SABATO 1 DICEMBRE 2018, PIAZZA PIOLA ORE 14,30 ::. MANIFESTAZIONE REGIONALE ” NON POSSIAMO CUCIRCI LE BOCCHE “, NO CPR, NO DECRETO SALVINI–contro la conversione dell’ ex Centro di accoglienza di via Corelli in CPR

LUCIANO GUALZETTI DELLA CARITAS DI MILANO

 

“Il Cie di via Corelli a Milano non ha funzionato in passato, difficilmente potrebbe funzionare ora. Quel centro è stato un luogo di detenzione lesivo della dignità delle persone che vi erano ristrette e per di più inutilmente costoso. Riaprirlo nelle condizioni attuali, senza un significativo cambiamento di approccio, sarebbe un errore”. A dirlo è Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana in una nota.

“Meglio sarebbe a questo punto dividere il problema – si legge nella nota -: accanto agli sforzi per accrescere il numero di accordi bilaterali con i paesi di provenienza dei migrantisenza il cui consenso non è possibile procedere ai rimpatri, come dimostra proprio il caso di Anis Amri (il 24enne tunisino autore dell’attentato a Berlino rimasto ucciso prima di Natale in uno scontro a fuoco con la polizia a Sesto San Giovanni), prevedere un permesso di soggiorno umanitario per coloro che si trovano già nelle strutture di accoglienza per richiedenti asilo al fine di evitare che i diniegati finiscano nel cono d’ombra della clandestinità, con la conseguenza di vanificare gli sforzi fatti sin ad ora per la loro integrazione e quindi il rischio di esporli al rischio di radicalizzazione”.

“L’esperienza dimostra come le scelte pur legittime a favore della sicurezza devono essere accompagnate da rigorosi programmi di integrazione, i soli che possono dare garanzie di coesione e pacifica convivenza nei tempi lunghi e neutralizzare i semi di rancore e violenza che in questo periodo ci stanno attraversando”.

Redazione (Fonte: Redattore Sociale) https://nelpaese.it

 

 

 

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l’ex cie di via corelli

 

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https://www.cantiere.org/26788/1-dicembre-corteo-regionale-a-milano-mai-piu-lager-no-cpr/

 

 

L’annuncio del governo in carica di voler riconvertire nuovamente il centro di accoglienza per richiedenti asilo di via Corelli a Milano in CPR – ovvero un centro di detenzione amministrativa per stranieri sprovvisti di permesso di soggiorno in attesa di esecuzione di un provvedimento di espulsione – ha riportato alla ribalta una questione che si riteneva ormai conclusa da tempo.

