+++ ROBERTO SAVIANO, ” Dietro la sentenza di New York — Il triangolo dei pentiti che ha segnato il destino del Chapo “. REPUBBLICA DEL 16 FEBBRAIO 2019, pag. 13

 

Risultati immagini per CARTEL DE SINALOA

Estensione del cartello dove ha una forte predominanza sino a oggi--2008

Il cartello di Sinaloa o cartello del Pacifico o organizzazione Guzmán-Loera è un cartello di trafficanti di droga messicani che opera nello Stato di SinaloaSonora e Chihuahua. Gestisce un traffico di droga che negli ultimi anni ha incominciato a estendersi anche in Europa (Francia, Regno Unito e Paesi Bassi), nel 2011 sono stati arrestati 3 presunti esponenti del cartello a Lipa City nelle Filippine per traffico di metanfetamine.

Il capo del cartello è attualmente Ismael Zambada García e prima di lui furono Joaquín Guzmán e Héctor Luis Palma Salazar ora entrambi in carcere. Gestiscono il traffico di droga colombiano, la marijuana messicana e l’eroina messicana e del sud-est asiatico. Sono anche produttori di oppio e marijuana. Alla fine degli anni ottanta la DEA americana credeva che il cartello del pacifico fosse la più grande organizzazione trafficante in droga operante in Messico. A metà degli anni novanta si credette fosse per dimensioni più grande il cartello di Medellín. Si pensa sia collegato con il Cartello di Juárez, in un’alleanza strategica seguendo l’alleanza dei loro rivali: il Cartello del Golfo e il Cartello di Tijuana.

La United States Intelligence Community la considera l’organizzazione più forte al mondo nel traffico di droga anche per il suo giro d’affari che si estende in tutti e 5 i continenti: AfricaAmerica meridionaleAsia e Australia

 

 

REPUBBLICA.IT // 16 FEBBRAIO 2019  –pag. 13

https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/flipperweb.html?testata=REP&issue=20190216&edizione=nazionale&startpage=1&displaypages=2

 

Risultati immagini per la cattura di el chapo foto?

LA CATTURA DI EL CHAPO

 

L’analisi

Dietro la sentenza di New York

Il triangolo dei pentiti che ha segnato il destino del Chapo

Per la prima volta i Cartelli della droga hanno ammesso e forse facilitato la collaborazione di uno di loro: per sbarazzarsi di un capo scomodo

ROBERTO SAVIANO

 

L’assistente procuratore Adam Fels, in apertura del processo contro Joaquín “El Chapo” Guzmán, ha detto che i carichi sequestrati dalle autorità statunitensi al Cartello da lui comandato ammontano «a più di una striscia di cocaina per ogni singola persona negli Stati Uniti». Un’immagine che rende bene il potere di questo boss della droga da 14 miliardi di dollari.

I procuratori speravano in una sentenza importante per Guzmán, una delle figure più potenti del crimine organizzato nel mondo. E martedì l’hanno ottenuta: è stato ritenuto colpevole di 10 capi d’accusa. È molto probabile che trascorrerà il resto della sua vita in prigione.

Le prove mostrate dalla Procura e le dichiarazioni dei 56 testimoni che si sono susseguiti davanti alla corte in tre mesi di processo hanno fatto emergere i più disparati dettagli sulla vita e i crimini dell’imputato: da quelli più salaci, come lo spyware utilizzato dal Chapo per controllare i suoi uomini ma soprattutto le sue amanti attraverso i telefoni cellulari; a quelli più macabri, come l’omicidio di un uomo del Cartello rivale, seppellito ancora vivo per ordine di Guzmán; fino ai più politicamente compromettenti, come la mazzetta da 100 milioni di dollari che il Chapo, secondo un suo ex braccio destro divenuto collaboratore del governo Usa, avrebbe pagato l’allora presidente eletto Enrique Peña Nieto per evitare la cattura. Ma non è né per la caratura criminale del personaggio né per le rivelazioni esplosive (vere o presunte) che questo processo rappresenta un turning point nella storia del narcotraffico e delle mafie. Ciò che questo processo a mio avviso ha rivoluzionato per sempre è il rapporto tra gruppi criminali e pentiti.

