Siena
Il prof. Di Maio a Siena con la sua equipe
IL FATTO QUOTIDIANO DEL 2 OTTOBRE 2018
piemme, febbraio 2018
“L’immunoterapia non è più la Cenerentola contro i tumori”
È stato il primo in Europa a sperimentare l’efficacia delle nuove cure e alla notizia del Nobel dice “finirà la diffidenza”
Nell’immunoterapia come trattamento per combattere i carcinomi, lui ci crede da quando era un giovane studente di Medicina e chirurgia, a Napoli, e da parte della “comunità medica e scientifica c’era una diffidenza completa: erano pochissimi quelli che pensavano che potesse avere un futuro nell’oncologia”.
Molte cose sono cambiate da allora, da quando Michele Maio se ne andò, fresco di laurea, all’estero con una borsa di studio. Destinazione: il New York Medical College, dove già più di trent’anni fa si facevano sperimentazioni sulla capacità del sistema immunitario di sconfiggere il melanoma e il cancro al colon.
Michele Maio nel frattempo è diventato un luminare dell’immunoterapia. E oraarchivia un’epoca: quella dello scetticismo. Una sfiducia che Maio ricorda bene: lo ha accompagnato anche quando è rientrato in Italia per dirigere prima il Centro di oncologia di Aviano, nel Friuli, e poi fondare, nel 2004, il Centro di Immunoterapia Oncologica, primo in Europa e unico in Italia, al Policlinico di Siena.
Professor Maio, il Nobel ad Allison e Honjio è un risultato storico?
Un riconoscimento storico e quasi scontato, aggiungerei. James Allison e Tasuku Honjo hanno dato un contributo straordinario alla comprensione del funzionamento del nostro sistema immunitario e alla lotta contro il cancro. Ma c’è ancora molto da fare.
Perché lo definisce un riconoscimento scontato?
Perché sono già sul mercato nuovi farmaci che derivano dalla scoperta di queste due proteine (dal 2011 negli Stati Uniti, e dal 2003 in Italia). Farmaci con i quali sono stati ottenuti risultati inimmaginabili nel trattamento di alcune forme di cancro. La scoperta di Allison e Honjo è storica: una vera e propria rivoluzione. Ma è il punto da cui partire, in prospettiva, per sconfiggere tutte le forme tumorali.
Su cosa si basa l’immunoterapia?
È basata sull’uso di farmaci che potenziano la nostra difesa immunitaria. Attivano il nostro sistema sfruttando ciò che il corpo sa fare molto bene: distruggere cellule tumorali. Queste cellule a volte cambiano, assumendo caratteristiche che scatenano il cancro, per questo dobbiamo “educare” il sistema immunitario. Il nemico è il cancro: il male che colpisce oltre mille persone al giorno nel nostro Paese; una parola che ancora oggi alcuni faticano a pronunciare. Negli anni abbiamo iniziato a interrogarci sulle armi, anziché sul nemico. Il cancro si è sempre combattuto assalendolo dall’esterno. Ma forse l’arma segreta, la più potente e definitiva – almeno io di questo ne sono convinto – si cela al nostro interno, è già in noi. Si chiama sistema immunitario.
Perché l’immunoterapia è così efficace?
Perché in molti casi, con una percentuale che si avvicina al 50%, permette la scomparsa della malattia. Ed è comunque più efficace della chemioterapia. Possiamo dire che quest’ultima dà benefici che possono durare poco nel tempo. Mentre l’immunoterapia, quando funziona lo fa per un lungo periodo, cronicizzando la malattia, e aumentando quindi sensibilmente le aspettative di vita del paziente.
Qual è la situazione in Italia?
Molto buona, anche se potrebbe migliorare. Il nostro sistema sanitario dispone già di alcuni farmaci che attivano le nostre difese per contrastare efficacemente alcuni tumori come il melanoma, il cancro del polmone o della vescica. Ma l’elenco potrebbe allungarsi e includere anche altre patologie cancerogene, come già avviene negli Stati Uniti.
Siamo in ritardo, se guardiamo oltreoceano?
Parliamo di un ritardo che è dovuto principalmente alle procedure per l’approvazione di un nuovo farmaco da immettere sul mercato. Negli Stati Uniti, anche partendo da studi che sono al livello embrionale, tutto è molto più rapido. In parte il nostro ritardo è fisiologico, in parte è dovuto alle procedure più lente e complesse dell’Ema, l’agenzia europea per i medicinali. Anche se in Italia si è fatto molto per diffondere l’immunoterapia, con lo stanziamento di fondi. Parliamo comunque di farmaci molto costosi, che devono essere importati. Per questo tutti coloro che hanno un ruolo nel sistema sanitario, dall’industria farmaceutica ai medici, per arrivare al ministero della Salute, dovrebbero mettersi intorno a un tavolo e definire, tra le tante cose, anche come riorganizzare l’assistenza oncologica.
Che cosa differenzia l’immunoterapia dalle cure tradizionali come la chemioterapia?
L’immunoterapia è meno invasiva: possiamo tenere sotto controllo gli effetti collaterali, e il paziente può continuare a fare una vita assolutamente normale. L’immunoterapia, in più, oltreché sul tumore, può dirigersi anche verso altri organi, ma con meno intensità rispetto alla chemioterapia. E poi la chemio, come ben sappiamo, abbassa le difese immunitarie.
Lei è stato il primo a introdurre questa terapia in Italia…
Sì, sono stato il primo. Con la mia equipe ho trattato a Siena il primo paziente.
E adesso che questa terapia viene considerata la nuova frontiera dell’oncologia, come si sente?
Potrei dire ai colleghi: avete visto che funziona? Battute a parte, so di non avere lavorato invano per quarant’anni. Una volta l’immunoterapia era la Cenerentola dell’oncologia. Di fronte ai risultati clinici ottenuti, e al prestigioso riconoscimento di ieri, il Nobel per la Medicina, non è più così.
Fortuna che sia tornato in Italia. Speriamo che questa ricerca e sperimentazione si allarghi e dia speranza ai malati di questa terribile malattia.