REPUBBLICA del 18 OTTOBRE 2018 pag.
A Roma
Mensa non pagata bimba alla gogna sull’albo pretorio
MAURO FAVALE,
ROMA
Più sei povero e più il tuo disagio verrà sbandierato ai quattro venti. Anche se hai 9 anni, sei una bambina che va a scuola e, giustamente, non sai cosa siano un albo pretorio né una notifica di morosità. E invece accade a Roma che il nome e il cognome di un ragazzina, figlia di una famiglia di origini nigeriane, venga segnalato, addirittura in grassetto, ed “esibito” sul sito del Comune (nella sezione del consultatissimo Albo pretorio) proprio nell’elenco dei morosi.
Subito sopra il nome della bimba c’è quello del padre, ovviamente moroso anche lui, “colpevole” di non aver pagato, per l’anno scolastico 2015/2016, nove rate della mensa per la figlia. In totale, fa sapere il Comune, sono 720 euro, cui se ne aggiunge una decina tra interessi legali e spese di notifica. Notifica che dovrebbe arrivare nella buca delle lettere della propria abitazione. Ma che, a Roma, per i senza fissa dimora, dal 2017 è stata sostituita dalla pubblicazione sull’Albo pretorio, la sezione del sito del Comune dove finiscono notizie e avvisi considerati d’interesse pubblico.
È così che una storia come tante (il mancato pagamento di alcune rette scolastiche) si trasforma nel paradosso che ha coinvolto questa famiglia originaria di Lagos, Nigeria, cui anni fa proprio il Campidoglio aveva assegnato — come agli altri senza fissa dimora — un indirizzo fittizio per consentire loro di ottenere i documenti d’identità: via Modesta Valenti, dal nome di una homeless morta anni fa per omissione di soccorso. Ad aggravare il caso, però, stavolta c’è il nome della bambina pubblicato sul sito del Comune. «Inaccettabile», ha reagito la sindaca che, prima di scaricare la colpa sugli uffici dell’VIII municipio (a guida centrosinistra), il territorio della scuola frequentata dalla bambina, ha tenuto a confutare qualsiasi accostamento tra questa vicenda e quella di Lodi, dove i bambini figli di stranieri sono stati esclusi dalla mensa scolastica per una serie di strettissimi paletti burocratici.
Anche nel caso di Roma c’è lo zampino della burocrazia, “cieca” nel pubblicare online i dati sensibili di una minorenne.
«Una svista», la definisce Amedeo Ciaccheri, il presidente del Municipio VIII, eletto a giugno, che annuncia «un’istruttoria interna per accertare responsabilità e funzionari coinvolti, che dovranno rispondere di queste procedure distorte».
A fine giornata, proprio Ciaccheri ha incontrato il padre della bimba, finito alla gogna con la figlia, assicurandogli il sostegno dei servizi sociali. La delibera del 2017 sui senza fissa dimora, invece, nonostante già all’epoca fosse stata criticata dalle associazioni (Caritas, Sant’Egidio, Centro Astalli), è ancora lì.
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C’è nell’aria un vento di sospetto, di paura: se metto un timbro, se ritardo un atto amministrativo, se dò un po’ di sollievo a qualcuno che ne ha un disperato bisogno, rischio magari il posto. E’ la politica degli ultimi mesi che ha impostato questa continua minaccia. Di fronte a qualche problema ( e ce ne sono molti, come del resto prima), i politici, invece di approfondire e andarne alle cause, si affrettano a dire che chi ha sbagliato pagherà. Sembra di essere nella Rivoluzione Francese ( scusate il paragone aulico), stare nella folla che assiste allo spettacolo orripilante della ghigliottina, mentre le “tricoteuses” sogghignano facendo la loro tragica maglia. Per cambiare davvero dovrebbe essere ovvio che la giustizia farà il suo corso, ma questo non esime i politici da cercare le cause dei fatti negativi e provare, con umiltà, senza illudere le persone, di migliorare il presente. Invece che politici abbiamo davanti dei veri pubblicitari, alcuni più abili e con più esperienza di altri. Nessuno di loro alla fine pagherà per il male e il dolore procurato ai suoi simili, che però hanno la colpa irremissibile di essere poveri.