a tv 2000
1. Vito Alfieri Fontana era al vertice della principale azienda italiana che fabbricava mine anti-uomo. Poi grazie a suo figlio e Don Tonino Bello ha deciso di chiudere l’azienda e trasformarsi in uno sminatore.
IL SUCCESSORE – Trailer
Mattia Epifani— Pubblicato il 19 ott 2015
Un film di: Mattia Epifani Produzione: Apulia Film Commission Produzione esecutiva: Fluid Produzioni
Con: Vito Alfieri Fontana, Nijaz Memic, Senaid Abdihodeic, Rarija Besic.
1. 2 «Fabbricavo mine anti-uomo, ora semino pace»–INTERVISTA
qui sotto, l’intervista rilasciata a SERMIG, l’Arsenale della Pace di Torino
https://www.vocetempo.it/costruivo-mine-anti-uomo-ora-semino-pace/
2. WWW. SANREMO NEWS.IT –3 OTTOBRE 2018
Sanremo: venerdì prossimo, 5 ottobre 2018,
il primo evento di Ottobre di Pace 2018 a Palazzo Roverizio
PALAZZO ROVERIZIO A SANREMO TRA VIA ESCOFFIER E VIA PALAZZO
L’ELEGANTISSIMA SALA DELLE CONFERENZE DI PALAZZO ROVERIZIO
Vito Alfieri Fontana, ex titolare di un’azienda di Bari che produceva mine antiuomo, convertitosi alla nonviolenza e diventato sminatore, parlerà della sua esperienza personale
La retorica politica e militare racconta come gli Stati stiano producendo armi sempre più “intelligenti”, “chirurgiche”, “precise” – facendo dunque credere che gli effetti collaterali o i danni sulle popolazioni civili siano sempre più rari. E invece le armi prodotte negli ultimi decenni sono tutt’altro che chirurgiche o intelligenti: sono armi pensate per colpire indistintamente le popolazioni, soprattutto i civili, e per causare danni di maggiore entità possibile sulle persone, sulle città e sugli ambienti – danni che spesso sono destinati a perdurare nel tempo. Le mine antiuomo, le bombe a grappolo, le munizioni all’uranio impoverito, le bombe atomiche, tutte le diverse tipologie di armi chimiche e batteriologiche, fino alla recente MOAB (la “madre di tutte le bombe” sganciata dall’amministrazione USA in Afghanistan il 13 aprile 2017): hanno tutti lo scopo di distruggere e colpire in maniera indistinta, non certo di mirare in maniera intelligente i soli obiettivi militari.
Di questo e della sua esperienza personale parlerà venerdì 5 ottobre alle 21.00 a Palazzo Roverizio, Vito Alfieri Fontana, ex titolare di un’azienda di Bari che produceva mine antiuomo, convertitosi alla nonviolenza e diventato sminatore. Per 17 anni si è dedicato prima in Kosovo, poi dal 2001 a Sarajevo, l’ex capitale bosniaca e sulle colline circostanti, a bonificare il mondo dai “frutti maledetti” che aveva seminato.
3. www. casa della resistenza.it
http://www.casadellaresistenza.it/node/270
Associazione Casa della Resistenza
Parco della Memoria e della Pace
Un viaggio esistenziale dall’Italia verso gli ex teatri di guerra della Bosnia Erzegovina dove ancora oggi squadre di sminatori sono attive nella bonifica dei terreni. Nel conflitto tra dovere e coscienza si muovono i passi di un uomo in cerca di riscatto.
