Rudolf Stingel (Merano, 1956) è un artista italiano.
Rudolf Stingel dipinge sia soggetti figurativi che astratti. Secondo il critico d’arte italiano Francesco Bonami le sue opere rappresentano un tentativo di colmare la distanza tra figurazione e astrazione[4]. Rudolf Stingel vive e lavora a Merano e New York.
Affondare le radici nella pittura, trarre linfa da essa, farne germogliare le potenzialità, coglierne i frutti e trasformarli in ingredienti sempre diversi. È questo il processo che innerva la poetica di Rudolf Stingel (Merano, 1956), cui la Fondation Beyeler dedica un focus monografico in perfetto equilibrio tra forma e sostanza, complice un allestimento minimale e pulito, dove le proporzioni delle opere guadagnano il meritato rispetto. Libero da vincoli cronologici, l’itinerario espositivo unisce i puntini di una carriera e di un lessico che trovano nella pittura un elemento di ancoraggio, ma anche un terreno adatto alla sperimentazione. Tele, colori a olio e rimandi figurativi diventano mezzi per dare origine a un vocabolario pittorico nel quale assumono un peso altrettanto rilevante smalto, tulle, celotex, alluminio, polistirolo, tessuto, atmosfere astratte. Del resto, come ha sottolineato il curatore Udo Kittelmann durante la conferenza stampa, le definizioni e la stringente dicotomia tra figurazione e astrazione non sono applicabili all’arte, e agli interessi, di Stingel.
Ad attirare il suo sguardo è invece l’azione del pubblico, e la propria, nei confronti delle opere, entità generate da sequenze di gesti specifici, che necessitano di un interlocutore finale per chiudere il cerchio di un metodo nel quale coesistono inclusione e controllo.
UN DECALOGO DI ISTRUZIONI
Risale al 1989 il primo libro d’artista di Stingel ‒ Instructions –, un decalogo di istruzioni, appunto, per consentire ai lettori di realizzare un dipinto ‘à la Stingel’, seguendo un procedimento ben dettagliato. Eppure, l’originalità dell’opera resta appannaggio dell’artista, unico detentore di tecnica e idea.
Il medesimo approccio si respira fra le sale della Fondation Beyeler, dove interventi da toccare – come il tappeto arancione che riveste una intera parete, echeggiando l’opera site specific presentata sul pavimento della Daniel Newburg Gallery di New York nel 1991 o quella, vermiglio e verticale, esposta alla Biennale di Venezia del 1993, i poderosi pannelli in celotex e alluminio, che spronano le mani a lasciare un segno del loro passaggio, o i tessuti animati dai motivi di un tappeto persiano Sarugh, che fanno affiorare alla memoria il ricordo dell’intervento all over a Palazzo Grassi, in Laguna, nel 2013 – si alternano a opere con le quali è espressamente vietato entrare in contatto.
Dipinti che, in ogni caso, sollecitano la partecipazione di un occhio “curioso e responsabile” – come ci ha raccontato il curatore Kittelmann, unito a Stingel da una conoscenza ventennale –, spinto a interrogarsi sulla tecnica utilizzata o sui rimandi messi in campo fra le opere o, ancora, sulla “bellezza” insita nei suoi lavori.
SOGGETTI E OPERE
L’olio su tela allestito nella prima sala, e datato 2019, declina in pittura una delle fotografie usate dall’artista nel suo libro di “istruzioni” – il soggetto è la pistola a spruzzo necessaria per impregnare di colore il supporto – stimolando, anche stavolta, una sagace interazione con il pubblico. Non ci sono interpretazioni stabilite nei lavori di Stingel, che asserisce di non voler veicolare alcun messaggio aprioristico, e la scelta dei soggetti riflette questo intento. Il trittico floreale dalle cromie accese convive con lo spettro urlante dipinto nel 2015, così come la volpe ispirata da un almanacco trovato in un mercatino delle pulci può affiancare sovrapposizioni di colore astratte o il ritratto quasi fotografico di un paesaggio montano in bianco e nero. Eppure, nonostante la varietà di temi, il filo della coerenza resta intatto, solcando i decenni, la scelta dei materiali e l’alternanza, sempre percepibile, fra slancio vitale e senso di morte. Merito di un controllo vigile, da parte di Stingel, che definisce sin dall’inizio le regole del gioco e che conclude, non a caso, il percorso di visita con una serie di cinque dipinti prodotti ad hoc per la mostra di Basilea, seguendo le famose “instructions” degli esordi. Un cerchio che si chiude, si diceva, e una dichiarazione di poetica che non lascia spazio a dubbi.
‒ Arianna Testino
Riehen // fino al 6 ottobre 2019
Rudolf Stingel
FONDATION BEYELER
Baselstrasse 77
www.fondationbeyeler.ch
FONDAZIONE BEYELER//RUDOLF STINGEL//2019
NOTE SULL-AUTRICE DEL POST
Arianna Testino
Arianna Testino è nata nel 1983. Ha studiato storia dell’arte medievale-moderna a Bologna e si è specializzata nelle arti contemporanee a Venezia. Appassionata di scrittura e curatela, è interessata all’approfondimento e all’ideazione di attività artistiche a carattere pubblico e sociale.
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