17 AGOSTO 1893::: MASSACRO DI AIGUES MORTES IN PROVENZA—sotto, un link nostro del 2015+++ molte immagini+++ STEFANIA PARMIGGIANI, REPUBBLICA 15 AGOSTO 2018, pag. 27 —RICORDA IL MASSACRO E LE RICERCHE STORICHE DI ENZO BARNABA’ DALLA NOSTRA VENTIMIGLIA

 

 

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VENTIMIGLIA::: IERI E OGGI

 

ore 22:58 ——comincerei dall’intervista ad Enzo Barnabà ( sotto –dopo le immagini) // AVETE SENTITO PARLARE DEL LINCIAGGIO/ MASSACRO DI NOSTRI IMMIGRATI—STAGIONALI— NELLE SALINE DI AIGUES MORTES (CAMARGUE, FRANCIA) IL 17 E IL 18 AGOSTO 1893 ? chiara l’ha scoperto proprio oggi da Donatella e ve lo porge, se volete guardarlo, montato un po’ a modo suo…grazie, bella notte, chiara

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Nella salina, stampa dell’epoca.‎<br />

LE SALINE, STAMPA D’EPOCA

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ENZO BARNABA’

 

 

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QUANDO I CLANDESTINI ERAVAMO NOI…

 

 

 

15/8/2018

CRONACA

Il racconto

Il 17 agosto 1893 ad Aigues- Mortes

Quel massacro di operai italiani nelle saline francesi

Una strage xenofoba che verrà ricordata dopodomani con una targa in Camargue

STEFANIA PARMEGGIANI

 

” Morte agli italiani». Un uomo è a terra. Lo calpestano con i tacchi. I suoi compagni sono barricati dentro la panetteria di piazza San Luigi, nel centro storico di Aigues-Mortes. La folla prende a sassate la porta. I sacchi di farina sono accatastati uno sull’altro. Presto, se cede sarà un massacro. La folla ha il cuore avvelenato dall’odio: gli italiani se la sono cercata, sono venuti fin quassù, nelle saline della Camargue, alle foci del Rodano, per rubare il pane ai francesi.

Lavorano a cottimo. Dalle cinque del mattino alle sette di sera spingono carriole piene di sale fino a formare piramidi alte otto metri. Dormono in baracche malsane, se va bene guadagnano 12 franchi al giorno. Accettano quello che i francesi non accetterebbero mai.

“Morte agli italiani”. La folla è sempre più eccitata, fende l’aria con forconi e randelli. Per le strade di Aigues-Mortes risuona il rullo di un tamburo. Qualcuno intona la marsigliese. Si cercano gli italiani, si vanno a stanare là dove dormono, nelle saline e nelle vigne in cui sono nascosti. La folla vuole giustizia: la Francia ai francesi. Tra l’Italia e Parigi infuria la guerra doganale, da lì a poco si andrà al voto, da mesi la stampa nazionalista ripete allo sfinimento che la manodopera italiana toglie il pane ai francesi e pubblica ritratti di nostri connazionali “sporchi, tristi e straccioni”.

La psicosi dell’invasione sfocia nel sangue tra il 16 e il 17 agosto del 1893. In quei giorni circa 600 italiani, per lo più piemontesi e toscani ingaggiati tramite caporali senza scrupoli, si aggiungono ai trimards, lavoratori francesi senza fissa dimora, per raccogliere l’oro bianco di Aigues-Mortes.

Novantamila tonnellate di sale devono essere portate via prima dell’arrivo delle piogge. Il caldo toglie il fiato, il rischio di contrarre la malaria è altissimo. E l’acqua sembra non bastare mai.

Enzo Barnabà, storico che per anni ha scavato nelle nebbie della Storia fino a ricostruire nel libro “Aigues-Mortes, il massacro degli italiani” (Infinito edizioni) l’esatto numero delle vittime — dieci morti e un centinaio di feriti — sostiene che all’origine della violenza ci sia stato proprio un litigio per l’acqua: un operaio torinese che lava il suo fazzoletto in una tinozza, i francesi che lo aggrediscono, lui che estrae il coltello.

