DANIELE SANTORO, LIMESONLINE 1° APRILE 2019 :: Erdoğan ha perso Istanbul e Ankara. Non la Turchia

 

LIMESONLINE DEL 1° APRILE 2019

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Erdoğan ha perso Istanbul e Ankara. Non la Turchia

Carta di Laura Canali, 2016.

Carta di Laura Canali.

 

Nonostante alcune sconfitte simboliche, il divario tra l’Akp e l’opposizione rimane ampio. Ma per riallargarlo ora il Sultano promette di “risolvere la questione siriana sul campo”.

di Daniele Santoro

Le vittorie di Ekrem İmamoğlu (Chp) a İstanbul e del lupo grigio Mansur Yavaş ad Ankara sono eventi storici. A 25 anni di distanza dal primo successo di Melih Gökçek, il sistema di potere erdoğaniano perde la capitale. Di più: il sultano vede sfuggire di mano per poche migliaia di voti il gioiello della sua corona neo-ottomana.

 

 

 

Immagine correlataCARTA GEOGRAFICA DA INTERNET CON SEGNATE ALCUNE CITTA’ DELLA TURCHIA –per seguire il testo…

 

 

 

Sono sconfitte dall’impatto simbolico notevolissimo. E dalle conseguenze imprevedibili, stante la riluttanza di Erdoğan e dei suoi a concedere vittoria all’opposizione in quel di İstanbul. Situazione aggravata dal fatto che la Millet İttifakı (Alleanza della nazione) di Akşener e Kılıçdaroğlu ha sottratto alla Cumhur İttifakı (Alleanza del popolo) di Erdoğan e Bahçeli altre tre grandi città: AntalyaAdana e Mersin, tutte sulla costa mediterranea. Oltre a una manciata di città minori. A eccezione di Balıkesir, tutte le municipalità che affacciano sull’Egeo e sul Mediterraneo sono oggi governate dall’opposizione. Affiancando Ankara, BoluBilecik e Kırşehir al feudo di Eskişehir, la Millet İttifakı controlla inoltre uno strategico blocco medio-anatolico.


In termini assoluti, tuttavia, il divario tra governo e opposizione rimane molto ampio. Erdoğan e Bahçeli continuano a governare 50 municipalità, contro le 21 di Akşener e Kılıçdaroğlu. Malgrado una gestione non perfetta dell’alleanza, ad esempio a Kırşehir, feudo conservatore finito al Chp dopo la decisione di Ak Parti e Mhp di presentare ciascuno dei propri candidati. La Millet İttifakı ha ridotto la distanza dalla Cumhur İttifakı rispetto al -20 delle elezioni parlamentari dello scorso anno. Ma il gap resta nell’ordine dei 14 punti. Circostanza notevole considerando che Erdoğan governa il paese da oltre 16 anni, la disoccupazione è al 12%, l’inflazione al 20%, la lira sull’orlo di una nuova crisi e l’economia praticamente in recessione.


Nonostante le sconfitte nelle grandi città e a İstanbul, dunque, questa tornata elettorale difficilmente avrà notevoli conseguenze politiche. Anche perché nelle vittorie dell’opposizione è stato decisivo il silenzioso sostegno dellHdp, che non avendo speranze di eleggere propri candidati al di fuori delle città curde ha fatto convergere i propri voti sugli uomini del Chp e dell’İyi Parti. Dinamica non riproducibile nelle elezioni parlamentari e presidenziali.


Conviene dunque concentrarsi sulle conseguenze geopolitiche del voto. Perché ce ne sono. L’Hdp ha vinto a Kars e a Mardin. Nel 2014 la prima era stata conquistata dall’Mhp, la seconda da un indipendente dell’Ak Parti. Rivolgimenti che costituiscono la conseguenza diretta delle dinamiche geopolitiche intervenute nell’ultimo quinquennio (nel 2014 era ancora in corso il “processo di soluzione” della questione curda). Vittorie tutto sommato prevedibili.


Molto meno prevedibile è stato invece il successo della Cumhur İttifakı ad AğrıBitlis e Şırnak, nello heartland curdo. Così come quello del Partito comunista di Turchia (Tkp) a Tunceli. Ad Ağrı l’Ak Parti aveva vinto anche nel 2014, ma con un margine così esiguo (0,3) che il passaggio di consegne con l’Hdp sembrava inevitabile. Erdoğan ha invece rifilato venti punti di distacco ai “curdi”. Ancor più notevole il successo di Bitlis, dove la Cumhur İttifakı ha staccato di dieci punti l’Hdp, vincitore nel 2014.


Molto rilevante, infine, il successo che Erdoğan e Bahçeli hanno ottenuto a Şırnak. Nel 2014 il candidato curdo aveva vinto di 30 punti, ieri il candidato conservatore ha distanziato il rivale dell’Hdp di 27 punti, attestandosi sopra al 61%. Percentuale da Anatolia profonda. Alle presidenziali Erdoğan si era fermato al 21%.


Şırnak è una città strategica. Giace all’intersezione delle sfere di influenza di Barzani e del Pkk. È in territorio turco, ma i clan locali sono legati alla struttura tribale del Nord dell’Iraq. Congiunge Bassa Anatolia e Alta Mesopotamia. È all’intersezione tra Turchia, Siria e Iraq. La sua conquista vale quella di Afrin. Perché sostanzia i propositi post-elettorali del sultano, il quale alla vigilia del voto aveva messo in chiaro che “la prima cosa che faremo dopo le elezioni sarà risolvere la questione siriana: non al tavolo, sul campo”. Ambizione che i risultati di Ankara e İstanbul hanno mutato in necessità. Anche elettorale.

 

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