XII – L’INFINITO |
Sempre caro mi fu quest’ermo colle, E questa siepe, che da tanta parte Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati Spazi di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo; ove per poco Il cor non si spaura. E come il vento Odo stormir tra queste piante, io quello Infinito silenzio a questa voce Vo comparando: e mi sovvien l’eterno, E le morte stagioni, e la presente E viva, e il suon di lei. Così tra questa Immensità s’annega il pensier mio: E il naufragar m’è dolce in questo mare. |
Leopardi, “L’infinito”: testo e parafrasi
- Sempre caro mi fu quest’ermo colle1,
- e questa siepe, che da tanta parte
- dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
- Ma sedendo e mirando, interminati
- spazi di là da quella, e sovrumani
- silenzi, e profondissima quïete
- io nel pensier mi fingo2, ove per poco
- il cor non si spaura3. E come4 il vento
- odo stormir tra queste piante, io quello
- infinito silenzio a questa voce
- vo comparando: e mi sovvien l’eterno5,
- e le morte stagioni, e la presente
- e viva, e il suon di lei. Così tra questa
- immensità s’annega il pensier mio:
- e il naufragar m’è dolce in questo mare.
- Questo colle solitario mi è sempre stato caro,
- e anche questa siepe, che impedisce al mio sguardo
- una gran fetta dell’orizzonte più lontano
- Ma mentre siedo e fisso lo sguardo sulla siepe,
- io immagino gli sterminati spazi al di là di quella,
- i silenzi che vanno al di là dell’umana comprensione
- e la pace profondissima, tanto che per poco
- il mio cuore non trema di fronte al nulla. Quando sento
- le fronde delle piante stormire al vento, così paragono
- la voce del vento con quel silenzio infinito:
- e istintivamente mi giunge in mente il pensiero dell’eternità,
- le ere storiche già trascorse e dimenticate e quella attuale
- e ancor viva, col suo suono. Così il mio ragionamento
- si annega in quest’immensità spazio-temporale,
- e per me è un naufragare dolcissimo.
1ermo colle: Il monte Tabor, un colle che si alza a sud di Recanati.
2io nel pensier mi fingo: cioè, “immagino questa situazione con gli strumenti della mia fantasia”.
3il cor non si spaura: il motivo è presente, com’è noto, anche nei Pensieri di Blaise Pascal: “Le silence éternel de ces espaces infinis m’effraie” [“il silenzio eterno di questi infiniti spazi mi spaventa”].
4 La congiunzione ha qui una sfumatura anche temporale: “quando”, “non appena”.
5mi sovvien l’eterno: indica la repentinità del movimento di pensiero del poeta che, di fronte all’infinito e al nulla in cui l’uomo pare annientarsi e al rumore del vento tra le fronde che gli suona noto e famigliare, intuisce il senso dell’eternità e del trascorrere dello spazio-tempo contrapposto alla finitezza dell’uomo.
https://library.weschool.com/lezione/leopardi-l-infinito-testo-e-parafrasi-3583.html
chiara: stasera, a pensare a quella barca alla deriva con cento persone a bordo…non so come mai, mi è sorto il bisogno di leggere questa poesia…lo condivido con voi, sempre che accettiate…
Sul testo del” giovane favoloso” ci sono molteplici interpretazioni,non di rado antitetiche e tutte legittime:si va da quella religioso-mistica a quella materialistico-razionalistica,da quella psicanalitica a quella semiotica.La grande poesia è sempre opera aperta.Forse la più convincente ed esaustiva è quella del critico Antonio Prete,formalizzata nel saggio il “Pensiero poetante e la poesia pensante”degli inizi degli anni ottanta del secolo scorso.Per meglio comprendere l’Infinito” è opportuno,pertanto,tenere presenti le riflessioni che il recanatese nella prima stesura dello “Zibaldone”portava avanti nell’elaborazione della teoria del Piacere;esso può esistere solo quando la ragione cessa le sue operazioni.L’autore con il dato immaginativo-visivo-ma sedendo e mirando-verbi costanti della lirica leopardiana da qui fino alla ” Ginestra”,vertice insuperato della poesia dell’Ottocento italiano,mette in moto il suo pensiero che trasmigra nelle regioni dello spazio infinito;quindi,sollecitato dai vicini e mondani rumori avverte tutta l’inquietudine esistenziale del tempo eterno.Quando di fronte all’immensità spazio-temporale la ragione,la coscienza vengono meno,solo con il loro annientamento è possibile provare piacere,sperimentare,come dice con un bell’ossimoro,la dolcezza,l’allegria del naufragio. In tutta produzione leopardiana il piacere esiste come cessazione di dolore….