GIUSEPPE CUCCHI, LIMES DEL 05-09-2018, IL CROLLO DELLE ILLUSIONI GEOPOLITICHE DELL’ITALIA ++ ALTRO– 3 CARTINE DI LAURA CANALI

 

LIMESONLINE DEL 05-09-2018

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Il crollo delle illusioni geopolitiche dell’Italia

Carta di Laura Canali

Carta di Laura Canali, 2018.

 

Lo strisciante disfacimento delle strutture multilaterali cui affidavamo la tutela dei nostri interessi ci sta cogliendo totalmente impreparati.

di Giuseppe Cucchi

Generale della riserva dell’Esercito. Già direttore del Centro militare di studi strategici, consigliere militare del presidente del Consiglio, rappresentante militare permanente dell’Italia presso Nato, Ue e Ueo. Consigliere scientifico di Limes.

 

Un tempo noi italiani avevamo alleati e amici e ci crogiolavamo nell’idea che questa privilegiata e rassicurante condizione sarebbe durata in eterno.


Alla nostra sicurezza provvedeva la Nato, guardiano armato dei valori che erano alla base del legame transatlantico. Valori condivisi di libertà collettiva e individuale, democrazia e libero mercato (quest’ultimo temperato, almeno nel caso dei paesi europei, da adeguati interventi ridistribuivi degli Stati in ambito sociale).


Al funzionamento dell’Alleanza atlantica contribuivamo tutti, anche se la maggior parte dell’onere ricadeva ovviamente sugli Stati Uniti. Noi però li ricambiavamo in due modi. Primo, mettendo a disposizione i nostri territori per il dispiegamento avanzato delle truppe statunitensi – operazione che più che dalle comuni necessità di sicurezza era guidata dalle esigenze della politica di potenza a stelle e strisce. Secondo, lasciandoci coinvolgere in avventure in teatri lontani cui non ci collegava altro interesse che una non ben specificata “solidarietà atlantica”. Come ad esempio è successo e sta ancora succedendo a noi italiani in Afghanistan, un paese del tutto estraneo all’area dei nostri interessi nazionali.


Gli altri settori della nostra politica e della nostra economia erano poi almeno parzialmente armonizzati in ambito continentale dall’Unione Europea cui, pur nell’assenza di una politica estera e di difesa comune, veniva concordemente riconosciuto il merito di avere propiziato per le più recenti generazioni un periodo di pace assoluta di una lunghezza che l’Europa non aveva mai conosciuto in precedenza. In campo economico, peraltro, l’adozione della moneta comune ci aveva reso meno vulnerabili alle crisi e alla speculazione internazionale, consentendoci di superare con danni relativamente limitati momenti difficili in cui le valute nazionali di un tempo avrebbero rischiato di soccombere.


Nel complesso quindi potevamo ritenere di far parte di una soluzione collettiva integrata e armonica che oltretutto la comune appartenenza alle Nazioni Unite permetteva di estendere, qualora se ne presentasse il caso, ad altre aree e altri protagonisti della scena mondiale.


Si è trattato di una condizione che è durata sino a quando è durato il sereno, ma che ha rivelato tutta la sua fragilità allorché le nubi hanno cominciato ad addensarsi.


In un certo senso la crisi della Federazione Jugoslava, con Stati e popoli europei che fino a poco prima convivevano pacificamente e che poi non avevano esitato un attimo ad azzannarsi reciprocamente a morte, avrebbe dovuto metterci sull’avviso. Dirci, se non altro, che l’epoca dell’apertura, dell’idealismo e dei valori condivisi rischiava di essere insidiata dalla rinascita di nazionalismi esasperati che, prendendo un paese e la sua popolazione come unici ed esclusivi punti di riferimento, rischiavano di rivelarsi di un egoismo tanto concreto quanto arido.

