STEFANO FELTRI, CARLO TRECCE, IL FATTO 2 LUGLIO 2018::: COSI’ L’ITALIA UTILIZZERA’ L’ACCORDO UE…

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 2 LUGLIO 2018

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Così l’Italia utilizzerà l’accordo Ue: soldi, Ong e aiuti in Africa

La strategia – Il premier Conte e il ministro degli Esteri Moavero useranno le conclusioni del Consiglio per coinvolgere gli altri Stati

Così l’Italia utilizzerà l’accordo Ue: soldi, Ong e aiuti in Africa

Le decisioni del Consiglio europeo sono come medicine a rilascio graduale del principio attivo, producono effetti nel tempo: dopo una settimana dal vertice di Bruxelles, si capisce che la Germania ha ottenuto meno di quello che pensava e l’Italia forse un po’ di più. Il ministro dell’Interno della Csu Horst Seehofer continua a sfidare la cancelliera Angela Merkel (Cdu) perché il Consiglio europeo non ha avallato i respingimenti di migranti che già hanno presentato richiesta d’asilo in un altro Stato Ue, cioè Grecia o Italia. “Gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure necessarie per contrastare tali movimenti”, si legge nelle conclusioni. Un condizionale che per Seehofer è “insoddisfacente”.

É proprio sui condizionali che si gioca un pezzo della partita europea: un verbo al condizionale indica un auspicio ma non una certezza o un automatismo. Come nella frase del comunicato del Consiglio che più interessa all’Italia: “Nel territorio dell’Ue coloro che vengono salvati, a norma del diritto internazionale, dovrebbero essere presi in carico sulla base di uno sforzo condiviso e trasferiti in centri sorvegliati istituiti negli Stati membri”. In tanti hanno visto in questo impegno vago una sconfitta dell’Italia, ma non il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, profondo conoscitore delle sottigliezze eurocratiche che nella notte del 28 giugno assisteva il novizio premier Giuseppe Conte nei negoziati sulla bozza con Angela Merkel e Emmanuel Macron, due veterani di quel genere di trattative. Il condizionale indica un auspicio comune allo sforzo condiviso e che non c’è automatismo sui “movimenti secondari”. Tradotto: se la Germania vuole che il condizionale sui respingimenti diventi un verbo all’indicativo, dovrà rendere concreta anche la condivisione degli sforzi sui salvataggi. E poi c’è quel plurale, migranti da trasferire in centri sorvegliati istituiti negli Stati membri”. Non solo in Italia, dunque.

Il Consiglio europeo non può riformare il regolamento di Dublino (richiedenti asilo di competenza del Paese in cui sono identificati), non può riscrivere i trattati che regolano i salvataggi in mare e non può imporre ricollocamenti forzosi dei migranti, perché gli Stati nazionali non hanno mai trasferito a Bruxelles quel tipo di sovranità.

Per questo nel documento finale del Consiglio si parla di costruzione dei centri “unicamente su base volontaria”. Ma questo, come spiega il ministro Moavero ai suoi interlocutori in queste ore, significa che anche gli sforzi dell’Italia dovranno essere intesi come esclusivamente volontari. Non automatici, non obbligati, non dovuti soltanto alla sfortunata collocazione geografica nel Mediterraneo. Il vero significato politico del documento uscito dal Consiglio europeo è che per la prima volta l’Unione ha ammesso di dover avere una strategia comune per gestire l’emergenza migranti. Qualunque azione dell’Italia, dopo quel vertice, può essere inserita sotto l’ombrello di un impegno europeo. Anzi, i partner dovrebbero apprezzare il fatto che “su base volontaria” l’Italia si occupi tanto di migranti per conto dell’Ue tutta.

Possono sembrare sottigliezze diplomatiche, ma questa interpretazione delle conclusioni del Consiglio sarà tenuta molto ferma dal ministro Moavero e dal premier Conte. Con effetti concreti.

Primo: tutti gli sforzi per salvataggio e accoglienza sostenuti dall’Italia (4,7 miliardi di euro nel 2017) saranno considerati dal governo italiano parte di quello europeo, quindi l’Ue o gli altri Stati dovranno contribuire. E questo è un argomento che il ministro del Tesoro Giovanni Tria farà valere nella discussione sul bilancio e sul deficit, in autunno. Secondo: il documento del Consiglio europeo non fa alcun riferimento al fatto che i migranti salvati vadano portati nel porto più vicino all’intervento (l’Italia), resta quindi valido soltanto il principio del porto “sicuro”. Nell’ambito di una strategia europea, dunque, l’Italia avrà tutto il diritto di chiedere che anche i porti di Francia, Spagna e Malta si aprano agli sbarchi, delle Ong e delle navi militari che lottano contro il traffico. E se Macron protesta, Conte e Matteo Salvini possono ora appellarsi ai principi generali sanciti dal documento finale del Consiglio.

E poi c’è l’Africa: mentre l’Italia continua a lavorare per ricostruire la sovranità della Libia, la Farnesina prepara una ambiziosa strategia nei Paesi di transito per convincere i migranti a tornare indietro. Poichè la convinzione si regge su costosi trasporti e altrettanto costosi incentivi monetari, l’Italia non ha alcuna intenzione di rimanere sola a sostenere questo sforzo che viene citato esplicitamente nel documento del Consiglio Ue.

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