IL FATTO QUOTIDIANO DEL 12 NOVEMBRE 2017
Giro d’Italia, perché per me non deve partire da Israele
Gianluca Ferrara (NOTIZIE IN FONDO)
Senatore M5s, direttore di Dissensi Edizioni
Per la prima volta nella storia, il Giro d’Italia partirà fuori dai confini europei. Infatti, il prossimo 4 maggio la gara ciclistica prenderà il via da Israele. Il motivo del mio dissenso a tale scellerata scelta non scaturisce da ragioni nazionaliste, per quanto mi riguarda il Giro d’Italia potrebbe partire anche da Tegucigalpa o Antananarivo, il problema è la scelta di Israele.
Purtroppo, la stampa internazionale cela ai più l’occupazione illegittima e violenta di Israele contro il popolo palestinese, reo di trovarsi in un territorio che i sionisti, già alla fine del 1800, hanno deciso si occupare. Il Giro d’Italia partirà 10 giorni prima di una data che in Occidente è ignota ai più, ma che i palestinesi ben conoscono. Il 15 maggio in Palestina si commemora il giorno della Nakba (catastrofe in arabo): dopo la guerra arabo-israeliano (1948-1949), decine di villaggi e città palestinesi vennero distrutti e più di 700mila palestinesi dovettero lasciare le proprie case e diventare profughi.
Come ho avuto già modo di ricordare, a partire da quella data Israele iniziò il percorso di colonizzazione di terre non sue e di crescente allontanamento degli autoctoni. Unità paramilitari speciali come l’Haganà, il Palmach e l’Irgun occuparono con la violenza i villaggi palestinesi e deportarono gli abitanti che furono costretti a lasciare la loro terra mentre vedevano le ruspe distruggere le proprie case.
Nel 1967, Israele, con la Guerra dei Sei giorni si impossessò delle Alture del Golan, la Striscia di Gaza, la penisola del Sinai e Gerusalemme est. Nel 2008, con l’operazione nominata Piombo fuso, fu persino usato il fosforo bianco. Nel luglio 2014, con Margine protettivo, Gaza fu colpita dai caccia israeliani; un intero popolo senza via di fuga (Gaza è una prigione a cielo aperto cui non è permesso né accedere, né uscire) fu sottoposto ai raid di uno degli eserciti più potenti spalleggiato e protetto anche dagli Usa. Centinaia furono i bambini uccisi.
Il popolo palestinese, nell’indifferenza internazionale, subisce un’occupazione che trasgredisce il diritto internazionale: sono decine le risoluzioni Onu che Israele sistematicamente viola. Dalla classe politica italiana temo non ci sia nulla da aspettarsi, altrimenti lo Stato della Palestina sarebbe già stato riconosciuto come tale e non venderemmo armi ad un altro regime, quello dell’Arabia Saudita (anch’esso storico alleato degli Usa), che le usa per sottomettere i civili dello Yemen.
Se oggi non avessimo un notaio come Sergio Mattarella ma un presidente della Repubblica come Sandro Pertini, forse sarebbe stata sottolineata tale inopportunità. I palestinesi, inutilmente, hanno chiesto agli organizzatori del Giro di spostare la partenza da Gerusalemme, ma siamo ancora in tempo. L’invito è rivolto agli sportivi e ai cittadini in generale: facciamo sentire il nostro dissenso(qui la petizione), diamo un segnale forte; non si può riconoscere al governo israeliano un tale riconoscimento da parte dell’Italia. Per una volta, facciamo prevalere la voce di coloro che hanno il coraggio e la dignità di schierarsi con chi è schiacciato e non con chi schiaccia.
Gianluca Ferrara
Senatore M5s, direttore di Dissensi Edizioni
Sono nato nel 1972 a Portici (Napoli) ma vivo a Viareggio, ho conseguito a pieni voti la laurea in Scienze Politiche e studio i fenomeni di politica internazionale e gli scenari economico-sociali. Ho collaborato con riviste e quotidiani nazionali.
Ho scritto diversi saggi ai quali hanno contribuito persone che mi hanno insegnato la passione per la conoscenza e la giustizia sociale come don Andrea Gallo, Alex Zanotelli, Vandana Shiva e Beppe Grillo. I miei ultimi libri sono 99%, Derubati di Sovranità, la guerra delle élite contro i cittadini e La Società del Benessere comune scritto insieme a Francesco Gesualdi.
Il mio ultimo saggio si intitola “L’Impero del male” introdotto dal caro presidente Ferdinando Imposimato.
A gennaio 2018 ho partecipato alle parlamentarie del M5S e mi sono classificato primo tra gli uomini in Toscana (1), in base a questo risultato sono stato eletto senatore.
