IL FATTO QUOTIDIANO DEL 20 FEBBRAIO 2019 –pag. 18
“Lo Stato deve attirare capitali esteri, non fare il tappabuchi”
La recente scelta della Cassa depositi e prestiti di stringere la presa su Tim è irrazionale. L’ennesimo intervento politico spot con cui si avalla il ruolo di tappabuchi della cassaforte dei risparmi postali. Su questo non ha dubbi Luigi Zingales, professore di Economia all’Università di Chicago, ex consigliere Tim.
Professor Zingales, Cdp va verso il raddoppio su Telecom, che succederà?
In Telecom ho imparato una cosa: non fare previsioni. A Cernobbio, l’anno scorso, ho dibattuto con Davide Serra sulla questione e lui, da grande investitore diceva che Cdp faceva bene a investire su Tim. Ora vorrei un nuovo confronto, dato che l’investimento non ha fatto granché bene. Non alla Cassa e neanche alla collettività: abbiamo buttato oltre 100 milioni.
Eppure Cdp ha rilanciato.
Non si capisce esattamente quale sia la funzione di questo investimento, se non di ostacolare Vivendi. Ora, secondo me, se questo è in funzione antifrancese, è un grosso errore. Se è in funzione anti Bolloré, perché pensiamo che Bollorè possa danneggiare la società, non è in questo modo che un governo si protegge. Magari può nominare delle persone alla Consob che facciano il proprio dovere.
Che senso ha che Cdp investa in una società proprietaria di una rete obsoleta, indebitata e sotto contenzioso, proprio mentre sta creando una sua azienda per la fibra?
Prima di tutto dobbiamo domandarci che obiettivi ha la Cassa, perché da impresa che faceva prestiti alla pubblica amministrazione è diventata un po’ la banca d’investimento dei vari governi: dal governo Renzi a quello Conte passando per Gentiloni e prima ancora per Tremonti, c’era questa idea che la Cdp dovesse finanziare tutta l’Italia. Si può anche pensare che in certe situazioni ci possa essere un intervento dello Stato. Però deve essere circoscritto, spiegato, giustificato. Mi sembra che invece qui siamo all’intervento politico spot senza una strategia di lungo periodo.
Cdp non può investire in società decotte ma Tim, pur non decotta, ha margini di manovra molto stretti.
Più che una scelta azzardata la trovo non spiegata. Uno può anche prendere dei rischi se fa ciò parte di una strategia razionale. A me pare che non ci sia una strategia se non quella di difendere la proprietà italiana. Non mi sembra una ragione legittima per impegnare così tanti soldi e quindi mi pare una scelta irrazionale prima ancora che avventata. L’idea di creare una società della rete separata dalla società di servizi della telefonia può avere una sua logica. Non mi pare sia questo il modo di farla.
Se Cdp sbaglia, che cosa rischia lo Stato?
La Cdp deve onorare i depositi che le sono affidati. Se ci sono grosse perdite, lo Stato rischia di doverle ripianare, perché c’è una garanzia dello Stato su quei depositi. È una situazione a rischio. La Cdp è partita con un enorme vantaggio perché, in pochi lo sanno, quando è stata creata le hanno messo in pancia una serie di titoli di Stato italiani a valore nominale ma di titoli emessi negli Anni 90 con tassi molto elevati. Inizialmente la redditività della Cassa è stata ottenuta con questo trucco. Legale, ma un trucco. Adesso questi titoli stanno venendo a scadenza o sono scaduti, per cui è più difficile ottenere una buona redditività.
Quale può essere la funzione adeguata di Cdp?
Non può che essere residuale. Bisognerebbe innanzitutto fare in modo che i capitali stranieri e quelli italiani possano essere investiti in Italia con sicurezza. Dopodiché se ci sono dei settori in cui ci sono chiari fallimenti di mercato (ovvero dove il mercato non riesce a fornire le risorse sufficienti), ma c’è un beneficio collettivo, allora potremmo anche utilizzare la Cdp. Però dopo che si è fatto tutto il resto, invece qui mi sembra che si utilizzi la Cdp come il tappabuchi senza una logica coerente e senza aver attirato i capitali e fatto tutto il resto.
Come valuta il ritorno dello Stato imprenditore?
Lo Stato italiano ha enormi difficoltà anche a fare cose più semplici. Che si metta a fare l’imprenditore mi sembra una cosa molto rischiosa. Su Alitalia: sono sufficientemente vecchio per ricordare il principio di Salvarani che quando stava fallendo, assumeva perché in questo modo si garantiva che l’impresa non sarebbe mai stata liquidata.