Sino ad oggi i collaboratori di giustizia sono stati visti dalle organizzazioni criminali come imperdonabili traditori: in ogni mafia, infatti, l’omertà è presupposto fondamentale per preservare intatti gli affari e la struttura dell’organizzazione, ma è anche la regola su cui si misurano l’affidabilità e l’onore di un affiliato. Nessuno può pensare di ottenere rispetto criminale se “canta”. Il tradimento è sempre stato punito con la morte, del delatore o dei suoi parenti. Totò Riina ordinò di uccidere tutti i pentiti e i loro parenti fino alla settima generazione, senza risparmiare i bambini. Uno degli assassini più barbari compiuti da Cosa Nostra nel 1996 fu quello del piccolo Giuseppe Di Matteo: rapito quando aveva solo 12 anni, fu tenuto prigioniero per oltre due anni, poi strangolato e sciolto nell’acido perché suo padre, Santino, era diventato collaboratore di giustizia e stava facendo rivelazioni sulla strage di Capaci. Uccidere il parente del delatore ha la doppia funzione di punire il traditore e di avvisare tutti gli altri affiliati che questo è quello che capiterà a chi seguirà il suo esempio. Questa prassi era tipica anche dei Cartelli del narcotraffico messicani. Un esempio fra tutti è la storia dei gemelli Margarito e Pedro Flores, i principali distributori di droga del Cartello di Sinaloa negli Stati Uniti: nel 2009, circa un anno dopo l’inizio della loro collaborazione con le autorità americane, il padre fu rapito e, presumibilmente, ucciso in Messico. Il suo corpo non venne mai ritrovato, ma sul luogo del rapimento venne trovato un messaggio che confermava che era stato sequestrato perché i suoi figli erano delle spie.

Allo stesso tempo, per un boss avere anche un solo parente — anche acquisito, anche lontano — divenuto collaboratore è sempre stata una macchia indelebile, tale da porre fine alla sua carriera nell’organizzazione e da procurare immensa vergogna a tutta la famiglia.

Dal processo del Chapo emerge un cambiamento epocale: ora i membri dell’organizzazione possono collaborare con le forze dell’ordine senza che questo determini punizioni o conseguenze per i loro familiari.

Risultati immagini per Jesús Zambada García "El Rey" de Vicente Zambada Niebla "El Vicentillo", FOTO?,

“El Mayo” Zambada, el único de los líderes originarios del Cártel de Sinaloa.

 

 

Risultati immagini per Jesús Zambada García "El Rey" FOTO?

Jesús El Rey Zambada García, hermano del Mayo Zambada testifico contra El Chapo este miercoles

 

Vicente Zambada Niebla.

FIGLIO DI ISMAEL ZAMBADA GARCIA, DETTO ” EL VICENTILLO ”

 

Due dei testimoni più importanti al processo, infatti, sono stati Jesús Zambada García “El Rey” e Vicente Zambada Niebla “El Vicentillo”, rispettivamente fratello e figlio di quello che era il socio del Chapo Guzmán e che oggi è considerato il reggente del Cartello di Sinaloa, Ismael Zambada García, meglio noto come “El Mayo”.

Immagine correlata

 Emma Coronel Aispuro (C), moglie di Joaquin ‘El’ Chapo Guzman, e Eduardo Balarezo, avvocato di difesa

 

Il Cartello di Sinaloa, infatti, è stata una diarchia governata da El Mayo e El Chapo fino all’arresto di quest’ultimo. Ebbene, nonostante suo fratello e suo figlio, cioè il sangue del proprio sangue, stiano collaborando con il governo americano, rivelando informazioni dettagliate sui traffici, sui guadagni e sulla corruzione delle forze dell’ordine, El Mayo continua a comandare il Cartello. Non solo, ma né lui né la sua famiglia hanno subíto ritorsioni dagli altri membri del gruppo. Come è possibile? Semplice: i narcos messicani hanno capito che la collaborazione dei propri uomini con la giustizia americana è da considerare una scelta legittima non solo per i vantaggi personali cui porta — come le riduzioni di pena o la protezione che si guadagna — ma perché, se gestita bene, non distrugge l’organizzazione, e anzi, in alcuni casi può essere utile per difendere i propri patrimoni e portare vantaggio all’uno o all’altro boss. È questa la strategia che potrebbe esserci dietro la collaborazione dei parenti del Mayo. In particolare, la testimonianza di Vicente Zambada è stata letta da molti come un tradimento di un figlio verso suo padre, ma potrebbe nascondere invece un atto di estrema lealtà e sottomissione nei suoi confronti.

