Le perle di Nemo::: PAOLO DI PAOLO INTERVISTA LA MATEMATICA GRAZIA SPERANZA SUL DIBATTITO SULLE ELITES APERTO DA BARICCO, Repubblica 22 gennaio 2019, pag. 27

 

 

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Maria Grazia Speranza, Professoressa di Ricerca Operativa, Prorettrice Vicaria dell'Università degli Studi di Brescia e autrice

Maria Grazia Speranza, Professoressa di Ricerca Operativa e Prorettrice Vicaria dell’Università degli Studi di Brescia. Autrice di oltre 200 articoli scientifici, responsabile editoriale di numerose riviste scientifiche, tra le quali Transportation Science e EURO Journal on Transportation and Logistics. Sarà Presidente dell’IFORS (International Federation of Operational Research Societies) dal 2019 al 2021.

 Maria Grazia Speranza è una delle 100 ricercatrici invitate a far parte del progetto “100 Donne per la Scienza” – http://www.100esperte.it/ – sponsorizzato dalla fondazione Bracco.

 

 

 

 

REPUBBLICA DEL 22 GENNAIO 2019–pag. 27

https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/flipperweb.html?testata=REP&issue=20190122&edizione=nazionale&startpage=1&displaypages=2

 

 

“Troppa enfasi sulle élite in crisi il vero nodo è la disuguaglianza”

PAOLO DI PAOLO

La matematica Grazia Speranza, docente e prorettrice a Brescia, interviene nel nostro dibattito

 

Intervista di

«La società contemporanea è più articolata, o forse destrutturata, e in ogni caso più complessa delle categorie che utilizziamo per definirne le componenti » . Grazia Speranza insegna Ricerca operativa all’università di Brescia, di cui è prorettrice vicaria. La Ricerca operativa sviluppa metodi matematici, modelli algoritmici, per supportare decisioni complesse. Ha frequentato il liceo classico, all’università si è spostata sui numeri, perfezionandosi in matematica applicata. Del dibattito sulle élite aperto da Alessandro Baricco su Repubblica discute anzitutto l’uso della definizione:

« Non è una classe unica, ho l’impressione che sia più frastagliata ed eterogenea di quanto il termine riesca a indicare. E nel dibattito sono state privilegiate, mi sembra, chiavi di lettura di matrice socio- politica rispetto a chiavi di lettura di matrice economica. Con il rischio che si perda un po’ di concretezza » .

Qual è il punto?

«Non basta considerare gli effetti della recente crisi economica, che pure hanno lasciato nei cittadini di gran parte dell’Occidente una memoria traumatica, la sensazione di un disagio immeritato, di un blocco delle possibilità di miglioramento della condizione socio-economica.

Temo che si sottovaluti ancora uno squilibrio fondamentale: la macroscopica evidenza di una società in cui una piccolissima percentuale di popolazione detiene un’altissima e sproporzionata percentuale di ricchezza».

Intende dire che la questione del rapporto fra élite e ” popolo” è meno rilevante rispetto a questo dato di fatto?

«Intendo dire che occorre essere onesti. L’emersione e la spinta di quelli che per decenni abbiamo chiamato “paesi in via di sviluppo”, le questioni demografiche (l’Occidente che invecchia vertiginosamente), la prospettiva tutto fuorché astratta degli stravolgimenti climatici: tutto questo, rispetto al disagio delle vecchie cosiddette élite, mi pare ben più decisivo. La verità è che, a queste latitudini, non stiamo affrontando radicalmente i problemi più seri; manteniamo posizioni, senza il coraggio e la determinazione nel fare un salto. E i piccoli passi sono spesso regressivi: larga parte della classe politica si accontenta di indicare nemici».

O capri espiatori.

«Che il cittadino sfiduciato istintivamente cerchi i responsabili del proprio disagio nell’orizzonte visibile, si può comprendere. Ma chi governa può alimentare questa illusione? E, anziché contribuire alla riflessione, semplificare in modo brutale, pericoloso quanto rassicurante? Possibile che nel 2019 si ragioni come nell’era dei mammut? D’altra parte, potenziali colpevoli non è difficile trovarne: la casta dei vecchi politici, la finanza, la globalizzazione, gli immigrati, l’Europa. Ognuno sceglie ciò che sente in modo più forte. Ma serve la capacità e ancor prima la volontà di leggere seriamente fenomeni che sono complessi e interconnessi, anziché assecondarne la sistematica distorsione percettiva.

In questo senso, puntare il dito contro una generica élite — supponendo che sostituendola si risolvano i problemi — è un’altra semplificazione».

E il Game — così Baricco chiama la rivoluzione digitale — come entra in questo quadro?

« Presentata come miracolosa, la rivoluzione digitale non ha portato tutti i benefici che sembrava promettere. I computer non sono ancora arrivati sulle scrivanie di tutti, come volevano i pionieri del “Game”: semmai, sono arrivati gli smartphone nelle tasche.

Non è esattamente la stessa cosa, e comunque è accaduto in poco più di un decennio, un tempo brevissimo.

L’impatto della Rete nelle nostre vite è eclatante, ma nei fatti non l’abbiamo ancora assorbito.

C’è da lavorare».

In quale direzione?

«Quella dello studio. In questo, naturalmente, concordo con Baricco. La formazione tradizionale non basta più.

L’informazione destrutturata dei social media di sicuro accentua la confusione fra nozione e competenza effettiva. Il problema, però, non è tanto che la voce di un professore universitario come me conta meno rispetto al passato, ma che un cittadino, magari anche diplomato, o un manager aziendale laureato non si accorgano di avere in mano strumenti insufficienti per capire le cose».

La matematica come può aiutare?

«Anche a non pensare a certi fenomeni come “magici”. Gli algoritmi — centrali nel web come nello sviluppo delle nanotecnologie, nella robotizzazione e nell’intelligenza artificiale — di per sé non sono cattivi, mi creda».

 

 

SINTESI:

 

 “Che il cittadino cerchi capri espiatori si può comprendere; che lo faccia chi governa, no”

“Riassumendo, è andato in pezzi un certo patto tra le élite e la gente, che adesso ha deciso di fare da sola”

“La rivoluzione digitale ha ridistribuito il potere, o almeno le possibilità, ma non ha ridistribuito il denaro”

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