3 maggio 2019
Zen
zèn
SIGNIFICATO ::: Forma di Buddhismo giapponese, derivante dal Buddhismo chán cinese dal giapponese zen, a sua volta dal cinese chán, a sua volta dal sanscrito ध्यान dhyāna ‘meditazione, pensiero, riflessione’.
Dopo aver scelto la parola da proporre questa settimana, ho deciso di fare una veloce ricerca on line, scrivendo su Google “giardino zen”. I risultati son tantissimi (più di sette milioni, stando a quanto dice il motore di ricerca): “come fare un giardino zen”, “la filosofia del giardino zen”, “il perfetto giardino zen”… peccato che il giardino zen non esista.
Mi spiego meglio: nell’immaginario occidentale è zen tutto ciò che rimanda alla meditazione orientale, alla quiete, alla pace, eppure il significato di questa parola è ben definito. La dicitura “giardino zen” è impropria, perché presuppone che questa tipologia di giardino (più precisamente, in giapponese, karesansui, ovverosia “natura secca”) sia propria dei luoghi adibiti al culto del Buddhismo zen. Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire, prima di tutto, cosa vuol dire zen.
Le scuole del Buddhismo zen (giapponesi) derivano da quelle del Buddhismo chán (cinesi), che a loro volta sarebbero state fondate dalla leggendaria figura di Bodhidharma, monaco indiano. Il perno del Buddhismo zen è la meditazione in sé, che non deve concentrarsi su alcun oggetto: essa porterebbe a una sorta di epifania, un’illuminazione improvvisa, il satori, il risveglio spirituale di chi pratica il Buddhismo zen.
Il Buddhismo, com’è noto, nacque con gli insegnamenti di Siddharta Gautama tra il quinto e il sesto secolo. Il luogo è l’India, perciò non c’è da sorprendersi per quanto riguarda la nascita del Buddhismo chán cinese per mano dell’indiano Bodhidharma e, di conseguenza, delle radici indiane del Buddhismo zen giapponese. Rimane però da chiarire il termine: zen è la pronuncia, in giapponese, del kanji 禅, il quale viene però trascritto dal cinese come chán.
Spiegate quindi le denominazioni di Buddhismo zen e Buddhismo chán, rispettivamente in Giappone e in Cina. E il sanscrito? Tornando a Bodhidharma, chán sarebbe la resa fonetica dell’antico indiano ध्यान (dhyāna, ‘meditazione, pensiero, riflessione’). Sarebbe inutile addentrarsi più nel dettaglio e facendo considerazioni specifiche, come il fatto che in cinese medio la pronuncia del termine non era proprio chán, ma più simile al giapponese zen: basti ricordare il viaggio della parola, che partita dall’idea indiana di meditazione, passando per la Cina, è approdata in terra nipponica, e da lì è giunta fino a noi; diversa, certo, ma velatamente pregna della sua antica sacralità.
Tornando a bomba, i karesansui sono splendide espressioni della magnifica arte del giardinaggio giapponese. Curatene uno, se volete, e coltivateci il vostro zen; l’importante è la consapevolezza riguardo alla loro natura: belli, sì; zen, direi di no.
Mauro Aresu, giovane studente di Lettere classiche, a venerdì alterni ci racconta una vicinanza fra italiano e sanscrito.
Bravo Mauro, ho apprezzato il tuo campionario di termini sanscriti, fino a samadhi di qs venerdì 23 ago ’19, sono ottimista, aspetto un nuovo ciclo di parole, saluti
anche noi, come te, caro Alberto, apprezziamo molto Mauro Aresu, oggi è venerdi’, forse lo fa un venerdì sì e uno no, adesso andiamo a vedere…ciao, a-rivederci, chiara per il blog