Andrej Babiš (Bratislava, Slovacchia, 1954) è un politico e imprenditore ceco. Fondatore e leader del partito ANO 2011, è Primo ministro della Repubblica Ceca dal dicembre 2017, dopo i risultati del suo partito alle elezioni legislative dell’ottobre precedente. Babiš è stato descritto da molti commentatori come “il Donald Trump ceco”. Membro della Camera dei Deputati dal 2013, è il secondo uomo più ricco della Repubblica Ceca, è ex amministratore delegato e unico proprietario del gruppo Agrofert, stimato per un valore netto di circa 4,04 miliardi di dollari secondo Bloomberg.
Originariamente ha focalizzato le sue attività commerciali principalmente sull’agricoltura, ma negli ultimi anni ha acquisito un grande impero di società di media. Ciò gli ha portato critiche da parte di parti che credono di aver accumulato troppa potenza, in quanto i media che controlla pubblicano cose favorevoli verso di lui.
BERLINO
«Abbiamo molte idee comuni con l’Italia sui temi chiave Ue: migranti, o quanta integrazione e quanta sovranità. Verrò lieto il 28 a Roma a discuterne con Conte e Salvini». Parla il premier ceco Andrej Babis, il tycoon che col partito “Unione dei cittadini insoddisfatti” governa Praga.
Lei era imprenditore di successo, perché è passato in politica?
«Con gli anni le ambizioni cambiano: da giovane vuoi fondare famiglia, divenire ricco. Piú avanti negli anni vuoi lottare contro il corrotto sistema costruito dai partiti tradizionali».
Cosa vi direte a Roma?
«Sono d’accordo coi vostri leader. Dobbiamo tornare all’origine del fantastico progetto europeo che ci ha dato decenni di pace, libertà, libero commercio e libera circolazione. Schengen è piú importante dell’eurozona per definire quale area difendere insieme, lottare per la sicurezza dei cittadini. Come Astérix e Obélix che resistono. Quanto all’immigrazione, in Cechia abbiamo il minor tasso di disoccupazione in Europa. Chi viene da noi invitato da aziende o istituzioni è benvenuto.
Anche profughi dall’Ucraina.
Ma migranti illegali sono un problema».
Come reagire?
«L’Italia ora lavora bene.
Accoglierli non è la soluzione a lungo termine. Guardiamo ai sistemi Usa, australiano, canadese. Dobbiamo fermare l’immigrazione con piú poteri nazionali. Italia, Malta o Spagna dovrebbero avere soldi Ue.
Dovremmo finanziare il Nordafrica come facciamo con la Turchia per frenare l’ondata.
Negoziare con Usa, Russia Turchia, Nordafrica e altri un Piano Marshall per Siria e Africa: far vivere bene i migranti a casa anziché venire da noi illegalmente, e dico no alle quote di ripartizione».
Salvini parla anche di culture differenti, che ne dice?
«Il problema sono le nuove ondate, non chi venne decenni fa integrandosi e lavorando.
Non possiamo lasciarli girare senza mèta tra noi, occorre una grande Ellis Island e idee australiane o americane. Un progetto globale contro l’immigrazione illegale».
Pensa a iniziative comuni ceco-italiane?
«Dobbiamo discuterne, l’ho già fatto con bavaresi o austriaci.
Diamo solidarietà, anche ai fondi italiani per la Libia. Guai se l’Italia non accetta migranti illegali, ma Spagna e Malta sì».
Viségrad o l’Italia sono lontanissime da Berlino o Bruxelles. Teme che la Ue si spacchi?
«No, i Paesi cambiano. Austria e Germania prima accoglievano tutti, ora no. Servono sovranità nazionali, non Paesi maggiori che decidono anche per i piccoli. Se vogliamo crescita, guai a rischiare nuove Brexit: sarebbe un disastro. Siamo sulla stessa barca. Noi di Viségrad abbiamo un’altra storia e non tradizioni multiculturali».
La sfiducia verso la Ue crea nuovi partiti spesso vincenti.
È anche il suo caso?
«Rido quando mi chiamano populista. Ho creato un movimento contro la corruzione dei partiti tradizionali che promettono e non mantengono, per questo abbiamo vinto. Piaccio anche come uomo di successo. Il mio problema sono le coalizioni: devo accettare l’appoggio esterno comunista. Ci vogliono sistemi maggioritari tipo Usa o Francia per un’Europa prospera».
Perché tanti cechi e altri europei sono scettici e ostili verso Bruxelles?
«Sappiamo, specie i giovani, che il processo europeo è importante. Ma Bruxelles vuole decidere troppo. Vogliamo un’Europa unita, ma non piú integrazione: sistemi sociali fiscali ed energetici unificati sono impossibili. Decidano gli Stati nazionali su come investire i fondi europei e cresceremo tutti meglio. Dico da europeista: dobbiamo capirci e non ascoltare che in cambio dei soldi dobbiamo accogliere migranti».
La Russia è un nemico? E quali rapporti auspica con Trump?
«Il prolema è che l’Europa non è stata troppo attiva in politica estera. In Siria Obama ha perso tempo. Prima ci furono i casi Iraq e Siria, poi l’invasione russa in Crimea che a noi ricorda l’invasione del ‘68. E l’Onu non funziona. L’Europa deve essere piú attiva».
La accusano di essere stato agente segreto comunista, cosa risponde?
«Sono cavolate, bugie. Ho vinto tre volte in tribunale e forse mi rivolgerò alla Corte europea. Mi diffamano odiandomi, mi paragonano a Berlusconi ma non controllo media e non faccio politica per la mia ex azienda. Lotto contro la corruzione.
Non sono un eroe come Havel, di Havel ne abbiamo avuti troppo pochi. Ma i cittadini mi hanno scelto».