UN TINTORETTO…UN PO’ CURIOSO…L’INGRESSO DI FILIPPO II D’ASBURGO A MANTOVA (1580) …di cui poi si scopre che la mano è quasi interamente del figlio Domenico Tintoretto + DESCRIZIONE DEL QUADRO DA WIKI ++ QUALCOSA DELL’ ALTE PINAKOTHEK DI MONACO DI BAVIERA… + LA CASA DEL FUTURO DELL’APRILE 2018

 

 

 

Tintoretto – Ingresso di Filippo II di Spagna a Mantova – Olio su tela, cm. 211.7 × 330, 1580, Monaco di Baviera, Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek 

 

 

L’evento raffigurato è relativo all’ingresso a Mantova, avvenuto il 13 gennaio 1549, di Filippo II d’Asburgo, all’epoca non ancora asceso al trono, quindi in quel momento Infante di Spagna. Mantova fu una delle tappe del viaggio di Filippo che da Valladolid lo portò fino a Bruxelles dove era atteso da suo padre Carlo V e dove avrebbe ricevuto il giuramento di fedeltà delle Province dei Paesi Bassi che Carlo, come in effetti fece con la Prammatica Sanzione del 1549, intendeva unificare in un’unica entità statuale da porre sotto il diretto dominio della corona spagnola.

Solo per quest’ultimo telero del ciclo non ci è giunta l’indicazione della committenza descrittiva della scena che il Tintoretto avrebbe dovuto raffigurare. Cionondimeno questa direttiva al pittore deve comunque essere stata impartita, come per le altre tele dei Fasti, essendo documentato l’invio al Tintoretto di una riproduzione grafica della mantovana piazza Castello, dove Filippo fu accolto dal duca Francesco III Gonzaga.

Il dipinto trova peraltro significative coincidenze con la descrizione dell’ingresso di Filippo nella capitale ducale lasciata dal biografo del futuro re di Spagna Juan Calvete de Estrella nel suo libro El felicíssimo viaje del muy alto y muy poderoso Príncipe don Phelippe (stampato nel 1552), il che evidentemente comprova che al Tintoretto venne fornita, anche per l’ultimo dipinto del ciclo, una puntuale indicazione dei fatti da mettere in scena.

Il Calavete de Estrella in particolare annota il fatto che in piazza Castello venne eretta una statua effimera con Ercole che regge due colonne, poggiata su un alto podio ove compariva l’iscrizione: ALCIDES STATUIT, CAESAR SED PROTULIT, AT TU ULTERIUS , SI FAS, PROGREDIRE PATRE.

La circostanza testimoniata dal letterato spagnolo trova piena corrispondenza nel quadro del Tintoretto ove compaiono la statua di Ercole tra le colonne con la medesima iscrizione sul piedistallo.

La statua di Ercole chiaramente allude alla celeberrima impresa di Carlo V composta da due colonne (per l’appunto le Colonne d’Ercole) e il motto PLUS ULTRA. L’iscrizione sul piedistallo della statua è dunque un augurio a Filippo di superare in gloria il suo augusto genitore. In sostanza: Ercole pose le colonne che segnavano i confini del mondo, Carlo V (Caesar in quanto imperatore) oltrepassò questo limite (Plus Ultra) e l’auspicio è che Filippo faccia anche di più[28].

Nel dipinto vediamo al centro l’Infante di Spagna vestito di nero in groppa ad un destriero bianco mentre incede sotto un baldacchino portato da un gruppo di paggi in raffinata livrea. Immediatamente dietro il principe d’Asburgo cavalcano al suo seguito il cardinale Ercole Gonzaga e il di lui fratello Ferrante, zii del duca in carica Francesco III. Questi è sua volta raffigurato sulla destra, su un cavallo dal manto bianco, mentre accoglie il corteo principesco. A sinistra, infine, su un cavallo bruno con ricchi paramenti d’oro, c’è il fratello di Francesco Guglielmo – suo futuro successore nel titolo di duca di Mantova – committente dei Fasti gonzagheschi.

Domenico TintorettoInvio degli ambasciatori veneziani a Federico Barbarossa, 1590-1592, Venezia, Palazzo ducale

Nel secondo paggio della fila di destra si riconoscono le sembianze di Vespasiano Gonzaga che nel 1545 era stato mandato alla corte asburgica di Valladolid come paggio d’onore di Filippo e la cui presenza durante l’ingresso a Mantova del principe è in effetti storicamente documentata.

Di tutti di dipinti del ciclo già in Palazzo ducale, l’ottavo ed ultimo è quello in cui il livello di autografia di Jacopo Tintoretto è forse minore reputandosi l’opera pressoché integralmente dovuta a suo figlio Domenico, come lascia pensare anche la rilevata assonanza con l’Invio degli ambasciatori veneziani a Federico Barbarossa, dipinto licenziato da Domenico Tintoretto circa un decennio dopo la realizzazione dei Fasti gonzagheschi.

Anche la raffigurazione di Filippo di Spagna dovette colpire in modo particolare il giovane Rubens che, come rilevato, ebbe modo di riflettere sui Fasti negli anni passati al servizio di Vincenzo Gonzaga. Il ritratto equestre del duca di Lerma, eseguito da Rubens nel 1603, è sostanzialmente coincidente con l’Infante di Spagna del telero gonzaghesco per la posa del cavaliere e del destriero e per lo scorcio in diagonale in cui è disposto il gruppo equestre.

L’evento raffigurato nell’ultimo telero è in chiaro collegamento con il primo della serie, cioè l’elevazione al marchesato di Gianfrancesco. Il ciclo quindi si apre e si chiude con l’arrivo nella città dei Gonzaga di uno dei massimi esponenti del potere europeo del momento, rispettivamente l’imperatore e l’erede al trono di Spagna (nonché figlio di un imperatore). Il tutto a consacrare, nella chiave encomiastica dei Fasti, l’altissimo rango del casato mantovano.

 

da WIKIPEDIA  sotto il nome ” FASTI GONZAGHESCHI “

 

 

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