PAUL KLEE AL MUDEC, PERIODO :::: 31-10-2018 // 03-03-2019 — MILANO–VIA TORTONA 56, LINK SOTTO — TESTO DEL MUDEC –ALCUNI QUADRI DA INTERNET –INTERVISTA ALL’EX DIRETTORE DEL MUSEO DI BASILEA SU KLEE+ UN ARTICOLO SUL SUO VIAGGIO IN ITALIA

31 OTTOBRE 2018 FINO AL 03 MARZO 2019

 LINK DELLA MOSTRA DI PAUL KLEE

http://www.mudec.it/ita/klee-mostra-mudec-milano/

 

 

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La mostra Paul Klee. Alle origini dell’arte, a cura di Michele Dantini e Raffaella Resch, presenta un’ampia selezione di opere di Klee sul tema del “primitivismo”, con un’originale revisione di questo argomento che in Klee include sia epoche preclassiche dell’arte occidentale (come l’Egitto faraonico), sia epoche sino ad allora considerate “barbariche” o di decadenza, come l’arte tardo-antica, quella paleocristiana e copta, l’Alto Medioevo; sia infine l’arte africana, oceanica e amerindiana.

La mostra, promossa dal Comune di Milano-Cultura e da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, che ne è anche il produttore, presenterà un centinaio di opere dell’autore, provenienti da importanti musei e collezioni private europee, e conterà su una consistente collaborazione del Zentrum Paul Klee di Berna. L’esposizione rimarrà aperta al pubblico fino al 3 marzo 2019.

 

PRIMITIVISMO

 

Il concetto di “primitivismo” in Klee assume connotazioni diverse rispetto a quelle comunemente utilizzate a proposito delle avanguardie storiche. L’interesse per tutto quanto, in arte, è “selvaggio” e “primitivo” si desta in Klee in coincidenza con il suo primo viaggio in Italia e la scoperta dell’arte paleocristiana a Roma, tra l’autunno del 1901 e la primavera del 1902.
In seguito al viaggio in Italia Klee si considererà un “epigono”: vale a dire ultimo nato, erede tardivo di un’illustre civiltà giunta al tramonto. E questa conclusione non lo abbandonerà mai in seguito, spingendolo a trasformare, come lui stesso racconta nei Diari, la delusione in “stile”.

Ha origine qui, da un’esperienza in parte dolorosa al cospetto dell’Antico, la propensione di Klee alla beffa e al pastiche. L’artista cerca in opere d’arte “primitive” e in repertori desueti quell’arte della deformazione, o “satira in Grande Stile”, che gli permette di infrangere il gusto monumentale e anticheggiante entro cui si era formato a Monaco.
Klee è un grande conoscitore della storia dell’arte occidentale in tutta la sua ampiezza e varietà. Pressoché in ogni momento della sua attività istituisce rapporti nuovi e inattesi con questa o quella componente della tradizione e si nutre di memorie figurative, in modo non nostalgico. Per necessità insieme storica e di temperamento, l’omaggio si intreccia in lui intimamente alla parodia. Pari all’interesse per la caricatura, che evolve in lui rapidamente in direzioni diverse e più complesse della semplice vignetta da foglio di giornale, è l’interesse per il rinnovamento dell’arte sacra, sviluppatosi in particolare a partire dagli anni in cui Klee collabora alle iniziative del Blaue Reiter con Kandinskij e soprattutto con Franz Marc. Klee è convinto che alle origini dell’arte ci sia una religione, un “popolo” o una comunità storica e linguistica provvista di simboli comuni e riti condivisi.

Ed è convinto che occorra oltrepassare le iconografie tradizionali. A partire dal 1912-1913 Klee dissemina le proprie immagini di ideogrammi, rune o elementi “alfabetici” di invenzione. Si sforza di rinviare l’osservatore al processo che sta dietro l’immagine; di sollecitare in lui domande attorno al senso di ciò che vede; di indurlo a leggere e decifrare con attenzione.