 

 

Carta di Laura Canali, 2014


Carta di Laura Canali, 2014


Dall’inizio del nuovo secolo, il fenomeno ha progressivamente accelerato il proprio ritmo, portandoci a estremi tali che viene da chiedersi se per caso il multilateralismo concorde degli anni precedenti non fosse altro che un atteggiamento di facciata. E se in realtà lo sbandieramento dei valori comuni non fosse altro che un modo per nascondere il perseguimento di interessi molte volte non condivisi. Constatazione particolarmente dolorosa per un paese come il nostro che, per mantenere fede ai suoi impegni multilaterali con amici e alleati, ha persino accettato di entrare in guerra contro i suoi interessi. Quindi contro se stesso. Per ben due volte negli ultimi vent’anni.


La prima in Kosovo, contro quella Serbia che per cento anni era stata nostra alleata per aiutarci a impedire che l’influenza tedesca nei Balcani scendesse a sud della Bosnia. Ora la Serbia è sconfitta e la Germania è dilagata sino a Istanbul, con buona pace degli interessi balcanici italiani.


Vi è stato poi il caso della Libia, ove interessi bilaterali inglesi e francesi ci hanno costretto a cooperare alla caduta di Gheddafiper preservare il salvabile dei nostri investimenti Eni. Per quello che è successo dopo, siamo stati soprattutto noi a pagare il conto.


Ora ci troviamo di fronte a un progressivo, accelerato disfacimento, sostanziale anche se per il momento non formale, delle strutture multilaterali su cui facevamo affidamento. Gli alleati in parecchi casi si stanno rivelando inaffidabili, gli amici tutt’altro che tali.


La Nato è stretta in una morsa dalla dottrina Trump, che ha rinunciato ai valori comuni fondanti e persegue la visione di una “America first” per realizzare la quale Mister President ha ampiamente dimostrato di essere disposto a passare anche sui cadaveri degli alleati più fedeli e di più lunga data. Porta in seno inoltre il cancro della trasformazione di una Turchia di cui, nell’impotenza di assumere una qualsiasi decisione, si rifiuta di prendere ufficialmente atto. L’alleanza è condizionata infine in maniera eccessiva dal blocco dei paesi di recente ammissione che operano per concentrarla sulla funzione antirussa a scapito di quella di controllo mediterraneo.


Quanto all’Ue, la nostra lista di rimostranze è altrettanto ampia e variata. Sul piano collettivo basta guardare al modo in cui l’Unione ha affrontato il problema più grave del momento, quello delle migrazioni, costruendo una gabbia normativa che anche se non dichiarato ufficialmente lascia alla sola Italia l’onere del problema, trasformandola in ghetto continentale. In compenso Bruxelles si riserva un intangibile diritto di sindacare in merito.


Sul piano bilaterale le cose vanno ancora peggio. Della Libia e del ruolo a suo tempo ivi giocato da Francia e Regno Unito abbiamo detto. In data più recente la Francia si è di nuovo mossa nello stesso teatro con estrema spregiudicatezza, in linea con la politica del presidente Macron che quando parla è apertamente europeista, ma che si rivela esclusivamente nazionalista ogni volta che agisce. Nel contempo i paesi delblocco di Visegrád” bloccano qualsiasi possibilità di intesa allorché si parla di ridistribuzione dei migranti. Quanto alla Germania, basta accennare a come nel settore energetico con la mano destra blocchi la costruzione del gasdotto SouthStream, che sarebbe dovuto passare per l’Italia, mentre con la sinistra propizi il raddoppio di Nord Stream, in terra tedesca.

 

Carta di Laura Canali, 2017.


Carta di Laura Canali, 2017.


Ce ne sarebbe abbastanza per cedere anche noi alla tentazione e rivedere dalla base l’intera nostra politica di amicizie e di alleanze. Un processo che però potrebbe rivelarsi troppo difficile per un paese che in realtà non ha mai saputo nemmeno definire con precisione quali siano veramente i propri interessi nazionali.


In effetti, i primi tentativi che sono stati fatti in tal senso hanno mancato di spessore e di convinzione, rischiando di associarci ai peggiori gaglioffi del continente.

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