ANSA.IT 21 OTTOBRE 2018
100 anni Polonia indipendente, il secolo della rinascita
Cancellata per 123 anni da tre spartizioni, risorge nel 1918
Aggredita, smembrata, sottoposta a tentativi di cancellazione dell’identità nazionale, sempre indomita e puntualmente rinata dalle sue ceneri. La Polonia cancellata per 123 anni dalla cartina d’Europa con le tre spartizioni (1772, 1793, 1795) operate da Austria, Prussia e Russia, esattamente cento anni fa, nel 1918, tornava nel cuore del vecchio continente come Stato nazionale. L’11 novembre è la data convenzionale in cui si celebra la ‘Polonia restituta’, che coincide con la fine della grande guerra.
In realtà quel giorno vide solo l’assegnazione a Varsavia dei pieni poteri a Józef Piłsudski il quale il 16 notificherà ai Paesi dell’Intesa vincitori degli Imperi centrali un telegramma col quale, in qualità di comandante in capo delle forze armate polacche, chiedeva il riconoscimento della Polonia e l’invio a Varsavia di rappresentanti diplomatici: “Notifico agli Stati belligeranti e ai governi neutrali e alle Nazioni l’esistenza dello Stato indipendente di Polonia che incorpora tutti i territori della Polonia unita”. La festa dell’11 novembre ha avuto una gestazione travagliata. Istituita nel 1937, poté essere celebrata solo due volte, prima dello scoppio della seconda guerra mondiale e quarta spartizione tra Germania e Unione Sovietica in base ai protocolli segreti del Patto Ribbentrop-Molotov. Dopo il 1945 il regime comunista cancella la ricorrenza, ripristinata solo dopo il 1989.
Anche la riconquista del diritto a tornare a essere Polonia ha seguito un tracciato contorto. Al divampare della grande guerra si erano coagulate due opposte correnti di pensiero attorno al socialista Józef Piłsudski, che vedeva nella Russia zarista l’ostacolo da abbattere per la riunificazione delle tre parti del Paese, e al nazionaldemocratico Roman Dmowski, che guardava alla Russia e alla Francia per sottrarsi al giogo austro-tedesco. Ambedue le potenze imperiali rivolgono appelli ai polacchi per assicurarsene fedeltà e uomini abili alle armi: Gugliemo II e Francesco Giuseppe il 7 il 9 agosto 1914, il granduca Nicola, comandante in capo dell’esercito russo (e non lo zar Nicola II), il 14. I tedeschi, conquistata Varsavia, insediano nei territori della Polonia ex russa il 5 novembre 1916 uno Stato polacco “indipendente”, una pseudo monarchia sotto tutela austro-tedesca governata in via transitoria da un Consiglio di Stato presieduto da Piłsudski. Nicola II il 25 dicembre esorta invece i soldati polacchi a combattere per una “Polonia libera da ricostituire con le tre province ora separate”.
Il 21 gennaio 1917 è il presidente degli Stati Uniti Thomas Woodrow Wilson a lanciare un appello per una Polonia unita. Il 2 giugno Piłsudski esce dal Consiglio di Stato e poiché il 9 le Legioni polacche, su suo ordine, rifiutano di essere inquadrate nelle armate imperiali, viene arrestato e imprigionato. La Francia, per non rimanere fuori dai giochi, il 20 settembre riconosce il Comitato nazionale polacco (Knp) di Dmowski come unico rappresentante dei polacchi, mentre intanto allestisce un’armata polacca agli ordini del generale Haller. Questo esercito è reso possibile dall’interessamento di Vittorio Emanuele III alle richieste degli esuli polacchi in Italia per far liberare i loro connazionali prigionieri con l’uniforme austro-ungarica. A fine 1917 erano stati allestiti tre campi di raccolta a Caserta, Santa Maria Capua Vetere e La Mandria di Chivasso, vicino Torino: qui erano stati addestrati 28.000 soldati e circa 250 ufficiali polacchi (5 reggimenti fucilieri, due dei quali intitolati a Giuseppe Garibaldi e Francesco Nullo, e uno di artiglieria).
Crollata la Russia zarista l’8 gennaio 1918 sempre Wilson aveva riservato il tredicesimo dei suoi ’14 punti per una pace generale’ auspicando la creazione di uno “Stato indipendente polacco che si estenderà sui territori abitati da popolazioni indiscutibilmente polacche”. Il 23 agosto il governo bolscevico abroga unilateralmente i trattati di spartizione della Polonia. In ottobre Austria-Ungheria e Germania lasciano che il 7 ottobre il Consiglio di reggenza proclami la ricostituzione dello Stato polacco ispirato dal tredicesimo punto wilsoniano. La guarnigione asburgica viene espulsa da Cracovia il 31 ottobre e da altri centri minori.
Il primo novembre è proclamato il rinato Stato polacco, che adesso ambisce ripristinare le frontiere del 1772, le ultime legali, come se la storia si fosse fermata, con territori dove i polacchi sono ormai minoranza. Il governo provvisorio costituito a Lublino e presieduto dal socialista Ignacy Daszyński, assieme al Consiglio di reggenza, l’11 novembre rimette i pieni poteri a Piłsudski, arrivato a Varsavia il giorno prima dopo 16 mesi di detenzione nella fortezza di Magdeburgo. Le tre anime della Polonia ritrovano un corpo, ma la sua tragedia non è ancora terminata. Alla prima guerra mondiale la Polonia aveva dato quasi due milioni di soldati con 450.000 caduti; alla seconda avrebbe pagato il prezzo esorbitante della vita di un abitante su sei.
Dopo le spartizioni della seconda metà del Settecento fatte a tavolino,da Austria,Prussia e Russia,la Polonia deve aspettare 123 anni per ritrovare la sua indipendenza ed unità.Dopo solo un ventennio con il patto Molotov-Ribbentrop va incontro ad una nuova spartizione,per ricadere sotto il dominio della Russia sovietica alla fine del secondo conflitto mondiale fino al crollo del regime comunista.Raggiunge la nuova indipendenza quando entra in crisi irreversibile il dominio dell’impero sovietico sui Paesi dell’Est europeo,non senza il contributo decisivo di papa Wojtila ed il movimento di Solidarnosc.La Polonia oggi,pur integrata nell’Ue,segue una politica decisamente nazionalistica che si può comprendere alla luce del suo tragico passato,ma non si giustifica nel contesto attuale,che impone politiche di apertura e di dialogo,se i popoli vogliono concretamente consolidare l’Unione europea.La paura della vicina Russia va superata interiorizzando un autentico animus europeo.Insistendo con il gruppo di Visegrad non rende un buon servizio alla costruenda nuova UE,su cui tutti gli stati e popoli europei dovrebbero sentirsi impegnati,se vogliono fare veramente i conti con la Storia.Con i sovranismi ed i populismi diffusi l’Ue non va da nessuna parte,non potrà competere con potenze,come la Russia,gli Stati Uniti,la Cina,l’India.L’Ue va radicalmente cambiata:occorrono però dialogo e solidarietà,non chiusure negli angusti confini nazionali che hanno fatto il loro tempo.