Guarda all’arte bizantina, all’arte celtica, ovviamente all’illustrazione primo-rinascimentale tedesca per trovare precedenti di un’arte (per lo più sacra) intimamente congiunta alla parola e alla “rivelazione”. In seguito, negli anni Venti e Trenta, il suo interesse per l’epigrafia si nutre di riferimenti agli antichi alfabeti cuneiformi medio-orientali e alla geroglifica egizia.

È durante gli ultimi anni della Grande Guerra che Klee vive una sorta di “conversione”, che lo porta a privilegiare temi “cosmici” e a distaccarsi dalle attitudini parodistiche mostrate in precedenza. Klee, in questa fase, immagina di abitare presso “il cuore della Creazione”, vicino alla mente di Dio, e l’arte diventa archetipo, formula di tutte le cose esistenti. I suoi modelli, validi ancora negli anni Venti e Trenta, sono l’illustrazione tedesca tardo-medievale, le miniature celtiche o mozarabiche o l’arte del tempo della «migrazione dei popoli».
Il quadro (o ancor più il disegno) si trasforma in una sorta di pagina di diario “metafisica”: l’opera non si osserva più o meno fuggevolmente, ma “si legge” a vari livelli, come una sorta di partitura musicale. L’artista concepisce l’arte in modo nuovo, “mistico” appunto, in un rapporto indissolubile tra pittura e musica, immagini e parole.
Le sezioni in cui verrà suddivisa la mostra racconteranno questo processo di formazione artistica. Dalla caricatura al periodo in cui Klee si definisce anche “illustratore cosmico”; a un primitivismo di tipo “epigrafico”, la cui sezione di riferimento non a caso verrà intitolata “alfabeti e geroglifiche d’invenzione”.

Una sezione sarà dedicata al teatrino di marionette che Klee aveva costruito per il figlio Felix, a testimonianza del suo interesse per l’espressività infantile e quindi per le origini primordiali dell’arte che l’autore, coerentemente con il suo tempo, riteneva dovessero cercarsi nelle espressioni artistiche di alcune popolazioni di interesse etnografico.

Insieme a esemplari di marionette verrà presentata una selezione delle opere etnografiche del MUDEC.

I manufatti extraeuropei, lungi dal fornire un elemento di comparazione diretta con i lavori di Klee, riferiscono di come l’artista si sia avvicinato, abbia corrisposto con l’universo fantastico, antropologico e stilistico delle arti extraeuropee.
Infine, la sezione dedicata a “policromie e astrazione” designa un diverso insieme di opere, caratterizzate, oltreché dal rigoroso disegno geometrico per lo più associato a motivi architettonici, dalla trasparenza di differenti velature di colore.
Klee viene quindi presentato sia attraverso le sue opere astratte e policrome, conosciute e amate dal grande pubblico, sia attraverso i suoi meno noti lavori caricaturali; al tempo stesso, puntuali ricerche sulle fonti, sui repertori iconografici e formali e sui documenti testuali danno conto della complessità del sostrato culturale dell’artista, della vastità della sua produzione e dell’ampiezza delle tecniche da lui utilizzate.

 

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UN POLO MULTIDISCIPLINARE DEDICATO ALLE CULTURE DEL MONDO

MUDEC.IT— MUSEO DELLE CULTURE (MU-DE-C)

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IL VIAGGIO DI PAUL KLEE ALLE ORIGINI DELL’ARTE

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MITO FLOREALE, 1918

 

 

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Strada principale e strade secondarie (1929), Ludwig Museum (Colonia)

 

 

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Landscape with yellow birds (1923)–PANORAMA CON UCCELLI GIALLI, 1923

 

PESCE MAGICO, 1925

 

 

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NEONATO-1922

 

 

PALLONCINO ROSSO, 1922– Solomon R. Guggenheim Museum, New York

 

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AD PARNASSUM

 

 

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GATTO E UCCELLO, 1928

 

FUOCO NELLA SERA, 1929

 

 

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POLIFONIA, 1933– MUSEO DI BASILEA

 

L’UOMO DEL FUTURO, 1933

 

 

 

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” Come fiori in un vaso “, 1933

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piccolo quadro di pino (particolare)

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” Dopo il viaggio in Tunisia utilizzo’ colori caldi…”

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In Tunisia…

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Il giardino di Tunisi, 1919

Ernst Paul Klee (pronuncia: pàul clée) (Münchenbuchsee, un piccolo comune nel canton di Berna, 1879Muralto, un piccolo comune svizzero nel canton Ticino, 1940) è stato un pittore tedesco nato in Svizzera da padre tedesco e madre svizzera, ambedue musicisti.

