Vita e morte di Georges Perec >
https://sites.google.com/site/perecistruzioniperluso/vita-di-perec/vita-di-georges
Vita di Georges |
Georges nasce la sera di sabato 7 marzo 1936 in una clinica parigina, da Icek Perec (1909-1940) e da Cyrla Szulewicz (1913-1945), entrambi ebrei d’origine polacca, i quali si sposano nel 1934. Passa la propria infanzia nella rue Vilin nel quartiere di Belleville.
Nel 1941 Georges e la madre vedova (il padre era morto l’anno prima in guerra, sul confine Alsaziano) cercano di fuggire dalla Parigi occupata, prendendo un treno della Croce Rossa; solo Georges vi sale su, e lo porta verso Villard-de-Lans dove passa il resto della guerra con parte della famiglia paterna (la madre, tre anni più tardi, viene deportata e uccisa in un campo di concentramento, forse quello di Auschwitz).
Torna a Parigi nel 1945 e viene adottato dalla sorella di suo padre, Esther Bienenfeld, e dal marito di quest’ultima. Di questi eventi ha pochissimi ricordi.
Georges cresce con gli zii, che si occupano di lui e gli permettono di portare a termine gli studi liceali. Dal 1946 al 1954 compie i propri studi dapprima presso il liceo Claude Bernard, al collegio Etampes; nel 1954, dopo un corso preparatorio al Liceo Enrico IV, inizia presso la Sorbona gli studi di Storia, che abbandona però velocemente per “turpe psichiche”; tale periodo sarà il soggetto del romanzo “Un uomo che dorme“. Nel frattempo il dolore dell’infanzia tragica, della perdita dei genitori e della profondissima inquietudine scaturitagli, lo porta a iniziare, nel 1949, una terapia psicologica presso la dottoressa Françoise Dolto, specializzata in pedagogia e psicoterapia infantile, all’epoca una delle più autorevoli psicologhe di Parigi. Nonostante i buoni risultati ottenuti dalla psicoterapia, sette anni dopo, nel 1956 inizia la psicoanalisi con Michel de M’Uzan, importante studioso dello psicosomatismo, per cercare di guarire dalla nevrosi che da anni lo opprimeva. Nel frattempo, dal 1958 al 1959, presta servizio militare come paracadutista a Pau (nei Pirenei francesi), dalla cui esperienza ricaverà il racconto lungo “Quale motorino con il manubrio cromato giù in fondo al cortile?“. Nel 1960 si sposa con Paulette Pétras (la Sylvie del romanzo “Le Cose“?) e parte per Sfax, in Tunisia, da dove torna l’anno seguente. Grazie ad una formazione autodidatta da sociologo, decisiva nella stesura del romanzo “Le Cose”, nel 1962 diventa “documentalista” in neurofisiologia presso il CNRS (Centre national de la recherche scientifique). Nel 1965 ottiene il Premio Renaudot per il romanzo “Le cose”; nel 1967, grazie al successo di critica dell’opera, conosce e diventa amico di Raymond Queneau, ed entra a far parte dell’OuLiPo, divenendone ben presto figura di spicco. Lo stesso Calvino, anche lui al tempo residente a Parigi e associato al gruppo, descrive la figura e la posizione di Georges nell’OuLiPo: ” […] dell’Ou-Li-Po Perec era diventato il maggiore esponente, e si può dire che almeno due terzi della produzione del gruppo erano opera sua.”
