REPUBBLICA DEL 5 MARZO 2019 –pag. 7
L’analisi
La fotografia dei Democratici
Più di sinistra e istruito ecco come cambia il popolo dei gazebo
Ilvo Diamanti
Il “popolo del Pd” ha risposto anche questa volta al richiamo delle Primarie. Il “rito fondativo”, l’aveva definito Arturo Parisi.
Teorico del passaggio dall’Ulivo dei partiti al Partito dell’Ulivo.
Cioè: il Pd. Anche se parlare di Primarie, in questo caso, è improprio, visto che servono a scegliere il segretario di partito. E non ci saranno… Secondarie.
Le Primarie del Pd, comunque, si sono rivelate ancora in grado di mobilitare oltre un milione e mezzo di persone. Quasi come nel 2017. Militanti, iscritti, simpatizzanti, elettori. Interessati all’iniziativa, per motivi diversi.
Tanti, indubbiamente, in un’epoca nella quale la partecipazione politica appare in declino. Soprattutto quando si fa riferimento all’impegno espresso sul territorio e nella società. In modo “visibile”. E non im-mediato. Cioè senza mediatori e mediazioni. Domenica, invece, tante persone sono uscite di casa per recarsi alle urne. Per votare il segretario. Ma, soprattutto, per testimoniare il loro impegno e la loro adesione. Insomma, per mostrare e dimostrare che la partecipazione ha senso anche nell’epoca della democrazia del pubblico. Dove la politica si svolge soprattutto sui media. In televisione. Oppure, in rete, attraverso il digitale. Potremmo dire che le Primarie testimoniano la resistenza dei “partiti di massa”, all’origine del Pd. Dove le “masse” non descrivono tanto un dato quantitativo, ma storico e biografico. Il “partito di massa”, infatti, delinea soggetti politici fondati su identità storiche radicate. Attraverso organizzazioni presenti e attive sul territorio. Capaci di mobilitare le persone. Com’è avvenuto domenica. Appunto. Anche se il dato conferma un calo costante, nel corso del tempo. Nel 2007, la prima volta in cui si sono tenute le Primarie del Pd, si recarono ai seggi 3,5 milioni di persone; 3,1 milioni nel 2009 e 2,8 nel 2013.
Infine: 1,8 nel 2017. Anche in questa occasione abbiamo assistito ad una partecipazione ampia, visto il clima del tempo.
Segnato da delusione e disincanto. Soprattutto nei territori della Sinistra — e del Centrosinistra. Domenica, in tutte le aree geopolitiche ha prevalso, largamente, Nicola Zingaretti.
Con oltre il 66% dei voti (dati You Trend). Mentre Maurizio Martina ha superato il 20% e Roberto Giachetti il 10%. L’indagine condotta da “Candidate & leader selection” conferma il profilo socio-demografico e culturale emerso nelle precedenti occasioni. Gli elettori delle Primarie si presentano, infatti, prevalentemente anziani: il 40% con oltre 65 anni. Più del 60% con più di 55. Per contro, solo il 15% di essi ha meno di 35 anni. È un “popolo di pensionati”: quasi il 40%. Molto istruiti. Più che nel passato. L’84% ha un titolo di studio elevato. Tuttavia, per motivi “generazionali”, i giovani e gli studenti restano pochi. È, invece, interessante osservare come il “popolo delle Primarie” abbia cambiato orientamento politico. Si è, infatti, spostato, maggiormente a Sinistra: 41%.
Rispetto al 2017: 7 punti in più.
Mentre si è ridotto, di poco, il peso di coloro che si collocano al Centro. D’altronde, come osservano Stefano Rombi e Fabio Serricchio, coordinatori dell’indagine che proponiamo in questa pagina, gli elettori delle Primarie democratiche si dichiarano apertamente europeisti, aperti all’accoglienza degli immigrati e all’apertura delle frontiere. Il successo di Zingaretti si spiega anche così.
Perché interpreta e rappresenta domande e valori che fanno esplicito riferimento a “sinistra”.
Non per caso, in questa occasione, ha partecipato anche una componente significativa di elettori che un anno fa avevano votato LeU.
Più in generale, queste primarie confermano come il Pd, erede della tradizione politica espressa dai “partiti di massa” di Centrosinistra, non possa rinunciare al rapporto con il territorio. Non possa personalizzarsi al punto di diventare un “partito personale”.
Che risolve il rapporto con la società attraverso i social. Un tweet e via. Per questo, il PdR ha costituito un’esperienza innovativa, allargando, in un primo tempo, i consensi del partito. Ma ha, in seguito, allentato i legami con i propri riferimenti sociali e di valore. Con il “popolo” che sabato, a Milano, ha marciato contro il razzismo.
Con il “popolo” che domenica è uscito di casa per recarsi a votare. Perché fare politica sui media riduce le persone a “pubblico”. E affidarsi prevalentemente ai “social” allarga la comunicazione. Ma allontana la “società”. E, dunque, allontana il Pd dalla società.
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