Da quando cioè l’ex CIE di via Corelli era stato chiuso nel 2014 e così diversi altri in Italia (rimanendone solo una manciata sul territorio, prevalentemente al Sud), grazie alla pressione dell’opinione pubblica mobilitatasi a fronte delle condizioni insostenibili nelle quali venivano “ospitate” le persone detenute, che avevano manifestato il proprio disagio con proteste spesso e volentieri represse con la violenza.
Invece, dagli ultimi proclami dell’attuale governo, pare proprio che non rimarranno lettera morta le disposizioni della Legge Minniti Orlando del 2017 che hanno previsto l’istituzione di un CPR per ogni regione. E significativamente pare che si partirà proprio da Milano.
Questo ha spinto varie realtà milanesi e singoli cittadini a costituire una rete di mobilitazione (MAI PIU’ LAGER! – NO AI CPR) regionale, ma destinata a varcare anche i confini lombardi, considerata la prospettata apertura di nuovi CPR in altre regioni d’Italia.
Con riguardo a questo tema, intento della rete è in primo luogo:
– impedire, con attività di mobilitazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, nonché ricorso formale alle istituzioni, la riapertura di nuovi CPR e chiudere quelli esistenti, che per di più si risolvono alla fine nel rilascio di un invito a lasciare il territorio in maniera autonoma, atteso l’enorme dispendio di mezzi necessari per attuare il rimpatrio, oltre che l’assenza dei necessari accordi con i Paesi di provenienza;
– nelle more, chiedere l’estensione alle persone detenute nei CPR le garanzie riconosciute nel sistema penitenziario penale.
Per meglio motivare le nostre istanze, è bene ricordare che i “Centri di Permanenza per i Rimpatri” della Legge Minniti Orlando trovano il loro antecedente nei Centri di Permanenza Temporanea (CPT) della Legge Turco Napolitano del 1998, e che questi hanno subito negli anni un restyling nei fatti solo terminologico, con la ridenominazione in “Centri di Identificazione ed Espulsione” (CIE) con la Legge Bossi Fini nel 2002 prima di giungere all’attuale, ma hanno sempre conservato struttura e funzione: il regime di detenzione che vi si attua è del tutto analogo a quello del sistema penitenziario penale, con la determinante differenza che chi la subisce non è accusato di un reato, bensì della sola responsabilità amministrativa di essere privo di un valido titolo di soggiorno. Permesso che, paradossalmente, l’attuale ordinamento non consente loro di acquisire. Con l’ulteriore differenza che all’interno dei CPR non sono garantiti i diritti riservati ai soggetti in detenzione penale, come ad esempio quelli alle visite e dei colloqui con i legali.
Rispetto ai centri di accoglienza (nei quali vige l’obbligo di rientrare solo durante la notte), non sono previste invece per chi è detenuto nel CPR (che vi resta recluso notte e giorno), attività di formazione. E salve rare eccezioni in occasione di delegazioni autorizzate previo l’espletamento di complicate formalità, nessuno può avervi accesso, oltre al personale di polizia: neppure giornalisti o associazioni umanitarie.
Ebbene non ci lascia tranquilli il fatto che in tali condizioni siano rinchiuse, anche per diversi mesi, donne, uomini e anche, senza alcuna cura delle peculiarità del caso, appartenenti alla comunità LGBTQI; perché siamo nel Paese dei taser, nel Paese di Bolzaneto e della Diaz, di Cucchi, Aldrovandi (e tanti, troppi altri), il cui Ministro degli Interni ha dimostrato di non farsi scrupoli a dare quotidiane prove di forza politica ed elettorale giocate sulla pelle di uomini, donne e bambini, sia con utilizzo strumentale del tema migratorio, sia tenendone concretamente in ostaggio diverse centinaia in mare aperto fino allo stremo, pur sotto tutti i riflettori dei media internazionali.
E di qui il punto, e l’ambito del più ampio interesse della rete.
Perché ad accusarci di “buonismo” sarà solo chi è così cieco da non avere ancora compreso che gli stranieri nel nostro Paese sono solo le cavie dell’ultimo stadio dell’esperimento di successo, avviato negli anni ’90, di marginalizzazione delle minoranze e delle diversità, di sfruttamento delle categorie più deboli, ma anche di progressiva precarizzazione dei diritti civili, sociali e politici, che interessano tutte e tutti. Mentre l’istigazione all’odio dello straniero (ormai… istituzionalizzata) è solo l’arma di distrazione di massa per mimetizzare questo processo trasversale, oltre ad essere il fondamento di una irresponsabile strategia elettorale, allo stato – anzi, allo Stato – purtroppo vincente.
Riprova di tale trasversalità sono ad esempio le bozze del Decreto Immigrazione e del Decreto Sicurezza di recente circolate (infine unificate in un unico provvedimento, ribadendo un binomio che la dice lunga sulla visione del fenomeno migratorio adottata), nelle quali l’attuale Governo – trovando buon gioco nell’approfondire il solco già tracciato dal precedente – con strumenti normativi emergenziali affronta fenomeni invece strutturali; e con l’occasione, approfittando del terrorismo psicologico di Stato instillato con una vera e propria strategia della tensione, interviene ridimensionando drasticamente le ipotesi di concessione di permesso di soggiorno e la spesa pubblica per l’accoglienza. Ma allo stesso tempo attenta sfrontatamente a principi basilari di rango anche costituzionale, quali il principio di presunzione di non colpevolezza, quello di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (la cittadinanza acquisita potrà essere revocata!) e quello del diritto alla difesa con il gratuito patrocinio.
Per non dire delle disposizioni di “sicurezza” quali il ripristino del reato di blocco stradale, l’inasprimento delle pene nei confronti di chi promuove ed organizza occupazioni abusive (“di matrice non solo politico-ideologica”), la dotazione di taser per le polizie municipali e l’allargamento delle misure di tutela del decoro urbano anche ai presidi sanitari e le aree destinate a fiere, mercati e pubblici spettacoli. Esse rivelano infatti la chiara direzione imboccata, verso un vero e proprio Stato di polizia. Per tutte e tutti, cittadine/i e non.
In tale contesto, quindi, riteniamo che i CPR (destinati peraltro alla moltiplicazione e al sovraffollamento, a seguito dell’esercito di irregolari generato dal nuovo decreto) siano l’emblema, l’incarnazione dell’incubo del porto franco da ogni minima garanzia di diritti umani, civili e sociali, che deve costituire un monito e un deterrente per tutti coloro che abbiano a cuore i valori della democrazia e dell’antifascismo. E di qui la chiamata a voler unire sotto il simbolo MAI PIU’ LAGER! – NO AI CPR, al di là dello specifico tema della riapertura dei CPR, tutte e tutti coloro che si riconoscono in detti valori e li considerano in pericolo, non solo per le migranti ed i migranti sul nostro territorio, ma per tutte e tutti. Ed intendono presentare a più livelli e con più modalità le proprie istanze, avviando attività di mobilitazione diretta e di sensibilizzazione di un’opinione pubblica che, ormai narcotizzata e plagiata – da destra e da sinistra – con il falso mito della sicurezza e della legalità, non si è accorta di essere stata nel frattempo derubata quasi di tutto.
Per adesioni: noaicpr@gmail.com

