Non più, non ancora
IL MANIFESTO DEL 16 MAGGIO 2019
https://ilmanifesto.it/in-un-brasile-diviso-tra-spirito-e-carne/
CULTURA
In un Brasile diviso tra spirito e carne
Narrativa. Il romanzo d’esordio di Francesca Rosso, «Non più, non ancora», uscito per Golem edizioni
Il titolo di questo romanzo di esordio di Francesca Rosso Non più, non ancora(Golem edizioni, pp. 200, euro 16) rimanda a quel tempo che arriva nella vita di ognuno, in cui alcune colonne portanti sgretolandosi sono diventate solo macerie del passato, mentre quelle su cui si fonderà il nuovo presente sono ancora in costruzione. Si tratta di momenti di sospensione che di norma vengono considerati delle perdite di tempo, perché non prevedono l’avvento di niente di significativo, eppure costituiscono le condizioni necessarie perché tutto poi avvenga. È il tempo del bozzolo, della cova. Francesca Rosso lo sa raccontare, costruendo una storia anche originale, quella di una suora, Chiara, che insofferente alla rigidità dell’istituzione ecclesiastica, non perde la fede, anzi, ma neanche si arrende a incastrarla nelle regole asfittiche imposte alle suore.
DI CERTO, uno dei tratti di originalità di questo romanzo è il riferimento a Dio, illustre assente nella maggior parte delle narrazioni italiane contemporanee: qui lo troviamo nelle citazioni di alcuni versetti del Vangelo, nelle preghiere di Chiara, nella fede che vi ripone, che assomiglia molto di più alla ricerca di senso e di sostegno che all’adeguamento a un ordine superiore.
LA FEDE in questo romanzo si connota come l’esercizio di abbandono che Chiara deve fare per accettare i cambiamenti, per sostenere il terrore che accompagna lei come tutti quando ci si trova di fronte a degli imprevisti: l’innamoramento, per esempio, la morte delle persone amate. Anche la certezza di aver trovato la propria strada, senza poter sapere se ciò che si sta rivelando come il desiderio più importante della vita si trasformerà in un progetto o in un’orrenda delusione.
La voce narrante di Chiara racconta lo svolgersi delle sue avventure con il tono schietto che avrebbe una sorella, più che un padre spirituale, così nel romanzo l’ingenuità di chi ha vissuto per decenni nell’isolamento ovattato della vita sororale non è mai disturbante, ma fresca. Quando racconta della voglia di indossare dei jeans, di tingere i capelli, quando descrive il cibo e le bevande brasiliane, il suo impegno per imparare il portoghese. La parabola del percorso della protagonista, infatti, permette al lettore di spostarsi da una scuola superiore romana a un paesino di provincia del Lazio, per approdare in Brasile e in Amazzonia.
A far detonare la voglia di vita della protagonista, che non si limita e non coincide solo col desiderio di liberarsi dalle imposizioni ferree derivanti dalla scelta di farsi suora, ma si realizza nella decisione di aiutare le ragazzine che ne hanno davvero bisogno, a Roma come in Brasile, sono due figure femminili con cui Chiara è in conflitto.
LA PRIMA è sua madre, amata, ma da sempre in contrapposizione con la scelta della figlia di farsi suora e poi la madre superiore, Costanza. Si tratta di un rovesciamento interessante del monito di uccidere il padre per trovare la libertà, coerente con la verità spesso taciuta che le autorità interiori sono sia maschili che femminili.
QUALCHE NOTIZIA SULL’AUTRICE DEL ROMANZO : FRANCESCA ROSSO
FRANCESCA ROSSO
ABOUT ME
Da bambina scrivevo poesie di notte con una lucina sotto le coperte per non svegliare mia sorella. Al liceo mi chiedevo a cosa servissero tutte quelle versioni e ripetevo il mantra “apre la mente” ma non l’ho ancora capito adesso. All’Università mi sono innamorata del film di Pina Bausch Die Klage der Kaiserin e sono partita per 6 mesi di Erasmus nella Ruhr, in Germania, per incontrarla. Mi sono laureata con una tesi su cinema e danza.
Dopo la scuola di giornalismo di Urbino e più di 10 anni da copywriter ho scritto Cinema e danza, storia di un passo a due per UTET Università.
Ho scoperto che un buon vino su un buon cibo creava qualcosa di speciale sono diventata sommelier AIS e ho seguito corsi professionali di cucina.
Ho scritto Zuppe, zucche e pan di zenzero, la cucina mostruosa di Tim Burton per Il leone verde.
Adoro studiare: ho un master in mediazione culturale e religiosa che mi ha portato a Londra alla Tony Blair Faith Foundation e al Festival Religion Today di Trento e un dottorato sulla dimensione comunicativa della danza nel cinema di Bollywood degli ultimi 20 anni. Il lavoro è stato pubblicato da Aracne: La danza nel cinema di Bollywood.
Per fare ricerca sul campo ho vissuto 3 mesi a Mumbai e uno in giro per l’India. Ho scritto Bollywood Party, blog e-book per La Stampa, il giornale con cui collaboro.
Danzo da sempre e mi piacciono tutte le pratiche di movimento. Dal 2005 pratico yoga e dal 2016 sono diventata istruttrice. Conduco seminari di consapevolezza corporea.
Nel 2009 è arrivata l’odissi, stile classico indiano e quando possibile, vado a studiare a Bhubaneshwar. Il trio con cui danzo si chiama Kalinga.
Nel 2018 ho iniziato a meditare grazie al protocollo MBSR (Mindful based stress reduction) e sto frequentando un master alla Sapienza per poter condividere con altre persone il benessere che viene dal lasciar fluire.
Non più, non ancora (marzo 2019), Golem edizioni, è il mio primo romanzo.