scuola autoritaria e classista. Nel Musa è descritta sotto il titolo ‘Alfabeto della paura’: video e foto d’epoca ritraggono una classe coll’insegnante in cattedra che inculca nozioni, i bambini seduti immobili in riga. Quella nuova nata dalla riforma scolastica di Otto Gloeckel provveditore agli studi di Vienna è sotto l’egida dell’ ‘alfabeto della democratizzazione’, in classe i bambini in cerchio, l’insegnante in mezzo a loro, l’impostazione è interdisciplinare, punto di partenza sono gli interessi e curiosità di bambini e ragazzi. La riforna di Gloeckel introduceva a Vienna la Gesamtschule, la scuola dell’obbligo unitaria fino ai 14 anni.( rimasta ancora oggi 100 anni dopo un traguardo non raggiunto in Austria. Vige ancora la selezione a 10 anni di età tra percorsi scolastici più alti e più bassi). Una forte influenza sulla riforma di Gloeckel hanno esercitato le Jugendkunstklassen, le classi di arte per giovani di Franz Cizek che valorizzava al massimo l’autonomia, immaginazione e creatività degli allievi, principi che Gloeckel introdusse nella riforma dando all’educazione artistica un ruolo centrale, considerata il motore determinante per l’intero processo educativo. Vienna allora divenne la Mecca della pedagogia riformatrice. Lo era già della psicoanalisi, con la quale  il partito socialdemocratico intrecciava rapporti stretti a volte coincidenti, ma anche con scienziati e ricercatori delle nascenti scienze sociali, sinergie che hanno determinato la qualità specifica del progetto Vienna Rossa. Un ambulatorio psicoanalitico gratuito permetteva l’accesso alla terapia anche a classi popolari. Gli asili nido si orientavano secondo i principi di Anna Freud e di Maria Montessori. Wilhelm Reich fondava la ‘società socialista di educazione e ricerca sessuale’, dirigeva sei ‘consultori sessuali proletari’. Il comune fondava e sosteneva istituti di ricerca come il Museo economico di Otto Neurath, filosofo, economista e sociologo che partecipava al Circolo di Vienna. E’ l’inventore della Bildstatistik , la statistica visiva basata su isotype, (international system of typographic picture education), che immaginava potesse essere uno strumento basilare per l’istruzione delle classi popolari. Poteva rendere chiaro e accessibile fatti e relazioni anche complesse attraverso l’impiego di pittogrammi. Li usava già Maria Jahoda pioniera della ricerca sociale empirica nel suo famoso libro ‘I disoccupati di Marienthal’ (ristampato da edizioni lavoro 1991) e Kaethe Leichter nella sua ricerca esemplare sulla condizione delle lavoratrici So leben wir, Noi viviamo così, che oltre al lavoro tematizzava la vita quotidiana delle donne in famiglia.

Non mancava una Sozialdemokratische Kunststelle, ufficio socialdemocratico per l’arte, che dirigeva David Josef Bach il critico musicale della Arbeiterzeitungl’organo di partito Fondò l’ Arbeitersymphonieorchester, Orchestra sinfonico operaio alla cui direzione chiamò Anton Webern allievo di Arnold Schoenberg. Fu un grande sostenitore della Nuova musica dodecafonica che cercò di portare tra il popolo.

Nel 1927 uscì ‘il manifesto della Vienna intellettuale’, un appello al voto per il partito socialdemocratico per i “grandi meriti sociali e culturali dell’amministrazione cittadina viennese” . Lo firmò tutta la Vienna psicologica, Sigmund Freud, Alfred Adler e Charlotte Buehler; Alma Mahler, Hans Kelsen, Anton Webern, Robert Musil e altri nomi famosi. Nello stesso anno la vicenda tragica dell’incendio del palazzo di giustizia segna il via di un assedio sempre più aggressivo contro la Vienna Rossa che sfocerà nel fatidico 1934.

