REPUBBLICA. SALUTE.IT — 27 AGOSTO 2019 pag. 2
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Approfondimento Salute
Cibo, non credete alle favole
Il glutine fa male, lo zucchero di canna è più sano del bianco, l’ananas fa dimagrire, il sale dell’Himalaya è meglio del sale marino, gli integratori allungano la vita: un lungo elenco di fake condizionano milioni di italiani a tavola. Basterebbe affidarsi alla scienza
Gli integratori a base di ananas sono miracolosi per farti perdere chili senza dover smettere di mangiare quello che ti piace. Il glutine? Va eliminato dalla nostra tavola. E al bar metti lo zucchero di canna nel caffè se non vuoi ingrassare. Nel flusso di informazioni in cui si naviga ogni giorno non è raro incappare in simili consigli, suggerimenti salutari. O meglio, bufale. Secondo il Censis, dei 15 milioni di persone (in totale) che si affidano al web per reperire indicazioni sulla salute, incappano nelle fakes 8,8 milioni di italiani. Non solo. Nel 2019 il 61,9% della popolazione è convinta che circolino ancora troppe notizie inadeguate in tema alimentare.
Anche per questo nel 2018 l’Istituto Superiore di Sanità ha creato un portale online impegnato a sfatare, con dati scientifici, le fake news sulla salute. Tra queste molte riguardano cibi che mangiamo tutti i giorni. «Una delle più grandi è la convinzione che lo zucchero di canna sia meno calorico e più nutriente dello zucchero bianco», spiega Dario Bressanini, insegnante di Chimica e Tecnologia degli alimenti all’Università dell’Insubria a Como, che il 31 agosto a Sarzana, in occasione della XVI edizione del Festival delle Mente, parlerà di come sopravvivere alle fake news alimentari insieme alla nutrizionista Lucilla Titta. In realtà nessuno studio ha mai provato che lo zucchero di canna apporti maggiori benefici rispetto allo zucchero bianco: entrambi contengono la stessa molecola, cioè il saccarosio, e quei pochi nutrienti che si salvano nel prodotto grezzo non sono sufficienti per apportare benefici, almeno stando alle quantità standard in cui si dovrebbe consumare lo zucchero.
Simile la credenza sul sale rosa dell’Himalaya, pubblicizzato come più puro rispetto al sale normale perché conterrebbe, oltre al cloruro di sodio, 84 elementi benefici per l’organismo. «Non esiste alcuna analisi chimica pubblicata che riporti l’elenco di questi elementi», avverte il chimico Bressanini. «Alcuni si conoscono, come il rame o lo zinco, e in piccole dosi sono utili per l’organismo, ma il sale rosa non ne contiene comunque abbastanza. Altri, come il cadmio o il piombo, non sono necessari e possono essere addirittura tossici se si accumulano nell’organismo». Anche sulle sue capacità di migliorare condizioni di salute, dalla pressione alla ritenzione idrica, nessuna conferma da studio scientifico. E come se non bastasse al supermercato il sale rosa himalayano si trova a un prezzo molto più alto del comune sale bianco (grosso e fino) utilizzato in cucina.
Grande fantasia anche quella che esistano pillole o estratti di cibi in grado di farci dimagrire. «Parliamo di integratori, ad esempio quelli a base di curcuma, ananas o tè verde: si alimenta l’illusione che si possa continuare a mangiare come prima, senza modificare l’intera dieta, e dimagrire grazie a un singolo elemento aggiunto» sottolinea Bressanini. Ma sugli integratori proposti come coadiuvanti per la perdita di peso si è espresso da tempo anche il Ministero della Salute: l’efficacia di questi prodotti dipende esclusivamente dal loro abbinamento a una dieta equilibrata e a un costante esercizio fisico.