 

STILE ARTE SITO

Capire Paul Klee in pochi minuti. Analisi esordi e svolte stilistiche

Stile arte” intervista Hans Cristoph von Tavel (già direttore del Kunstmuseum di Berna), che curò la mostra  dedicata a  Paul Klee, al Complesso del Vittoriano.

 

 Quali sono le caratteristiche stilistiche che caratterizzano le prime prove di Klee?

Le primissime acqueforti sono caratterizzate da uno stile simbolico, completamente figurativo, dove la linea è dominante. Sono lavori che testimoniano l’altissima abilità tecnica, la fantasia e l’inventiva di Klee. Si tratta di opere in cui prevale l’intento socio-critico, contraddistinte dalla teatralità della composizione e in cui si osservano anche motivi fantastici, che svelano un certo gusto onirico e a tratti caricaturale. Complessivamente lasciano trasparire, insieme all’influenza di artisti a Klee coevi e ai retaggi classici di una colta classe borghese, la sua personalità ironica e sognatrice. Dopo l’incontro con Cézanne, poi, lo stile subirà un radicale mutamento. I disegni di paesaggio e anche i ritratti di questo periodo sono eseguiti con grande finezza e sistematicità. Klee stesso definì questa fase come il suo “periodo impressionista”.

 

Nel 1911, Klee entra in rapporto con gli artisti del Blaue Reiter. La sua ricerca si trasferisce dall’analisi introspettiva sui valori psicologici delle forme a quella relativa ai problemi di luce, colore, movimento. Quali sono i punti di approdo di tale spostamento di attenzione?
Klee stringe amicizia con i pittori del Blaue Reiter, e, sebbene mantenga sempre una certa distanza dalle attività del gruppo, partecipa alla loro seconda mostra berlinese con alcuni disegni. Di grande forza sono le illustrazioni che egli realizza in questo periodo per il “Candide” di Voltaire: si tratta di disegni esistenzialisti, in cui l’uomo viene rappresentato alla stregua di un insetto, nella sua condizione di estremo e sofferto isolamento e di solitudine. Insieme a Kandinskij e a Marc, nel 1912 compie un viaggio a Parigi, in occasione del quale incontra Robert Delaunay, il maestro del cubismo e del colore, con cui instaura un rapporto di reciproca stima e di collaborazione. Klee è molto affascinato dalle ricerche del francese sulla luce e sul colore, addirittura traduce in tedesco un suo saggio sull’argomento. E’ a partire da questo momento che Klee fonda le basi della propria pittura fatta di piani colorati.

Il 1914 è un anno fondamentale: col viaggio in Tunisia, si ufficializza il suo “matrimonio” con il colore. Come cambia da quel momento la sua pittura?
Di ritorno dal viaggio in Tunisia Klee lavora moltissimo con i luminosi acquerelli che ha realizzato durante la permanenza in quei luoghi. Da questo momento in poi è il colore il vero protagonista delle sue opere. Elementi geometrici dai colori lievi sono accostati in una delicata trama di rapporti e accordi quasi musicali; arabeschi, cupole, minareti, ideogrammi di cammelli e di palme sono intrisi di atmosfere esotiche e fiabesche. Piano piano si compie nel suo lavoro anche un’evoluzione tematica. Durante la prima guerra mondiale Klee matura molto, dal punto di vista sia umano che artistico. Sviluppa un personale simbolismo, fanno la loro comparsa quelle immagini che poi ricorreranno spesso nei suoi quadri, come il fiore che si trasforma in orologio (l’elemento naturalistico viene abbinato all’elemento esistenziale del tempo), l’occhio, la croce, la stella, la luna e anche le figure umane estremamente stilizzate. E ancora le lettere dell’alfabeto, a volte composte in parole o frasi.
Seguono gli anni del Bauhaus, dove Klee insegna accanto a Kandinskij. In che modo si coniugano il razionalismo dominante in questo ambiente (che certamente ebbe influenza su di lui) e la matrice fantastica alla base della sua ricerca?