È la scintilla che incendia le saline, gira la voce (falsa) che gli italiani abbiano ammazzato dei francesi. L’eccitazione non è più controllabile: trimards rimasti senza lavoro e cittadini si uniscono. “A morte gli italiani”.

La folla, circa 500 persone, segue il pubblico banditore: la caccia agli orsi — così erano chiamati i nostri emigranti — è aperta. Gli operai cercano rifugio dove possono: il parroco Mauger li accoglie nella sua abitazione privata, i Fontaine, proprietari della panetteria, li fanno barricare nel negozio e con loro resistono all’assedio per tutta la notte.

Alle otto del mattino il prefetto decide di evacuarli. Dentro ci sono 39 persone. Vengono divisi in gruppi, fatti salire su una carrozza e scortati in stazione.

Per le strade risuona il tamburo, lo strumento che in Provenza sostituisce le campane nei momenti di pericolo e di mobilitazione. Il sindaco fa affiggere dei manifesti: i disordini possono cessare, gli italiani sono stati licenziati e verranno espulsi, da domani i francesi che vogliono lavorare nelle saline si presentino alla Compagnie des salins du Midi. È sufficiente? Basta essersi liberati di quegli straccioni che accettano senza fiatare le condizioni dei padroni? Non ci sono forse dei morti da vendicare?

Così la folla s’incammina verso le saline di Peccais, dove è maggiore la concentrazione di stagionali stranieri. Gli italiani sono barricati in un edificio della Compagnia, gendarmi a cavallo li proteggono. La folla sfonda le linee, sale sul tetto. Il capitano invita alla calma, è lì per scortare in stazione gli italiani. Sono ottanta operai, camminano sotto il sole e schivano le sassate e i forconi. Quando vedono le mura, s’illudono di essere in salvo, ma la banda che si era formata in città, quella della panetteria, avanza al suono del tamburo.

L’esercito, chiamato all’alba dal prefetto, arriva alle sei del pomeriggio. Gli italiani vengono caricati sui treni e fatti partire.

Diciassette persone ferite troppo gravemente per mettersi in viaggio sono ricoverate in un ospizio, uno di loro morirà di tetano un mese dopo. Nel cortile vengono allineate le salme, saranno fotografate e inumate a mezzanotte del giorno dopo. Solo due persone seguono i carretti: i cadaveri italiani commuovono assai poco l’opinione pubblica francese.

Nei giorni successivi centinaia di emigrati, impauriti, lasceranno la regione. Il massacro ha grande risonanza sui giornali francesi e italiani, ma a nessuno interessa veramente scoprire le colpe. Al nostro governo basta un capro espiatorio, che viene subito individuato nel sindaco. Alla sbarra finiscono diciassette persone. Dopo un processo farsa saranno tutti assolti.

Passano gli anni e su quel massacro, una delle pagine più tragiche della storia operaia europea, scende il silenzio.

L’Italia sembra aver dimenticato di essere stata una terra di emigranti vittime dell’odio razzista. E soprattutto, ha rimosso le parole che accecarono di follia gli animi dei francesi nelle ore del massacro. E finalmente, solo grazie alla tenacia di Barnabà, dopodomani, 125 anni dopo il massacro, le vittime avranno un riconoscimento pubblico con l’apposizione sulla facciata del municipio di Aigues-Mortes di una targa che ricordi, insieme a loro, anche i Giusti che alla violenza xenofoba seppero opporsi.

 

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2 risposte a 17 AGOSTO 1893::: MASSACRO DI AIGUES MORTES IN PROVENZA—sotto, un link nostro del 2015+++ molte immagini+++ STEFANIA PARMIGGIANI, REPUBBLICA 15 AGOSTO 2018, pag. 27 —RICORDA IL MASSACRO E LE RICERCHE STORICHE DI ENZO BARNABA’ DALLA NOSTRA VENTIMIGLIA

  1. Nicola Tanieli scrive:

    Anche mio padre è stato emigrante in Francia negli cinquanta per raccogliere da stagionale le barbabietole da zucchero e io lo vedevo partire e piangevo.

    • Chiara Salvini scrive:

      ti ringraziamo caro Nicola della tua testimonianza preziosa, grazie, speriamo di rivederci, chiara per il blog—

      —sei nato vicino alla Francia per caso ?

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