IL POST —
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SCIENZA
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MARTEDÌ 5 MAGGIO 2015
https://www.ilpost.it/2015/05/05/glutine-celiachia/
Il glutine è una delle sostanze più presenti nella nostra alimentazione: rende il pane e la pizza soffici e impedisce alla pasta di diventare collosa dopo pochi minuti di cottura, per esempio. Fa parte della nostra dieta da migliaia di anni ma solo da qualche decennio si è scoperto con certezza che in alcune persone può fare grandi danni. Questo problema si chiama celiachia e interessa meno dell’1 per cento della popolazione, ma da qualche tempo se ne parla molto in seguito alla nascita di una specie di movimento – “gluten free” o “senza glutine” – molto attivo soprattutto negli Stati Uniti secondo il quale questa sostanza va evitata, a prescindere dalla presenza o meno di intolleranze o allergie. In alcuni casi le aziende che producono cibi senza glutine hanno sfruttato questo allarmismo per aumentare le vendite dei loro prodotti, mediamente più costosi rispetto a quelli tradizionali. Ne è derivata una certa confusione su che cosa sia la celiachia, sui danni che può causare il glutine e in quali casi.
Glutine
Il glutine è formato da due tipi di proteine che si chiamano gliadina e glutenina: è quindi un composto piuttosto semplice e con caratteristiche simili a quelle di altre centinaia di proteine che assumiamo ogni giorno attraverso l’alimentazione. Gliadina e glutenina si trovano soprattutto in alcuni cereali come frumento, farro, segale e orzo (fanno parte dell’endosperma, il tessuto vegetale nel quale è contenuto l’embrione nell’interno dei semi). Il glutine è la sostanza che rende elastici – e un po’ gommosi – buona parte dei prodotti da forno, come pane e merendine, e che rende anche più compatti alimenti come pasta e biscotti. Fa quindi parte da millenni dell’alimentazione degli esseri umani e ha permesso, insieme ad altri nutrienti, di differenziare e rendere più varia la nostra dieta grazie alla creazione di nuovi piatti e ricette.
Celiachia
Una persona che soffre di celiachia non riesce ad assorbire correttamente il glutine. In pratica il sistema immunitario tratta il glutine come qualcosa di potenzialmente dannoso invece di assimilarlo, e reagisce con una risposta sproporzionata che si verifica nell’intestino tenue, il tratto del sistema digerente dove avviene l’assorbimento di buona parte di ciò che mangiamo attraverso i villi intestinali (minuscoli tentacoli che aumentano enormemente la superficie disponibile attraverso cui assorbire i nutrienti). Le cellule del sistema immunitario infiammano la mucosa intestinale e arrivano a distruggere i villi, impedendo di conseguenza l’assimilazione di buona parte dei minerali e degli altri nutrienti.
La psicosi da glutine
Chi non è celiaco non ha nessun motivo per evitare il glutine. Alcune ricerche hanno di recente ipotizzato che, oltre ai celiaci, ci sia un’altra porzione della popolazione che ha una sorta di lieve “sensibilità” a questo nutriente, ma si tratta di studi marginali e ancora molto dibattuti in ambiente medico. Nonostante ciò negli ultimi anni il glutine è stato demonizzato a tal punto da indurre moltissime persone a seguire una dieta da celiaci anche se non hanno la celiachia. Il fenomeno è piuttosto diffuso negli Stati Uniti e a causa di diversi fattori, come ha spiegato di recente Alan Levinovitz – uno dei principali studiosi in materia – al Washington Post:
Fino agli anni Ottanta in pochi avevano sentito parlare di glutine, persino tra chi si occupa di medicina. Tristemente, all’epoca capitava spesso che persone celiache non avessero mai sentito parlare del glutine. […] Alla fine degli anni Ottanta e nei primi Novanta molte persone che ne soffrivano ricevevano diagnosi errate e terapie non adeguate, tanto da provare cure fai-da-te. Poi furono pubblicati diversi libri in cui si diceva che evitando il glutine non solo si sarebbe curata la celiachia – badate bene “curare” e non “trattare” – ma che avrebbe portato a diversi benefici contro altre malattie, come l’autismo. La scienza naturalmente ha dimostrato che tutto questo non è vero.