(Italo Calvino, Ricordo di Georges Perec, in “Perec, gnomo e cabalista, 1982)
Dopo la pubblicazione de “L’uomo che dorme”, ha una recrudescenza della sua storica nevrosi, e dal 1971 al 1975 è in psicoanalisi da Jean-Bertrand Pontalis, autore del saggio di successo “Vocabolario della Psicoanalisi”, e psicanalista già noto alle Lettere (l’autrice M. Cardinal si è rivolta a lui per una forma acuta di nevrosi, la cui vicenda è raccontata nel romanzo “Le parole per dirlo”). Nel 1976 pubblica, settimanalmente, sul giornale “Le Point” una serie di parole crociate e di cruciverba, un po’ per sbarcare il lunario e un po’ per tenersi in allenamento con i giochi linguistici con cui ha raggiunto una certa nomea, grazie a libri come “La scomparsa” e la raccolta di poesie “Ulcerazioni” (in francesce, la parola “Ulcerations” contiene le lettere più usate nella lingua francese: da queste ha ricavano 399 permutazioni di senso, con cui ha costruito versi e rime per la raccolta). Georges però non è ancora uno scrittore affermato in tutto il mondo, nemmeno grazie ad evidenti capolavori come “W o il ricordo dell’infanzia” e “Io mi ricordo“, che gli hanno garantito un notevole successo nonostante tutto. Solo nel 1978 diventerà un autore di fama internazionale; è l’anno della pubblicazione del romanzo “La vita, istruzioni per l’uso“.
Credits: thesundaytimes
|
Morte di Perec
Nel 1978 Perec sale alla ribalta della scena letteraria internazionale con la vittoria del Prix Mèdicis per il suo capolavoro “La Vita, istruzioni per l’uso“: il romanzo, salutato dallo stesso Calvino come “l’ultimo vero avvenimento nella storia del romanzo”, condensa tutta la sua scrittura in una costruzione architettonica precisa e ossessivamente catalogata e descritta in tutti i punti più disparati. Grazie al successo dell’opera, anche in termini finanziari, Perec può vivere dei diritti d’autore, lasciare il suo lavoro da documentalista e dedicarsi totalmente alla scrittura. In quegli anni sposa Catherine Binet, una regista misconosciuta aiutata grazie ad una sottoscrizione nel mondo letterario da Perec, innamorato di lei e del suo progetto cinematografico, il film “I giochi della contessa Dolingen de Gratz” (rilevatosi un flop a Cannes e a Venezia). Da allora la sua vita è caratterizzata da un costante impegno in moltissimi settori culturali, in una dispersione frenetica che ha seminato genialità in tutti i suoi passaggi: tra il 1978 e il 1986 scrive i libri “Ellis Island, storie di erranza e speranza” (1978), “Storia di un quadro” (1979), i due drammi “Il posto delle patate” e “L’aumento”(entrambi scritti tra il 1980 e il 1981), il saggio “Pensare/Classificare” (pubblicato postumo del 1985), il romanzo incompiuto “53 giorni” (1989) e il saggio autobiografico “Io sono nato” (1990).
Purtroppo, nel gennaio 1982, ha una crisi respiratoria, e viene ricoverato d’urgenza: poco dopo gli viene diagnosticato un carcinoma polmonare, ad uno stadio avanzato; una diagnosi sensata vista l’intensa attività di fumatore che Perec non si negava specie nell’atto di scrivere. Fortunatamente conclude il saggio autobiografico, ma non riesce a portare a termine il romanzo, e, il 3 marzo 1982, a soli quarantasei anni, muore ad Ivry, venendo poi sepolto nel cimitero parigino di Père Lachaise. |
OuLiPo (acronimo dal francese Ouvroir de Littérature Potentielle, ovvero “officina di letteratura potenziale”) è un gruppo (non ristretto) di scrittori e matematici dilingua francese che mira a creare opere usando, tra le altre, le tecniche della scrittura vincolata detta anche a restrizione. Venne fondato nel 1960 da Raymond Queneau e François Le Lionnais. Altri membri di spicco sono i romanzieri Georges Perec, Italo Calvino e il poeta e matematico Jacques Roubaud.
La “letteratura potenziale”
Il gruppo definisce il termine littérature potentielle come la “ricerca di nuove strutture e schemi che possano essere usati dagli scrittori nella maniera che preferiscono”.
Si usano dei vincoli come strumenti per stimolare le idee e l’ispirazione; tra i più rilevanti la “macchina crea-storie” di Georges Perec da lui usata nella costruzione del romanzo La vita, istruzioni per l’uso (La Vie mode d’emploi). Oltre alle tecniche più consolidate come i lipogrammi (cfr. il romanzo La scomparsa di Perec) e ipalindromi, il gruppo inventa nuove tecniche, spesso basate su problemi matematici e/o scacchistici, come quello delle permutazioni e il giro del cavallo.