REPUBBLICA DEL 5 MARZO 2019 –pag. 12
La corsa alle elezioni europee
“Sospendiamo Orbán” Il Ppe vota il 20 marzo contro il leader sovranista
Alberto D’Argenio,
VIKTOR ORBAN– ( Székesfehérvár, 1963 ), E’ PRIMO MINISTRO DELL’UNGHERIA DAL 2010
Dal nostro corrispondente
Bruxelles
È la sospensione la mossa del cavallo allo studio dei vertici del Partito popolare europeo per disarmare Viktor Orbán. Un congelamento di Fidesz, il partito del premier illiberale ungherese, fino alle europee. Un modo per tenere compatto il Ppe e non regalare ai sovranisti una vittima perfetta da spendere in campagna elettorale. La decisione finale non è ancora presa, ma questo è il progetto al quale in queste ore di fitte consultazioni stanno lavorando a Bruxelles i capi dei popolari, la fazione egemone in Europa che raggruppa i grandi partiti del centrodestra, dalla Cdu tedesca a Forza Italia passando per il Pp spagnolo.
Joseph Daul (Strasburgo, 1947)—dal 9 gennaio 2007 è presidente del gruppo del Partito Popolare Europeo – Democratici Europei al Parlamento europeo.
Ieri il presidente del Ppe, Joseph Daul, ha annunciato che «dodici partiti di nove differenti Paesi hanno chiesto l’esclusione o la sospensione di Fidesz». Dunque l’iniziativa partita giovedì dagli scandinavi ha colto nel segno e a firmare la richiesta che ieri ha portato alla procedura formale di espulsione sono stati anche i greci di Nea Demokratia, belgi, olandesi, lussemburghesi e portoghesi. «Tenere dentro Orbán per contenerlo non funziona più», spiegava l’europarlamentare svedese Anna Maria Corazza-Bildt, tra i promotori della campagna. Da anni Orbán è nel mirino delle forze moderate dei popolari per le sue politiche illiberali e xenofobe e le accuse di frodi sui fondi Ue. La situazione si è aggravata nell’ultima settimana con il lancio di una campagna contro il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, anch’egli del Ppe, e George Soros.
La decisione ci sarà il 20 marzo dall’Assemblea politica dei popolari composta da 260 delegati di tutta Europa. Sarà traumatica, visto che fino a oggi il Ppe ha preferito tenere dentro il teorico della democrazia illiberale per garantirsi la sua dozzina di eletti a Strasburgo. Orbán, peraltro, è ancora difeso da delegazioni di peso, come quelle di Forza Italia, del Pp spagnolo, dei francesi e degli austriaci.
In queste ore, spiegano autorevoli fonti del Ppe, per evitare scissioni (post voto) i vertici del Ppe stanno lavorando a un documento da votare il 20 marzo che prevede la sospensione di Fidesz. La sanzione dovrebbe essere di tre mesi e la riammissione a pieno titolo sarebbe subordinata a una serie di durissime condizioni. Altrimenti, dopo le elezioni, scatterebbe l’espulsione automatica di Orbán. Ad esempio, fine della crociata contro la Central European University di Soros, ritiro delle leggi contro le Ong, stop alla campagna contro Bruxelles e avvio di un’inchiesta sulle malversazioni legate ai fondi Ue. «Sono condizioni talmente dure — spiega una fonte del Ppe — che Orbán sarà costretto a lasciare immediatamente il partito». Sarebbe un terremoto politico in vista delle elezioni del 26 maggio e soprattutto per gli equilibri successivi al voto. Non a caso ieri Salvini ribadiva di stimare «enormemente» il premier ungherese.
Jarosław Aleksander Kaczyński (Varsavia, 1949) è un politico polacco. È il presidente del partito Diritto e Giustizia (in polacco: Prawo i Sprawiedliwość, PiS) di cui è il cofondatore (2001)–Le opinioni politiche di Kaczyński si distinguono per uno spiccato conservatorismo e ultrapatriottismo che sfocia nel nazionalismo e in politiche restrittive delle libertà democratiche. Jarosław, come il fratello, è piuttosto mal disposto verso i vicini della Polonia. Si tratta soprattutto della Germania e Russia, nazioni alle quali rimprovera il mancato riconoscimento di quelle che chiama “colpe storiche” nei confronti della Polonia. Il suo governo sostiene le tendenze indipendentiste e antirusse in Ucraina e Bielorussia mantenendo stretti contatti politici con gli USA nel contesto dell’Alleanza Atlantica.
Che però in caso di addio ai popolari potrebbe unirsi ai Conservatori guidati dall’altro uomo forte di Visegrad, il polacco Jaroslaw Kaczynski. Ma se alla fine Conservatori e sovranisti di Salvini stringeranno un’alleanza che tenga dentro tutta l’ultra destra europea, il risultato per il leader del Carroccio sarebbe lo stesso.
Sanzione di tre mesi per il leader ungherese E condizioni durissime “Alla fine uscirà lui”
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