Paolo Flores d’Arcais (Cervignano del Friuli, 11 luglio 1944) è un filosofo, pubblicista e ricercatore universitario italiano, direttore della rivista MicroMega. È anche collaboratore de la Repubblica, il Fatto Quotidiano, El País, Frankfurter Allgemeine Zeitung e Gazeta Wyborcza.
TEMI.REPUBBLICA.IT / MICROMEGA-ONLINE–29 APRILE 2019
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MicroMega 3/2019: “Il paese dell’impunità” – Presentazione e sommario
Il nuovo numero di MicroMega in edicola, libreria, ebook e iPad da venerdì 3 maggio.
PRESENTAZIONE
Sarà in edicola il 3 maggio, in concomitanza con l’apertura del convegno “Giustizia è libertà” – in programma a Fabriano fino al 5 maggio – il nuovo numero di MicroMega, interamente dedicato, così come il convegno, a una delle questioni più care alla rivista diretta da Paolo Flores d’Arcais: la giustizia.
A riflettere sullo stato di salute del paese sotto questo aspetto MicroMega ha chiamato giornalisti, esperti e addetti ai lavori tra i più autorevoli del campo (molti dei quali saranno presenti alla tre giorni di Fabriano).
Apre il volume Lorenza Carlassare con un saggio che, a partire dal caso concreto dell’applicazione del Decreto sicurezza, evidenzia come la validità delle leggi non dipenda solo dal loro corretto iter formativo ma anche dalla loro adesione ai contenuti sostanziali che la Costituzione stabilisce.
Una prima, corposa, sezione del numero è dedicata poi all’impunità di cui, nel nostro paese, hanno goduto e godono politici, imprenditori, mafiosi, appartenenti alle forze dell’ordine… Impunità che, minando la fiducia nello Stato e nella giustizia, rappresenta un vero e proprio vulnus alla democrazia del nostro paese.
Luca Tescaroli ci parla del caso dei colletti bianchi, forse quello che maggiormente esprime la profonda disuguaglianza della nostra società.
Checchino Antonini ripercorre alcuni dei casi più celebri di ‘malapolizia’, evidenziando come spesso lo spirito di corpo prevalga sulla tutela dei diritti.
Marco Lillo ci racconta l’impunità della mafia, da sempre capace di annullare o attenuare l’azione repressiva dello Stato entrando in rapporto con la politica.
Gianni Barbacetto e Marco Maroni ci portano per mano in un viaggio nel mondo dei condoni tra Prima e Seconda Repubblica, mentre
Paolo Ielo illustra la difficoltà di punire i reati contro la pubblica amministrazione, mettendo in luce come a questo scopo serva un deciso intervento da parte del legislatore. E impunità, come ci racconta
Caterina Malavenda, è anche quella di cui gode chi, per mettere a tacere un giornalista scomodo, si fa scudo delle cosiddette ‘querele temerarie’ senza andare incontro ad alcun tipo di conseguenza.
Una seconda parte del numero è dedicata al fenomeno mafioso, in grado di passare indenne per 200 anni di storia, grazie a quella capacità di mutare pelle ogniqualvolta necessario, per mantenere inalterata la capacità di infiltrare la società italiana, da Nord a Sud, e non solo, come raccontano Petra Reski (che traccia un quadro della situazione in Germania) e Stefania Pellegrini (che si concentra sulle mafie nel Settentrione). Quello che ci offre
Saverio Lodato è invece uno sguardo disincantato sulla questione, che spazza via ogni illusione di essere – o di essere stati – sul punto di sconfiggere definitivamente questa piaga. D’altronde le classi dirigenti italiane non hanno mai affrontato seriamente l’aspetto che rende la mafia così forte: il suo rapporto con lo Stato.
Un atteggiamento del quale sono emblematici da un lato il caso Andreotti, ricostruito da Gian Carlo Caselli, dall’altro i decenni di depistaggi, anomalie, ‘distrazioni’ attorno ad alcune delle stragi più sanguinose della nostra storia recente, di cui ci parlano
Fiammetta Borsellino e Salvo Palazzolo. E se la politica non è stata capace di fare la sua parte, oggi anche il movimento antimafia è a un bivio, come denuncia
Danilo Chirico: o trova il modo di uscire dalle stanche ritualità o è destinato a morire.
L’unica vera barriera è rappresentata dall’informazione, quell’informazione che – prima della magistratura – ha svelato il verminaio mafioso di Roma Capitale, qui ricostruito nei minimi dettagli da
Lirio Abbate e Giovanni Tizian. E che, per aver svolto con responsabilità il proprio dovere, vive sotto le minacce dei mafiosi, come ci raccontano tre giornalisti sotto scorta:
Michele Albanese, Paolo Borrometi e Sandro Ruotolo.
Ma il numero di MicroMega in edicola dal 3 maggio non finisce qui.
Fabio Armao descrive nascita e ascesa di un’oikocrazia a partecipazione mafiosa;
Adriano Sofri traccia un quadro delle carceri italiane tra cronico sovraffollamento e penuria di medici, educatori e assistenti sociali;
Gherardo Colombo racconta di come, dopo 30 anni in magistratura, sia giunto a concludere che la casa della giustizia è la scuola, non il tribunale;
Simona Argentieri, infine, si interroga sul ricorso, in molte sentenze relative a violenze sessuali e femminicidi, a perizie psichiatriche tese ad attenuare la responsabilità degli imputati.
Chiude il numero, per la sezione “Nostra patria è il mondo intero”, un articolo di
Sara Hejazi che ricostruisce i recenti, clamorosi processi per ‘corruzione in terra’ che in Iran hanno già condotto al patibolo diversi imprenditori e che rappresentano il disperato tentativo del vecchio potere di rinnovarsi, con l’unico scopo di provare a rimanere dov’è.