COMANDOS DI AL SHABAAB
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HOTEL DUSIT A NAIROBI
BBC
Terrorismo
Attentato in Kenya: le lotte intestine non fermano la guerra di al-Shabaab
| 15 gennaio 2019
“Siamo stati noi”. L’attacco all’hotel Dusit a Nairobi, capitale del Kenya, era ancora in corso e Abdiasis Abu Musab, uno dei portavoce di al-Shabaab, già rivendicava la paternità dell’attentato. Al-Shabaab tornano dunque a colpire duramente “l’odiato Kenya”. Un altro atto dimostrativo che intende punire Nairobi che, da anni, mantiene in Somalia una propria forza militare in seno ad Amisom, la missione dell’Unione Africana, a sostegno del legittimo governo di Mogadiscio.
L’attentato ripercorre le gesta di quello avvenuto il 21 settembre 2013 a Westgate quando un commando di 10 uomini armati non identificati attaccò un lussuoso centro commerciale di Nairobi, uccidendo 63 persone e ferendone 175;
quello avvenuto il 2 aprile 2015, all’università di Garissa, causando la morte di 150 persone.
L’azione militare all’ hotel Dusit di Nairobi è la riconferma di una grande capacità operativa di al Shabaab. Una milizia in grado di colpire non solo in patria, ma anche all’estero. E, soprattutto, di saper prendere di mira i centri vitali dell’economica keniana. In particolare il turismo e le attività commerciali che rappresentano voci fondamentali del Pil di Nairobi. Proprio il turismo che nel 2018 era tornato a crescere (+17%) dopo gli attentati a Westgate e a Garissa.
Ma che cos’è al Shabaab? Al-Shabaab (che in somalo significa «i ragazzi»), è un gruppo terroristico che si ispira al jihadismo salafita ed è nato intorno al 2006 dalla sconfitta dell’Unione delle Corti Islamiche a opera del Governo federale di transizione e dei suoi sostenitori (in primo luogo, l’Etiopia).
Pur aderendo dal 2012 al network di al-Qaeda, al-Shabaab ha sempre avuto una doppia anima: una più radicale, sostenuta da esponenti wahabiti legati con i Paesi del Golfo, e un’altra più somala, con capi clan e leader religiosi intenzionati a dar vita un proprio Emirato nel Corno d’Africa. Lo stesso Al Zawahiri aveva preteso di discutere la forma di affiliazione con Abdi aw-Mohamed, alias Godane, storico leader di al Shabaab, proprio per tenere sotto controllo le spinte nazionalistiche del gruppo somalo.
Alla morte di Godane, ucciso da un bombardamento Usa nel 2014, la milizia islamica è stata scossa da faide interne che sembravano averne minato la solidità e la capacità operativa. In quei giorni, si pensava che i jihadisti potessero essere presto debellati e che si potesse riportare la pace in Somalia. L’ascesa al vertice di Abu Ubaidah ha invece restituito compattezza alla milizia. Pur avendo perso il controllo della costa (ormai in mano al governo centrale) mantiene una forte presa sull’entroterra dove mantiene numerose basi. Ed è da queste basi che periodicamente organizza attacchi contro le forze dell’Amisom, le ambasciate, i luoghi frequentati da stranieri. Uno stillicidio di morti e feriti sia tra i civili sia tra le forze dell’ordine somale.
Negli ultimi anni, al-Shabaab si è però trovata un pericoloso concorrente in casa. Guidate da Abdulqadr Mumin, ex predicatore in Gran Bretagna e Svezia, hanno preso vita alcune cellule legate allo Stato islamico. Per il momento hanno piccole dimensioni, ma si sono dimostrate capaci di unire i clan e i sub-clan più piccoli e da sempre esclusi dalla politica somala. Di esse fanno parte, oltre agli ex militanti di al Shabaab delusi, anche miliziani stranieri provenienti dal Medio Oriente dopo la sconfitta dell’Isis in Iraq, Libia e Siria. La presenza dei miliziani di al-Baghdadi desta preoccupazione perché in un video reso pubblico a dicembre i jihadisti invitano a «dare la caccia» ai non credenti e ad attaccare le chiese e i mercati. Gli Usa hanno lanciato raid con droni partiti dalle basi in Etiopia, contro gli affiliati dell’Isis facendo numerose vittime.
La leadership di al-Shabaab ha serrato i ranghi, minacciando l’espulsione o la morte per chi sceglie l’organizzazione rivale. L’Amniyat, la forza di sicurezza interna degli Shabaab, ha messo in pratica la minaccia con diversi comandanti e miliziani.
Odio ricambiato dallo Stato Islamico che minaccia rappresaglie contro al Shabaab, accusandola di aver cominciato una campagna fratricida per sradicare la presenza dell’Isis dal Corno d’Africa. Ma, per il momento, la forza militare di al Shabaab non è stata intaccata. Come dimostra l’attentato all’hotel Dusit.