MAI Più LAGER- NO CPR

Da anni siamo al fianco di chi lotta contro leggi ingiuste, che disumanizzano chi mette in discussione la “fortezza europa”, chi si scontra con quelle frontiere simbolo delle logiche neoliberiste che impediscono la redistribuzione delle ricchezze.

Noi sappiamo da che parte stare, sappiamo cosa spinge queste moltitudini ad affrontare un viaggio che non è di certo meglio o peggio che restare in territori da secoli vittime di depredazioni, devastazioni ambientali, violenze, discriminazioni e razzismo.

In via Corelli è esistito il simbolo di sopprusi e violazioni “made in Italy”, la Bossi-Fini ne fece un CIE(Centro d’Identificazione ed Espulsione), duramente contestato dalla cittadinanza, e ora con la Minniti-Orlando lo vorrebbe riaprire, cambiano il nome ma non la sostanza.

Ed è in questi casi che la Milano Meticcia e Solidale, fieramente Antifascista e Antirazzista, si organizza per impedire che a Milano si apra un’altra volta un LAGER.

sabato 1 dicembre anche noi saremo in Piazza per dire MAI Più LAGER- NO CPR!

 

 

 

 

https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/migranti-cie-via-corelli-1.4312633

 

 

Migranti, a Milano corteo contro il cpr di via Corelli: su Facebook si invoca Hitler

La rete ‘Mai più lager’ ha orgianzzato la manifestazione contro le politiche del decreto Salvini

Ultimo aggiornamento il 25 novembre 2018 alle 13:23

La struttura di via Corelli
La struttura di via Corelli

Milano, 25 novembre 2018 – Una manifestazione a Milano contro l’annunciatatrasformazione del centro di accoglienza per i migranti di via Corelli in un Cpr, centro per il rimpatrio, e contro le politiche sull’immigrazione previste dal decreto Salvini. E’ quanto organizzato per il prossimo sabato 1 dicembre, in piazza Piola, ma che ha scatenato, su Facebook, reazioni di razzismo e intolleranza, con richiami alle camere a gas e a Hitler, invocazioni di manganellate, insulti.

A organizzarla è la rete di ‘Mai più lager-No ai Cpr’ e finora hanno aderito la Camera del Lavoro, Arci Lombardia, alcuni centri sociali, l’Osservatorio Democratico sulle nuove destre, il Partito della Rifondazione Comunista Lombardia, la Rete Studenti Milano e l’Usb Lombardia. Ed è proprio la rete organizzatrice a denunciare: “Sulla nostra pagina c’è chi invoca le camere a gas con una foto di Hitler, chi incita ad uccidere, chi spera nelle manganellate e chi, al solito, insulta: ma non ci fermeranno”.

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