C’è stata una tempesta perfetta dovuta a tre fattori: una narrazione sul mito di un passato paradisiaco, il paleolitico, dove non si panificava e quindi si era più sani; una dieta che avrebbe potuto curare non solo l’autismo, ma anche diverse altre malattie neurologiche; infine, persone che hanno creduto che la chiave per dimagrire fosse eliminare i carboidrati. Il glutine in questo senso era il capro espiatorio perfetto: era l’alimento ideale da demonizzare. Per questo motivo è scoppiato il movimento del senza-glutine.
Buona parte delle persone che pensa di avere un qualche tipo di intolleranza al glutine in realtà non ha alcun problema di questo tipo, ma è condizionata dal fatto che ultimamente si parli molto più di un tempo di celiachia, dal fatto che alcuni personaggi famosi sostengono di essere passati a una dieta priva di glutine trovando fantomatici benefici, e ancora dal fatto di avere avuto qualche problema di salute – spesso di natura psicosomatica – che non riuscivano a risolvere e si sono convinti di poterne venire a capo scaricando tutte le colpe sul glutine. Una sorta di grande effetto placebo legato alla dieta che negli Stati Uniti sta interessando centinaia di migliaia di persone, e che in misura meno marcata inizia a verificarsi anche in altri paesi, Italia compresa.
Quest’anno l’Istituto nazionale di statistica italiano (ISTAT) ha inserito nel suo “paniere dei prezzi al consumo” – cioè l’elenco dei prodotti che sono utilizzati per valutare l’andamento dei prezzi e dei consumi – due categorie di alimenti per celiaci: biscotti e pasta senza glutine. L’inserimento è dovuto al fatto che questo tipo di prodotti ha un mercato sempre più ampio, dovuto soprattutto a diagnosi più frequenti della celiachia, ma probabilmente in parte anche a persone che tra i loro metodi fai da te per stare meglio decidono di lasciar perdere il glutine, anche senza solidi motivi scientifici.
Se non si è malati di celiachia, passare a una dieta senza glutine può essere controproducente. I prodotti da forno alternativi come biscotti e merendine hanno spesso maggiori quantità di grassi e di zuccheri per sopperire alla mancanza del glutine, che rende più elastici e morbidi gli impasti. C’è quindi il rischio di avere un’alimentazione sbilanciata con conseguenze per la salute, soprattutto nelle persone che hanno già altri problemi come forme di diabete o l’essere sovrappeso.
E poi ci sono rischi non legati strettamente alla salute ma che possono peggiorare la qualità della vita, come spiega Levinovitz:
Il movimento senza glutine è una vera minaccia per la cultura del cibo e il nostro rapporto con gli alimenti. Molte persone vedono la dieta come l’occasione ideale per migliorare la loro salute: di conseguenza, la loro capacità di sedersi a tavola e di godersi un buon pasto si riduce. Chiedo spesso alle persone alla ricerca della dieta ideale se nel loro mondo ideale dovremmo solo mangiare alimenti che ci permettano di aumentare al massimo la durata della nostra vita e renderci il più snelli possibile. In un mondo simile non c’è molto spazio per la diversità del cibo. In quel mondo non ci sarebbero diversi tipi di cucina. Il movimento senza glutine, e molte delle cose che ci stanno dietro, sta minacciando incredibilmente la varietà delle culture alimentari che rendono la vita così meravigliosa.
Come si diventa celiaci
La celiachia è una malattia che si verifica nelle persone predisposte geneticamente, che sono cioè nate con particolari geni che possono portare alla sua manifestazione. Per questo motivo di solito la celiachia è più frequente tra i figli delle persone affette (10 per cento contro l’1 per cento in tutta la popolazione). La predisposizione genetica non basta però a fare sviluppare la celiachia: si ritiene che a innescarla ci possano essere un’esposizione in età troppo precoce al glutine o particolari infezioni intestinali di tipo virale, sempre durante l’infanzia.