Questa è una domanda fondamentale per comprendere lo sviluppo della personalità artistica di Klee. Nel 1920 viene chiamato da Gropius al Bauhaus, dove tiene corsi di pittura. L’esperienza dell’insegnamento, con il confronto diretto con i giovani studenti, rappresenta per lui una preziosa occasione, poiché viene costretto a compiere riflessioni intorno ai problemi formali dell’arte, alle metodologie da utilizzare per tradurre le idee in qualcosa di concreto. In questi anni le sue ricerche sia sul piano teorico che su quello pratico confluiscono in alcune fondamentali pubblicazioni. Klee non viene comunque conquistato dall’eccesso di razionalismo che dominava l’ambiente. Il suo linguaggio pittorico rifiuta l’astrazione, le sue opere sono pervase da un prodigioso senso dell’equilibrio di forme e colori. Fino all’arrivo al Bauhaus, Klee aveva lavorato prevalentemente in solitudine, mentre qui egli ha l’opportunità di confrontarsi direttamente con altri autori come Itten, Kandinskij, e lo stesso Gropius. La sua attività acquista un riconoscimento sempre maggiore da parte del mondo intellettuale del tempo: Klee diviene un artista internazionale.

 

Ad un certo punto, però Klee lascia Weimar e il Bauhaus.

Nel 1930 si trasferisce a Düsseldorf, con un contratto di insegnamento all’Accademia. Ma questo non è un periodo felice della sua esistenza: fino al 1933, infatti, lui e la moglie non trovano casa in quella città e vivono a Dessau, costretti ad affrontare alcune difficoltà pratiche che contribuiscono ad alimentare il forte disagio che Klee inizia ad avvertire. Egli intuisce i pericoli degli sviluppi politici in corso in Germania. Durante la sua assenza, l’abitazione di Dessau viene perquisita a fondo dai nazisti; in seguito viene richiesto all’artista di certificare la propria origine ariana. Klee trasloca da Dessau a Düsseldorf. Nello stesso tempo è licenziato senza preavviso. Nel 1937 è presente con 17 opere alla mostra organizzata dai nazisti sull’“Arte degenerata”. A quel punto si rende per lui inevitabile la scelta di abbandonare la Germania e di far ritorno a Berna nella casa di famiglia. I quadri di questo periodo sono forse i più belli della sua produzione: molto raffinati ed espressivi.
Si giunge così alle opere della maturità, caratterizzate da una forte componente drammatica, certamente alimentata dalle gravi difficoltà che il pittore è costretto ad affrontare negli ultimi anni della sua vita.
Purtroppo, contemporaneamente al suo ritorno a Berna fanno la prima comparsa i sintomi di quella malattia, la sclerodermia, che lo costringerà a ritirarsi dalla vita sociale, in solitudine e sofferenza, e che infine lo ucciderà. L’ultima produzione acquista una connotazione fortemente drammatica. Compaiono quasi ossessivamente grossi segni neri, i colori si fanno densi e pastosi, le forme minacciose evocano morte e distruzione. Per l’estrema forza espressiva che caratterizza questa fase della sua pittura, è possibile suggerire un parallelo con Picasso. Nella parte conclusiva della rassegna è esposto il dipinto che fu trovato sul cavalletto il giorno della sua scomparsa, intitolato “L’ultima natura morta”: quasi il testamento artistico di Paul Klee.

se ti puo’ interessare, apri il link sotto l’immagine: parla di Klee nel suo viaggio in Italia, prima in Liguria, poi a Milano, poi a Roma…riportando i brani dei minutissimi diari…

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