QUELLO CHE RESTA OGGI

E oggi?“Molte domande che si è posta la Vienna Rossa sono ancora attuali -scrive Hanna Lichtenberger, politologa su ‘Vienna Rossa’- le domande di redistribuzione della ricchezza della società, l’accessibilità delle infrastrutture sociali e pubbliche, la riorganizzazione dei rapporti di produzione, il diritto alla casa”. La città sempre rossa da 100 anni -eccetto il periodo ’34-’45, grande frattura di continuità- dal 2010 rosso-verde, come fronteggia quelle questioni ? Partiamo dall’eredità in mattoni ben visibile della Vienna Rossa storica, la casa. E’ rimasta in mano al comune, non privatizzata a differenza di altre città europee. Nel secondo dopoguerra fino al 2009 il comune ne ha costruite altre fino al 2009, seppure non tutte della stessa qualità, arrivando a 220mila abitazioni.Vi abita attualmente un terzo della popolazione viennese. Ma sono cambiate le condizioni, in primo luogo il prezzo. Visitiamo il Karl Marx Hof, la metropolitana si ferma proprio davanti ai suoi piedi, uscita piazza 12 febbraio. Imponente, bello tutto risanato, passando sotto gli archi si apre il grande prato verde del cortile. Dei servizi sociali comuni sono rimasti i due asilo nido. Parlo con Jukic seduto su una panchina. Fa il tecnico di un garage, originario dalla Bosnia vive da 20 anni qui, contento della sua vita, della casa, 83 metri quadri, 600 euro, condominio con acqua e nettezza urbana compresi. Nella Vienna Rossa l’affitto ammontava al solo costo di gestione, al 4% dello stipendio medio di un operaio. “Bello avere un giardino così grande a disposizione, e la metro davanti a casa, ma non è come prima dice prima potevo stendermi sul prato tranquillo, anche col portafoglio addosso, adesso non è più possibile”. Più avanti nella conversazione si scopre elettore della Fpoe, la destra radicale, pur amando la vecchia Jugoslavia di Tito. C’è l’ha con gli stranieri , gli asiatici che “ dormono col coltello sotto il cuscino”.

“E’ tipico essere straniero e avercela con loro” commenta Marcel, trentenne, il mio incontro “ ho tanti amici stranieri, la maggior parte lo sono, neanche li percepisco tali, sono austriaci perfettamente integrati”. E’ cresciuto qui nel Karl Marx Hof che apprezza molto, affitto molto basso rimasto congelato, sorprende scoprire alla fine anche lui votante della Fpoe “anche se non penso come loro”. Ma c’è l’ha con gli ‘asilanti’ presunti privilegiati nell’accesso ai servizi, e stupratori. Nell’ex fortilizio rosso un 30% degli abitanti risultano elettori dell’estrema destra. Esistono invece anche a Vienna molto meno fortunati che hanno difficoltà a trovare una casa a prezzo approcciabile malgrado la forte presenza del pubblico.. I palazzi comunali di recente sono stati aperti anche alla classe media, con prezzi al 30-50% di uno stipendio operaio applicati solo a inquilini nuovi. Per le Genossenschaftswohnungen, case costruite da un sistema misto pubblico privato dove abita un altro terzo della popolazione bisogna disporre di una quota di accesso. La domanda e i prezzi del mercato privato sono cresciuti vertiginosamente. Il comune finalmente è corso ai ripari: Ha varato un nuovo piano che prevede la costruzione di 4000 case comunali entro il 2020 chiamate Gemeindebau neu (nuovo) col costo di affitto già stabilito di 7,5 euro/m comprensivo di condominio, acqua e nettezza urbana. Significativo anche il recente emendamento al piano regolatore che vincola ogni concessione di terreno edificabile a privati all’obbligo di destinare due terzi del lotto per case a prezzi sociali calmierati.

 

TUTTE LE MOSTRE A VIENNA

 

La mostra ‘Das rote Wien’, la Vienna rossa del Wien Museum MUSA ,https://www.wienmuseum.at/de/ausstellungen/aktuell/ansicht/das-rote-wien-1919-1934.html è nella Felderstrasse 6-8, strada che fiancheggia il municipio raggiungibile in metropolitana. U2 Rathaus o tram.

Didascalie della mostra e sito sono anche in lingua inglese. Rimane in programmazione fino al 19 gennaio 2020.

Vi è poi la mostra permanente “Das rote Wien im Waschsalon” http://dasrotewien-waschsalon.at/startseite/ allestita nell’ex lavanderia del Karl Marx Hof, nel cortile accessibile da Halteraugasse 7.

La metro U4 ferma davanti alla facciata principale, fermata capolinea Heiligenstadt, lo stesso il tram D. Da controllare gli orari di apertura. Oltre alla mostra permanente nell’ex lavanderia

c’è anche una mostra temporanea su Otto Felix Kanitz visitabile fino al 26 gennaio 2020, grande educatore che fondò una Kinderrepublik.

Per gli appassionati c’è anche l’enciclopedia online della Vienna Rossa 

http://www.dasrotewien.at/

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1 risposta a +++ ANGELA MAYR, VIENNA ::: VIENNA ROSSA, UTOPIA REALIZZATA —MOSTRA AL WIEN MUSEUM (MUSA) FINO AL 19 GENNAIO 2020– solo a leggerlo, l’articolo, ci riempie di allegria. ch.

  1. Donatella scrive:

    E’ una parte di storia che non conoscevo per niente: grazie per averla messa.

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