Che cosa succede a un celiaco
La celiachia propriamente detta si manifesta in età infantile e di solito porta a sintomi tipici dell’errato assorbimento dei nutrienti, quindi quando si ingeriscono alimenti con glutine si verificano: mal di pancia, diarrea più puzzolente del solito (dovuta alla presenza di grassi maldigeriti) e addome gonfio. Anche grazie a una maggiore attenzione nell’alimentazione in età pediatrica, è diventata molto più frequente la manifestazione della celiachia in età adulta con sintomi molto più differenziati e non solo a carico dell’intestino (debolezza, anemia, problemi di coagulazione del sangue, convulsioni).
Come si diagnostica e come si tratta la celiachia
Diagnosticare la celiachia non è sempre semplice, perché essere predisposti geneticamente non implica che la malattia si sviluppi per forza (capita in un terzo circa dei casi, i restanti due terzi sono portatori sani). Si stima che la celiachia interessi l’1 per cento della popolazione, ma il numero di diagnosi è di molto inferiore: in Italia i celiaci diagnosticati sono circa 150mila, e se ne identificano 10mila nuovi casi ogni anno.
Chi ha in famiglia un celiaco o ha sintomi tipici della malattia, o altre malattie che possono essere causate dalla celiachia, viene sottoposto a un esame del sangue per valutare la presenza degli anticorpi che reagiscono al glutine. Se il test è positivo si viene sottoposti a una esofago-gastroduodenoscopia: un lungo tubo viene fatto passare dalla bocca fino al duodeno (il primo tratto dell’intestino tenue), dove viene prelevato un campione di mucosa intestinale, che viene poi analizzato per valutare la scomparsa dei villi.
L’unica soluzione per chi soffre di celiachia è non mangiare cibi che contengono glutine, escludendo quindi completamente dall’alimentazione pane, pasta, pizza, biscotti, moltissimi altri prodotti da forno e anche diversi altri alimenti che non associamo all’idea di farinaceo, ma che contengono lo stesso il glutine come addensante (molte zuppe e salse in scatola, per esempio). Eliminato il glutine, i sintomi scompaiono e di solito non ci sono più complicazioni.
Vita senza glutine
Dal momento della diagnosi, un celiaco passa tutta la sua vita cercando di stare il più alla larga possibile dal glutine. Rispetto a qualche decennio fa, oggi seguire questo tipo di dieta è diventato meno complicato: in farmacia e nei supermercati si trovano pasta, pane e altri prodotti da forno senza glutine, anche se mediamente a un prezzo più alto rispetto ai prodotti tradizionali (grazie all’aumento dell’offerta e delle marche le cose per quanto riguarda il costo di questa dieta stanno migliorando). Molti ristoranti hanno inoltre inserito nei loro menu piatti privi di glutine, anche se farlo è complicato perché richiede l’utilizzo di utensili da cucina diversi da quelli usati per il resto del menu (bastano pochissime quantità di glutine per causare una reazione in chi è celiaco).
In Italia il Servizio Sanitario Nazionale dà ai celiaci la possibilità di ottenere gratuitamente alimenti senza glutine con diversi tetti di spesa mensili, che a seconda dell’età del paziente e del sesso variano da 45 a 140 euro. Ogni regione stabilisce in che modo si possono ritirare i prodotti, quindi se solo in farmacia o in altri esercizi commerciali (molti celiaci lamentano di potere acquistare i prodotti con i buoni del SSN solo in farmacia, dove a volte c’è meno scelta e i prezzi sono più alti).
Riassumendo
La celiachia è una malattia, e come per tutte le malattie è necessario che sia un medico a diagnosticarla, dopo una serie di esami. Al momento non si può curare, ma la si tiene sotto controllo smettendo di mangiare tutti gli alimenti che contengono glutine. È ancora molto dibattuta nella comunità scientifica la possibilità che una minuscola parte della popolazione abbia qualche altro tipo di intolleranza al glutine, senza soffrire di celiachia. In generale, se non si è celiaci non c’è nessun motivo per smettere di mangiare cibi contenenti glutine. Pizza!
Meno male che non siamo celiaci. Tante volte non apprezziamo le fortune che ci sono toccate!