NEMO CI SUGGERISCE DI LEGGERE ATTENTAMENTE::: EZIO MAURO, EDITORIALE DI REPUBBLICA, 04-06- 2018 PAG. 1-21

 

L’editoriale

LA DESTRA REALIZZATA

Ezio Mauro

È finita la pacchia». Nel traduttore ideologico di Matteo Salvini la tragedia delle migrazioni, che segna un’epoca e riguarda due continenti, si riduce a una cuccagna, una gozzoviglia fortunata, un bengodi che comunque ha le ore contate perché è arrivato lui al governo e ha preso in mano il Viminale.

Il leader della Lega si riferiva ai clandestini, «che dovranno andarsene», ma contemporaneamente annunciava la chiusura dei porti italiani alle navi delle Ong che prestano soccorso nel Mediterraneo, e il taglio del budget di 5 miliardi destinati all’accoglienza dei migranti.

Seguiranno, com’è sempre accaduto, i rom, con le ruspe che dalle felpe di Salvini scenderanno nelle strade per smantellare i campi che non sono regolari: per ora.

Naturalmente una politica di controllo dei flussi è indispensabile, e il ministro Minniti l’aveva messa in opera: una politica, non una predicazione ideologica.

Si tratta di costruire e governare un concerto con le altre sponde del Mediterraneo.

Sapendo poi che quando questa rete di controllo viene bucata dai disperati in cerca di una speranza di sopravvivenza e di futuro valgono le ragioni di umanità, le regole di civiltà, le leggi del mare che Roberto Saviano ricorda a Salvini: non si lasciano morire i naufraghi.

Il messaggio del ministro dell’Interno — messaggio alla popolazione, alla nuova maggioranza, ma anche agli apparati di polizia che operano in terra e per mare — è invece l’opposto. Si fa credere che i migranti abbiano goduto di privilegi impropri e indebiti, dunque a danno dei cittadini italiani: e nello stesso tempo si annuncia che quella «pacchia» è finita perché è cambiata la stagione politica e la Lega è arrivata al governo alzando la bandiera di un’italianità che non è quella dell’Italia dei nostri padri e delle nostre madri.

Tutto avviene in un cortocircuito politico da battaglia navale, costruito a tavolino, esportato sui social media, pronto per arrivare infine nel grande tinello italiano attraverso il canestro indistinto del talk show, dove qualche sondaggista ci dirà che le percentuali per Salvini salgono: in studio applausi e sorrisi di Di Maio, come accade ormai per ogni cosa.

Chi aveva ancora dei dubbi sulla natura di questo governo è servito. Agitare il fantasma di Berlusconi dietro la finestra per nascondere Salvini a capotavola non ha portato a niente. Non avendo una storia che li vincoli e una cultura che li indirizzi, i grillini sono già prigionieri del campo di forza della politica sprigionata dalla nuova Lega, che suscita riserve persino in Maroni mentre riceve consensi entusiastici da Bannon e Marine Le Pen.

Avremo un lepenismo (corretto da assistenzialismo al Sud spacciato per facsimile di reddito di cittadinanza) che proverà a fare un patto con la piccola impresa e con gli alti redditi, costruendo per strada il modello di una base sociale incerta e indefinita ma probabilmente capace di unirsi in una confusa voglia di resa dei conti contro una fantasmatica élite, che nel nostro Paese non è mai stata capace di diventare establishment.

È quella stessa classe dirigente ancora incerta oggi se convertirsi un’ennesima volta, per cavalcare questa rivoluzione di serie B sperando di trarne qualche dividendo, o stare a guardare, in attesa che passi anche questo temporale.

Ma intanto lo spostamento del Paese è già evidente, basta osservare quel che accade sotto i nostri occhi. La verità è che siamo davanti ad una “destra realizzata”, dopo il mostro del socialismo reale. La “destra reale” europea oggi siamo noi, laboratorio con tutti i potenziali esplosivi del continente: il piano “B” anti euro e contro la Ue, il legame con Putin, la simpatia per Erdogan, l’ammirazione per Orbán, il lavoro con Farage e Le Pen.

Ecco dove nasce, fin dove arriva la bandiera che il nuovo governo ha issato con Salvini sul colle del Viminale. Ribellismo, velleitarismo, ideologismo, dilettantismo. Una volta c’era una vecchia parola socialista per definire tutto questo: avventurismo.

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