L’analisi del narcotraffico messicano degli ultimi anni mi ha portato a sostenere quella tesi secondo cui dietro la cattura di Joaquín Guzmán potrebbe esserci stata la longa manus del Mayo, il socio di sempre abituato ad agire nell’ombra, il quale, stanco di tutta quell’attenzione mediatica che avrebbe portato inevitabilmente il Cartello alla rovina, lo avrebbe tradito facilitando il suo arresto (una tesi che è stata sfruttata furbescamente dagli avvocati del Chapo per costruire l’impalcatura della difesa e far passare il loro assistito come un capro espiatorio).

In quest’ottica, anche la testimonianza del Vicentillo al processo del Chapo sarebbe da inquadrare nel piano di suo padre, che da latitante starebbe tirando i fili di tutto. La collaborazione del Vicentillo con le autorità americane, che è stata fondamentale nella strategia dell’accusa, non sarebbe un segno di debolezza o un rischio per suo padre, quindi, ma sarebbe semplicemente il prezzo che il Mayo deve pagare per poter vedere il Chapo chiuso per sempre in una cella, a migliaia di chilometri di distanza da Sinaloa.

Le informazioni che Vicente Zambada ha fornito non distruggeranno gli affari del Cartello, ma potranno contribuire a un cambio al vertice in favore di suo padre.

LA PISTOLA DI EL CHAPO CHE COSTA VARI MILIONI DI DOLLARI CON L’IMPUGNATURA DI DIAMANTI

 

La collaborazione di giustizia è uno strumento fondamentale per fermare i Cartelli, ma il rischio è che ora i narcos abbiano capito come, pur rivelando delle verità, si possa mantenere il potere del proprio gruppo criminale. Questa nuova strategia non sarà solo un episodio circoscritto a questo processo, perché riguarda una delle regole fondamentali delle mafie di tutto il mondo, quella dell’omertà, per cui non sono ammesse deroghe occasionali: non può accadere che un mafioso per una volta possa tradire senza ricevere ritorsione e che poi si torni al normale rispetto della regola. O si punisce sempre o, se non si punisce, è perché lo si è deciso e si vuole cambiare la regola. Se il più grande Cartello del narcotraffico del mondo iniziasse a tollerare tradimenti di questo genere, perderebbe ogni credibilità agli occhi degli affiliati e dei rivali, sarebbe il caos, e quindi la fine.

Che il figlio di un leader del cartello di Sinaloa si penta lasciando saldo il potere del padre e intatta la forza dell’organizzazione significa che è nata una nuova regola.

Dopo aver intervistato diversi pentiti di mafia, ho imparato a capire che la modifica delle regole basilari non avviene mai per scelta di un solo boss, ma deve essere condivisa dai vertici della propria e delle altre organizzazioni. Se El Mayo avesse preso questa decisione in autonomia, gli altri clan — o persino i suoi stessi affiliati — sarebbero stati pronti a brandire il pentimento di suo figlio per sostituirsi al suo potere.

Come già è accaduto in Italia in passato: Carmelo Novella, il capo della ‘ndrangheta in Lombardia, fu ucciso nel 2008 perché aveva iniziato a concedere nuove “doti” (i gradi dell’organizzazione) senza chiedere l’autorizzazione agli altri boss, come la regola ‘ndranghetista imponeva. Dal momento che il Mayo non ha subìto alcuna ritorsione, sembra evidente che la mafia messicana ha accettato la sua scelta, avendo capito che tollerare la collaborazione con lo Stato dei propri affiliati può essere conveniente per il futuro di tutti i cartelli.

La sentenza per El Vicentillo è attesa tra poche settimane: per via della sua collaborazione, otterrà una pena ridotta e la garanzia della protezione per la sua famiglia, mentre suo padre potrà riprendere il pieno controllo del Cartello senza il fastidio del Chapo, il quale sarà rinchiuso per sempre in una cella degli Stati Uniti.

Del resto, l’obiettivo del governo americano era assicurare il narcotrafficante Joaquín Guzmán alla giustizia: per ironia della sorte i narcos più potenti di Sinaloa fuori dal carcere hanno lo stesso obiettivo. Eterogenesi dei fini. –

Copyright The New York Times news service

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *