LIMESONLINE DEL 5 MARZO 2013
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Hugo Chávez, il presidente della rivoluzione incompiuta
Hugo Chavez durante un comizio nel 2003. Foto di ANDREW ALVAREZ/AFP/Getty Images.
5/03/2013
IL MONDO OGNI SETTIMANA Il presidente del Venezuela è morto nel pomeriggio di martedì dopo aver lottato contro il cancro. Una sintesi della sua vita e della sua eredità politica.
Il presidente del Venezuela Hugo Chávez è morto martedì 5 marzo alle 16.25 ora locale presso l’ospedale militare di Caracas. Lo ha annunciato
in lacrime il vicepresidente Nicolás Maduro.
Era tornato in patria lunedì 18 febbraio da Cuba,
dove era stato operato per la quarta volta nel dicembre 2012;
nel 2011 aveva dichiarato di essere malato. Anche se i dettagli
della sua malattia non sono mai stati rivelati, si ritiene che sia
morto a causa di un cancro manifestatosi nella zona pelvica.
Hugo Chávez era presidente del Venezuela dal gennaio 1999.
Paracadutista con idee marxiste, aveva tentato un colpo di Stato nel 1992;
il golpe fallì e lui passò due anni in prigione, ma divenne
enormemente popolare presso un’opinione pubblica stufa
della corruzione e dell’incompetenza della classe politica
venezuelana.
Una volta al potere, Chávez aveva modificato la Costituzione per garantirsi la possibilità di essere rieletto. Successivamente ha vinto regolarmente le elezioni presidenziali per tre volte, l’ultima nell’ottobre 2012 contro il candidato dell’opposizione Henrique Capriles Radonski. Nell’aprile del 2002 un colpo di Stato lo aveva estromesso per un paio di giorni.
Chávez è stato un presidente con una forte – per quanto a tratti oscura – impronta ideologica:si è ispirato al socialismo del XXI secolo, una dottrina filo-marxista elaborata dal filosofo tedesco Heinz Dieterich Steffan. L’altro suo riferimento è stato Simón Bolívar, il libertador sfortunato eroe della stagione dell’indipendenza dell’America Latina dall’impero spagnolo.
La sua politica economica è stata orientata verso le classi più umili, che hanno beneficiato della redistribuzione dei proventi derivanti dalla vendita del petrolio, la principale risorsa venezuelana. Le nazionalizzazioni di imprese private sono state frequenti, specialmente nel settore dell’energia. Le condizioni degli strati più poveri della popolazione sono migliorate: sono state garantite loro, spesso per la prima volta, una casa, un’istuzione, delle cure mediche.
Il rovescio della medaglia è rappresentato da una conduzione spregiudicata dell’economia (di cui il paese ha iniziato a pagare le conseguenze con lo scoppio della crisi globale) e da una serie di comportamenti dittatoriali: l’intimidazione dell’opposizione, alcuni limiti posti alla libertà di stampa, la stessa conduzione del governo da Cuba durante la malattia.
In politica estera, Chávez aveva elaborato un piano per sottrarre l’America Latina alla tradizionale egemonia degli Stati Uniti e fare del Venezuela una potenza (almeno) regionale. Tale piano aveva il suo pilastro ideologico nell’alleanza con la Cuba dei fratelli Castro. I due paesi hanno fondato insieme l’Alleanza bolivariana dei popoli della nostra America, o Alba, cui si erano successivamente aggiunti diversi Stati latinoamericani. I principali alleati del defunto presidente venezuelano erano, oltre a Cuba, la Bolivia di Evo Morales, l’Ecuador di Rafael Correa e il Nicaragua di Daniel Ortega.
L’opposizione agli Stati Uniti ha costituito una componente essenziale della politica internazionale di Chávez, che era in ottimi rapporti con tutti i paesi rivali di Washington: dalla Russia alla Bielorussia, dalla Libia di Gheddafi alla Corea del Nord, dalla Cina all’Iran passando per la Siria di Asad.
La retorica anti-imperialista, particolarmente vivace durante la presidenza di George W. Bush,serviva anche a nascondere un dato incontrovertibile: gli Stati Uniti sono il principale partner commerciale di Caracas e il primo acquirente del petrolio venezuelano. Il Venezuela ha bisogno di loro molto più di quanto loro abbiano bisogno del Venezuela.
Negli ultimi mesi, forse complice il peggioramento delle condizioni di salute, Chávez aveva impresso una sterzata alla politica estera venezuelana, cercando il riavvicinamento con gli Stati Uniti.
Quello con la Colombia c’era già stato da quando a Bogotá Uribe (con cui si era sfiorata la guerra nel 2008) aveva lasciato la presidenza a Juan Manuel Santos. Il Venezuela è con il Cile “paese accompagnatore” nella trattativa di pace tra il governo colombiano e la guerriglia marxista-leninista delle Farc. A luglio del 2012 inoltre Caracas è stata ammessa nel Mercosur.
Questa svolta (in fieri) del Venezuela da paese anti-sistema a paese pro-sistema sarà naturalmente sottoposta a revisione, ora che Chávez non c’è più. Poche ore prima di annunciare la scomparsa del presidente, Maduro aveva formulato la surreale teoria che “i soliti nemici della patria” avessero inoculato il cancro al capo di Stato venezuelano e aveva dichiarato che un militare statunitense distaccato presso l’ambasciata Usa sarebbe stato espulso con l’accusa di spionaggio.
Dopo averlo governato per poco meno di 15 anni, Chávez lascia un paese politicamente polarizzato e istituzionalmente indebolito; le classi più povere stanno meglio di prima ma l’economia è ancora sostanzialmente dipendente dal petrolio. Il suo progetto di fare del Venezuela una potenza regionale è fallito, vittima anch’esso della diminuzione di risorse economiche legata alla crisi globale, dell’opposizione del Brasile e del peggioramento delle sue condizioni di salute.
La rivoluzione bolivariana è incompiuta, così come la sua svolta in politica estera. Se si procederà a regolari elezioni potrebbe vincere un candidato dell’opposizione (Capriles?), che volterebbe decisamente pagina; se prevalesse invece un rappresentante del fronte chavista (Maduro, come aveva indicato lo stesso Chávez, Diosdado Cabello, o Elías Jaua), il progetto potrebbe essere portato avanti. Se le elezioni non fossero celebrate in breve tempo, si rischierebbe il caos.
Verrà il momento di analizzare più in profondità la figura di Chávez, le sue scelte politiche e la sua eredità. In queste ore di rispetto, lutto (o gioia) e incertezza per il Venezuela, su una questione non ci sono dubbi: il mondo ha perso un grande protagonista della politica internazionale.
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