REPUBBLICA DEL 14-12-2018
Il governatore Mario Draghi (ansa)
Il presidente della Banca centrale
Draghi chiude il Qe ma resta il sostegno ai titoli italiani
Il bilancio sul Quantitative easing: “Motore di crescita” I bond in pancia alla Bce non andranno sul mercato almeno fino al 2020
Tonia mastrobuoni,
Dalla nostra corrispondente
berlino
Nella fase più feroce dello scontro con l’Europa sulla manovra, Mario Draghi si era mostrato insolitamente loquace sui rischi che incombevano sull’Italia, attanagliata da uno spread alle stelle. Nella delicata fase attuale del dialogo tra il governo Conte e la Commissione Ue, il governatore della Bce si è barricato nuovamente nel suo proverbiale silenzio. Alle domande dirette sull’Italia non ha risposto, anche se indirettamente ha fatto capire che la bufera non è scongiurata. Adesso il pericolo viene anche dal rallentamento dell’economia, gravata da “ rischi al ribasso” che provengono da fattori esogeni come il braccio di ferro sul commercio scatenato da Trump o dalla Brexit.
Le stime di crescita sono state riviste “ leggermente al ribasso”, all’ 1,9% quest’anno e 1,8% l’anno prossimo. Ma nei giorni scorsi uno dei principali istituti economici tedeschi, il Diw, aveva limato il dato per la Germania – locomotiva europea – di tre decimali. Una frenata che rischia di rendere sempre più scritte sull’acqua le previsioni, anche sul disavanzo, che incorniciano la manovra italiana.
La seconda importante notizia arrivata ieri dalla Bce era ampiamente attesa: il QE, il programma di acquisti di titoli privati e pubblici da 15 miliardi al mese « si concluderà alla fine del mese » . E se i mercati non si sono innervositi all’idea che la banca centrale smetta di comprare bond, è perché insieme alla fine del programma straordinario di acquisti che ha scongiurato una deflazione nel 2015 e «in certi momenti spinto da solo la ripresa », come ha rivendicato Draghi, la Bce ha preso una decisione altrettanto importante.
Quella montagna di titoli pubblici – 2.600 miliardi di euro – resteranno in pancia alla Bce e saranno reinvestiti « per un prolungato periodo che andrà ben oltre il rialzo dei tassi di interesse » . Vuol dire che i bond italiani saranno al sicuro e non saranno buttati sul mercato con rischio terremoti almeno fino al 2020.
Anche un’altra questione fondamentale è stata chiarita. L’anno prossimo cambiano i ‘ capital keys’, i criteri con cui vengono detenuti i bond. Il risultato è che la Bce sarà obbligata, ad esempio, a tenere meno bond italiani. Anche questo avrebbe potuto innervosire gli investitori. Invece il passaggio ai nuovi criteri sarà molto graduale, proprio per non creare traumi. Va aggiunto, però, che l’ipotesi che circolava su un eventuale scambio di scadenze più corte con scadenze più lunghe non è confermato, anzi. Sui mercati, l’euro in ribasso e i listini in festa hanno confermato che Draghi è riuscito ancora una volta a tenere i mercati al guinzaglio senza promettere troppo: le tanto attese operazioni di liquidità per le banche (tltro) sono rimandate.
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Pensa un po’: sotto un articolo d’economia ti posto un autore greco ormai defunto.
Un po’ di versi presi qua e là, altrimenti avrei dovuto copiarli uno per uno, così è solo un copia/incolla ma interessante, a me pare:
Miltos Sachturis
Miltos Sachturis è nato a Atene nel 1919, discendente di una ricca famiglia di armatori andata fallita. Domina nei suoi versi il dolore e il pessimismo cantabile. Quando vi parlo raccoglie poesie scritte tra il 1945 e il 1990. Vicino al surrealismo, l’esperienza della guerra lo ha segnato profondamente. Scrive in una delle sue liriche:
«Strano bosco incanta la mia voce | ogni mia parola una goccia di sangue | tutta la mia canzone un albero | innaffiato dal sangue degli assassini | migliaia di assassini migliaia di alberi selvatici | strano bosco che incanta la mia voce».
E ancora:
«I morti a due passi da noi | stanno in pace. O siedono calmi | sugli scalini | con una scopa insanguinata in mano | ma i vivi | hanno teste gigantesche | piene di petrolio | e le mani unte | di grasso | costruiscono barche di carta nera | che se ne vanno | una a una | e senza sole | verso il cielo nero».
Il mondo nuovo che esce dalla guerra non è fatto di calce e mattoni ma di cadaveri. Fa paura sentire la gente che dice «noi vogliamo pensare in grande»: c’è un accenno alla vastità degli stermini.
«Non ho scritto poesie | nel frastuono | nel frastuono: | rotolò la mia vita. | Un giorno tremavo | un altro rabbrividivo: | nel terrore | nel terrore | passò la mia vita […]».
Il mondo poetico di Sachturis ha il volto ombroso di chi non riesce a ridere, ha solo il sorriso dolorosamente ironico di chi si trova prigioniero. «Quale cannibalismo questa primavera …» scrive. Il suo stile è fatto di ritmi, assonanze, spesso all’interno di uno stesso verso, le rime che si rincorrono come una eco.
Grecia (1939-1989)