Vito Alfieri Fontana è un ingegnere ed ex proprietario della Tecnovar, azienda pugliese specializzata nella progettazione e nella vendita di mine antiuomo. In seguito a una profonda crisi esistenziale l’ingegner Fontana mette in discussione se stesso, il suo lavoro e i rapporti con la sua famiglia, in particolar modo con il padre, figura tanto carismatica quanto ingombrante. Il peso della successione e delle responsabilità si scontrano così con l’intima esigenza di interrompere la produzione di mine antiuomo. Una domanda lo assilla: quante vittime avrà causato il lavoro della Tecnovar? La risposta a questa domanda assume per Fontana contorni inquietanti, ma è anche il punto di partenza di un viaggio esistenziale dall’Italia verso gli ex teatri di guerra della Bosnia Erzegovina dove ancora oggi squadre di sminatori sono attive nella bonifica dei terreni. Nel conflitto tra dovere e coscienza si muovono i passi di un uomo in cerca di riscatto, seppur consapevole che il bilancio tra bene e male non potrà mai più essere in attivo.
E’ così che Vito Alfieri Fontana, dopo una profonda crisi morale, passa dall’altra parte della “barricata” e diventa sminatore in Bosnia e non solo lì. Questa è la storia, vera e dolente, narrata ne “Il successore”, che il giovane regista Mattia Epifani, trentenne leccese, porta sullo schermo raccontando un conflitto interiore che affligge molti, quello tra dovere e coscienza: la crisi di Fontana infatti nasce dal dovere decidere se seguire le orme del padre o se opporsi alla produzione di quell’oggetto distruttivo che sono le mine antiuomo. E sceglie la seconda strada. Reduce dal successo all’IDFA di Amsterdam, il più importante festival internazionale del film documentario, l’opera ( prodotta da Apulia Film Commission con la Fluid Produzioni) ha vinto come “Migliore Film sul mondo del lavoro” il Premio Cipputi al Torino Film Festival. Il film è stato realizzato grazie ai fondi del Progetto Memoria, un bando indirizzato alla produzione di piccoli grandi film con l’obiettivo di realizzare e promuovere il documentario di narrazione. “ Sono orgoglioso che Torino mi abbia regalato questo premio particolarmente legato all’attualità della condizione umana, del lavoro, della società civile. Questa non è la classica vicenda di redenzione ma il racconto di un uomo che ha rinnegato se stesso per darsi una seconda possibilità”, ha sottolineato Mattia Epifani.
Nella pellicola, che dura 52 minuti, la difficile storia di Vito Alfieri Fontana, scorre parallela per una buona metà del film a quella di uno sminatore bosniaco che durante una missione ha perso una gamba. In un secondo tempo, si scopre che i due sono diventati amici e collaboratori, dal momento che Fontana decide di dare una svolta alla sua vita. Un film sobrio e corretto, affidato sostanzialmente a quattro serie di contributi: un diario a ritroso di Vito Fontana, che in voce fuori campo commenta e “riassume” bilanci sulla sua vita, l’attività del futuro collega bosniaco, uno sguardo intenso su natura e paesaggi balcanici, freddi e muti scenari di una guerra del passato, e una raccolta minore di filmati di repertorio, pescati per lo più tra materiali pubblicitari o promozionali dell’azienda Tecnovar. E’ proprio in quei luoghi, sul monte Trebević ( la montagna più bella di Sarajevo) , nei pressi dei resti della pista da bob, residuo delle Olimpiadi invernali del 1984, che ho conosciuto Vito Alfieri Fontana, mentre stava bonificando quell’area dagli ordigni. La sua è una storia di scelte e di coraggio, e il film – con sobrietà ed efficacia – gli rende merito. Emerge su tutto il protagonista che sfugge alla facile glorificazione delle sue scelte ammettendo, con grande amarezza, raccontando la sua esperienza, di aver fatto a malapena il suo dovere. Ma, a differenza di tanti, ha avuto la forza di farlo, ha messo in discussione la sua vita, le scelte e il lavoro, ripensandosi. Un giro netto di vita, una svolta che offre anche, in un contesto duro e drammatico, una speranza.
Consigliato da Marco Travaglini
Per approfondimenti sul film vi segnaliamo: Il Successore
Questo e molti altri articoli di Informazione Società e Cultura si possono leggere sul quotidiano online Il Torinese
Che bella l’iniziativa “Un ottobre di pace”. Ancora più bello che si svolga a Sanremo, nel palazzo e nei locali che abbiamo frequentato come scolari delle elementari.