MICHELE SERRA SUL PALCO CON LA MUCCA
L’AMACA DI MICHELE SERRA
baby boomer
La legalizzazione della cannabis in molte parti del mondo, con le fotografie di consumatori e coltivatori, spesso maturi, che festeggiano facendo il segno della V, è una di quelle notizie collaterali che, in tempi normali, mi avrebbe messo molta allegria. Sono contento anche adesso, pure se coltivo e consumo tutt’altro, perché in fondo tutti noi abbiamo nel Dna qualcosa del figlio dei fiori. Nonché una specie di istinto libertario che ci porta a fidarci, a dire «sì va bene» piuttosto che «no, non si deve fare». Siamo fatti così.
Eppure quei sorrisi paracaliforniani, quella gentile ebbrezza, quegli imperterriti boccoli giovanili, mi comunicano anche un vago sentimento di allarme: come se stessimo, tutti quanti, divagando. E non da oggi. Da qualche decennio. Come se almeno alcune delle libertà per le quali ci siamo battuti non fossero così fondamentali, e anzi facessero parte di un ostinato gioco giovanile che ci ha distolto da cose più toste e più gravi.
Meno giocose. Dal disastro ambientale alla morte del lavoro alla crisi della democrazia alla voglia di dittatura (non trovo una parola più efficace), suonano certe trombe, anche di guerra, che forse richiederebbero un poco più di orecchio; e una preparazione, anche psicologica, un poco più adulta. Non vorrei, ecco, che la Storia, quando busserà alle nostre porte nelle sue forme più brutali e più minacciose, ci trovasse tutti che ci facciamo una canna. Ma forse questo è solo un cattivo pensiero passeggero. Ci bevo sopra un bicchiere di Barbaresco e mi passa. Con due, divento
ottimista.
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