FONDAZIONE PALAZZO MAGNANI
ANSA.IT / EMILIA ROMAGNA — REGGIO EMILIA –31 OTTOBRE 2018
http://www.ansa.it/canale_viaggiart/it/regione/emiliaromagna/2018/10/31/dubuffet-maestro-di-gioco-e-meraviglia_928b3c31-0a5d-4c70-a960-51ff18f75ea1.html
Jean Dubuffet, Site avec 2 personnages, E 491, gennaio 1982 © ANSA
Jean Dubuffet, Noble port de tte, 1954, Olio su tela, 81 x 53,5 cm 2018 Adagp, Paris/ Siae
Jean Dubuffet, Noble port de tte, 1954, Olio su tela, 81 x 53,5 cm 2018 Adagp, Paris/ Siae
Jean Dubuffet, La bague d?or, 2 avril 1958, Olio su tela, 100 x 81 cm 2018 Adagp, Paris/ Siae
Jean Dubuffet, Lieu de campagne aux deux promeneurs, luglio 1975, Acrilico su tela
Jean Dubuffet, Solario (portrait), marzo 1967, Vinilico su tela, 100 x 81 cm 2018 Adagp, Paris/ Siae
Jean Dubuffet, Raisons complexes, 1952 mars, Olio su faesite, 68 x 33 cm Jean Dubuffet/Adagp, Paris
Jean Dubuffet, Station de plaisance, novembre 1980, Acrilico su tela, 130 x 162 cm 2018 Adagp, Paris/ Siae
REGGIO EMILIA – C’è tutta la complessità, vivace, dinamica e imprevedibile, di un ‘homme-orchestre’ come Dubuffet nell’omaggio che la Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia rende al suo percorso artistico nel ‘900 con una grande retrospettiva allestita dal 17 novembre al 3 marzo. Dal titolo “Jean Dubuffet, l’arte in gioco. Materia e spirito 1943-1985”, la mostra delinea l’intera parabola di un originale artista artigiano che attorno ai 40 anni ha abbandonato il commercio dei vini per dedicarsi completamente al suo estro creativo e che è stato anche pensatore, letterato, musicista e grande sperimentatore di tecniche e stili.
Una poliedricità dimostrata da Dubuffet fino all’anno della morte, avvenuta nel 1985, che il progetto espositivo, curato da Martina Mazzotta e Frédéric Jaeger, documenta attraverso 140 opere, tra dipinti, disegni, grafiche, sculture, libri d’artista, composizioni musicali, poetiche e teatrali, provenienti principalmente dalla Fondation Dubuffet e dal Musée des Arts Décoratif di Parigi, oltre che da collezioni private di Francia, Svizzera, Austria e Italia. L’arte come gioco ma anche come meraviglia, come strumento per rivelare l’invisibile ed esprimere bellezza e bruttezza, ambiguità e ironia, nella più totale libertà e senza alcun incasellamento né etichetta: la mostra illustra Dubuffet in modo esaustivo, sviluppandosi intorno alla relazione dialettica tra materia e spirito. Tre le sezioni che compongono il percorso: la prima comprende opere realizzate dal ’45 al ’60, tra cui Mirobolus, Macadam et Cie e Matériologies; la seconda accoglie lavori compresi tra il ’62 e il ’74, con la serie L’Hourloupe; infine la terza sezione, con i Théatres de mémoire e i Non-lieux, realizzati tra il ’76 e l’84. Interessante la parte dedicata alla musica (Dubuffet usava vari strumenti e dispositivi elettronici per produrre “suoni inediti”) e quella con i libri d’artista, che presentano lo “jargon”, gergo fonetico inventato dall’artista per decostruire la lingua francese. Piccola mostra nella mostra è poi la sezione che presenta 30 lavori di protagonisti (da Aloïse a Wilson a Walla) dell’Art Brut, termine coniato da Dubuffet nel 1945 per indicare quei talenti posseduti da un istinto creatore spontaneo e puro.
Infine, fanno parte del percorso anche alcuni elementi di Coucou Bazar, opera d’arte totale tra pittura, scultura, teatro, danza e musica, realizzata a Torino nel 1978, in collaborazione con la Fiat. “Anche se alcuni cicli e aspetti del suo lavoro sono stati affrontati, una retrospettiva così ampia manca da oltre 30 anni in Italia: è un percorso ambizioso, per raccontare l’artista, l’artigiano, l’alchimista, l’ultimo dei grandi artisti in senso rinascimentale”, dice oggi a Roma all’Ambasciata di Francia a Palazzo Farnese la curatrice Mazzotta, “nel nostro Paese Dubuffet è poco conosciuto e non è studiato: la sua rapidità nello sperimentare a livello teorico e pratico le potenzialità dell’arte lo ha reso forse poco contemporaneo per la sua epoca, ma lo è molto ora per noi”.
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