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PATRIZIA CAVALLI
17.04.1949, Todi, Italy
lives in: Rome, Italy
PATRIZIA CAVALLI
*** [Ah smetti sedia di esser così sedia]
Ah smetti sedia di esser così sedia!
E voi, libri, non siate così libri!
Come le metti stanno, le giacche abbandonate.
Troppa materia, troppa identità.
Tutti padroni della propria forma.
Sono. Sono quel che sono. Solitari.
E io li vedo a uno a uno separati
e ferma anch’io faccio da piazzetta
a questi oggetti fermi, soli, raggelati.
Ci vuole molta ariosa tenerezza,
una fretta pietosa che muova e che confonda
queste forme padrone sempre uguali, perché
non è vero che si torna, non si ritorna,
al ventre, si parte solamente,
si diventa singolari.
La giornata atlantica
Quando col mio giudizio mi dispongo
alla tiepida pace di ogni giorno,
ai pomeriggi docili, al sonno largo
e naturale, non più nemica al clima
che anzi fermo e uguale mi carezza
– si schiude il grumo delle voci e mi fa entrare
e mi corteggiano gli odori delle strade
e mi concedo agli angoli alle piazze
ai visi di vecchi e di ragazze, e innamorata
casta trovo ogni scusa per poter restare –
improvvisa ritorna la giornata atlantica.
La luce alta, i suoni alti della luce
e si apre la distanza. Basta quel luccichio
di latte alle persiane, quelle fessure d’ombra
dense e profonde, l’abbaglio di frescura,
lo sventolio dei rami dai balconi,
ecco l’estate e il cielo si fa mare.
La città si solleva e veleggiando oscilla
mossa dalle brezze. Chiamati dalle altezze
senza ancoraggio o pesi i miei sensi
non più raccolti ma vagabondi sciolti
soli e assoluti si perdono nell’aria
e a casa mandano notizie di terrore.
Notizie: mentre in casa ogni oggetto
ritrova il suo cassetto il suo scaffale
io divento a me stessa marginale.
La mia materia evapora.
L’isola scura e densa mi riappare.
Quella sostanza spessa, promessa di rimedio,
fammi entrare. Riportami al mio limite
circondami, con le carezze segna i miei contorni,
col peso del tuo corpo dammi corpo.
Ma è il rimedio che produce il male.
*** [Mammina mia]
Mammina mia, dammi la virtù,
slacciami! Si avvicina allegria,
potevo immaginarlo?
Dove mi piacerebbe stare adesso?
Naturalmente innaturale
sempre con te che pure resti uguale.
Mi fermo nei millimetri
del particolare: la parte interna
del labbro inferiore, cisterna
dove cado imbambolata – nòcciolo
di nespola, per arrivare
a quella levigatezza bagnata
tolgo la buccia mangio la nespola.
Dove mi piacerebbe stare adesso
con il sole mezzo addormentato
il rumore allontanato?
Ma qui, senz’altro. Avevo
la risposta e l’ho detta.
Spirituale spirito della bicicletta,
fossi un ragazzo io e una ragazza
tu, fosse il contrario anche,
ti potrei baciare, mi potrei accostare,
potrei succhiare quel nòcciolo di nespola.
La frutta appena comprata
io l’assaggio sempre per strada.