Sono direttore editoriale di Dissensi Edizioni (www.dissensi.it), una casa editrice indipendente che mi piace definire un “laboratorio culturale di informazione e partecipazione”. A mio avviso il problema principale dei nostri tempi è che viviamo in una sorta di Truman Show ed è quindi di fondamentale importanza mostrare una realtà alternativa al pensiero unico dominante, una via di uscita che ci possa trasformare da attori inconsapevoli a protagonisti della nostra vita.
tutti pronti a criticare la strumentalizzazione del Giro da parte di Israele, la scelta inopportuna, scellerata e via dicendo. M sul fatto che la consacrazione di Bartali quale salvatore di ebrei è un falso mito, NESSUNO VUOLE SCOTTARSI LE DITA, anche se ormai è il segreto di pulcinella che la storia di Bartali eroico postino è inventata dei sana pianta. Il mio testo è basato unicamente su testimonianze di autorevoli protagonisti di quegli eventi. L’autorità dello storico Michele Sarfatti conforta l’ipotesi (si veda “Gino Bartali e la fabbricazione di documenti falsi”. Allego una versione ridotta e più sintetica in aggiunta a quella più dettagliata già inviata al blog.
“Gino Bartali salvatore di ebrei: un falso mito?
Israele è uno Stato fondato anche sulla mistificazione e la propaganda. La più recente operazione propagandistica è basata pretestuosamente sull’inserimento di Bartali nel Giardino dei giusti dello Yad Vashem nell’ottobre 2013 e consiste in un accordo stipulato fra governo israeliano e RCS. Tale accordo prevede la partenza del 101° Giro d’Italia da Gerusalemme con lo svolgimento anche delle successive due tappe in territorio israeliano.
Per l’operazione Israele ha versato a RCS 12 milioni di euro, cui si sono aggiunti i 4 elargiti sempre a RCS dal miliardario israelo-canadese Sylvan Adams. È l’importo più alto mai investito da Israele in un evento sportivo.
Il beneficio preventivato merita, tuttavia, l’ingente spesa: gli organizzatori hanno calcolato in oltre 100 milioni gli spettatori delle tre tappe ai quali sarà presentata la facciata di un Paese normale, ricco, felice e civile. Le immagini, accuratamente selezionate, non mostreranno il muro, i check point, la militarizzazione, insomma la realtà vissuta dai palestinesi: l’occupazione, le demolizioni, le espulsioni, le incarcerazioni, le uccisioni.
Già la figura di Bartali quale soccorritore di ebrei era stata oggetto di controversie ai tempi della sua “consacrazione”. Ora però era necessaria più che mai per creare un aggancio tra Israele e il Giro d’Italia.
Si riesuma, allora, un testo del 1978 di Alexander Ramati (tradotto in italiano nel 1981) dal titolo: Assisi clandestina. Assisi e l’occupazione nazista secondo il racconto di p. Rufino Nicacci. Ramati immagina che il frate Rufino Nicacci racconti come Bartali avesse ricoperto il ruolo di corriere tra Firenze e Assisi, occultando documenti falsi destinati agli ebrei nella sua bicicletta.
Nel 1982 interviene, però, a smentire il tutto don Aldo Brunacci, canonico della cattedrale di Assisi, incaricato dal suo vescovo Mons. Ncolini, di organizzare la rete dei soccorsi agli ebrei ivi rifugiatisi. Brunacci è stato il protagonista dell’opera di assistenza in Assisi, in quanto tale coordinava anche la fabbricazione e la distribuzione dei documenti di identità falsi; inoltre conosceva perfettamente le attività di padre Nicacci, che si era inserito nella sua organizzazione clandestina. Brunacci, Giusto fra le nazioni, è quindi la fonte più autorevole e attendibile per giudicare il racconto di Ramati e la veridicità degli eventi attribuiti a b. Nel marzo 1982, nel corso della “Giornata degli ebrei d’Italia” tenuta ad Assisi, Brunacci smentisce seccamente il racconto di Ramati e nega qualsiasi ruolo di Bartali nella vicenda della fabbricazione e distribuzione di documenti falsi
Nel 1989 Brunacci ritorna a parlare del libro di Ramati Assisi clandestina con la “Nota di don Aldo Brunacci”(in Colligere Fragmenta, Edizioni Porziuncola, Assisi, pp. 61-62) precisando vari argomenti a riprova del fatto che “sia il libro che il film di Ramati hanno falsato completamente la verità.” Questa Nota è l’ultimo chiodo piantato sul coperchio della bara della romanzesca narrazione bartaliana. L’autorevole Reader’s Digest, che aveva concordato con Ramati un contratto di molti milioni per l’inserto nella rivista del libro presentato come storico dall’autore, annullò il contratto quando constatò che si trattava invece di un racconto inverosimile e grottesco.
“In più di un’occasione”, racconta Aldo Brunacci ”ho avuto modo di far rilevare alle personalità ebraiche incontrate in questi ultimi anni che il libro nuoce alla loro causa, giacché un falso così clamoroso, perpetrato da uno scrittore ebraico a scopo di lucro, può ingenerare dubbi in ciò che invece è realmente avvenuto durante l’olocausto.”
Le “personalità ebraiche” non ascoltarono l’avvertimento: Israele non può fare a meno di falsi miti per nascondere la realtà della pulizia etnica , dell’apartheid e del genocidio in corso.”
Giovanni Negro