MASSIMO RUSSO (esperto della rete), REP. DEL 14-02-’18 ::: PENSA PRIMA DI CONDIVIDERE… come ci si intrappola nella rete…

PENSA PRIMA DI CONDIVIDERE

Massimo Russo

La cattiva notizia è che siamo su un treno ad alta velocità che — anche nel giorno di San Valentino — viaggia carico di rabbia, rancore, pregiudizio. E non si fermerà in stazione né rallenterà prima del 4 marzo. La buona notizia è che ognuno di noi ha a disposizione il freno di emergenza, per fermarsi a riflettere, a capire, a patto di volerlo usare. A rendere evidente il clima è un qualunque post su Facebook, pubblicato di lunedì mattina da un utente come tanti altri. In apertura la foto di un ragazzo nero, in un vagone del Frecciarossa 9608 Roma-Milano. Il testo descrive un giovane vestito bene, con un cellulare di ultima generazione, che non parla italiano né inglese, e che non ha il biglietto. Anzi, pretenderebbe di viaggiare con quello di un interregionale da 4 euro. Da lì all’intemerata razzista lo slittamento è immediato. Il ragazzo diventa un migrante, anzi “l’esempio lampante dell’assenza di certezza della pena che il nostro Paese ha regalato a queste persone”. Altra sbandata e arriva l’analogia con i sospettati — neri — per l’omicidio di Pamela Mastropietro a Macerata, provincia che ricordavamo per la magia del teatro Sferisterio o per il volley.

Quel post qualunque prende fuoco, raggiunge i 120 mila like e oltre 75 mila condivisioni in poche ore, fioccano i commenti che reclamano la riapertura delle camere a gas. Milioni di italiani lo vedono, a loro volta lo diffondono. Ma quella storia, locomotiva impazzita che negli ultimi due giorni ha viaggiato in rete più di ogni altro messaggio elettorale, è falsa. La verifica arriva da Giornalettismo: il sito interpella Trenitalia, la capotreno spiega che sì, ha fatto alzare per un controllo il passeggero, ma che poi il biglietto giusto è saltato fuori: 86 euro, tariffa standard, altro vagone e numero di posto. Nemmeno la smentita riporta la calma: la storia è un perfetto generatore di odio e di paura, il candidato di destra di CasaPound in Umbria e molti altri come lui continuano a diffonderla. L’articolo di Katia Riccardi su Repubblica. it che di prima mattina racconta la bufala scatena a sua volta fanatismo, messaggi alla redazione: “ Siete in malafede. Sapete benissimo che quasi nessuno straniero paga il biglietto del treno e osate fare un articolo del genere!?”. Non occorre sia vero, basta sia verosimile, per scatenare la rappresaglia contro il capro espiatorio, il pregiudizio cognitivo che tralascia tutto ciò che è difforme dal racconto che alimenta la paura del presente, l’assenza di futuro. Certo, tutto questo esisteva prima del web. Basti pensare ai Pogrom negli anni ‘ 20 del secolo scorso, o alle pagine di Massa e Potere di Elias Canetti, in cui la folla come un sol uomo si muove, come unica garanzia contro il rischio di disgregarsi, per provare “la felicità di volere tutti insieme la stessa cosa”.

Non ne escono indenni nemmeno i quotidiani centenari che continuano a gonfiare l’onda per un clic in più, mescolando sangue a sesso, nera a gossip. Ma occorre dire che Facebook in questi casi si rivela lo strumento perfetto per aumentare la velocità di diffusione dell’odio e la sua portata. Lo sa bene il fondatore Mark Zuckerberg, ritratto sulla copertina di Wiredcon il volto tumefatto per i colpi ricevuti: non basterà dare meno visibilità alle notizie, o arruolare qualche migliaio di censori per ristabilire la serenità, perché i social sono la piattaforma ideale per i Napalm 51 (copyright Maurizio Crozza) che vivono in noi. Non importa se siamo gli stessi che 72 ore prima si sono commossi per il monologo di Favino sull’immigrazione. Lo sanno bene gli investitori, che ieri minacciavano dalle colonne del Financial Times di rimuovere la pubblicità dal social network per il crescere di incitamenti all’odio.

Non c’è bisogno della disinformazione putiniana, del calcolo elettorale di chi giustifica il tiro al nero o di chi rimpiange le foibe, per avvelenare le urne. Basta la nostra stupidità. In attesa di imparare a usare i superpoteri digitali, l’unico rimedio, il freno di emergenza per i 18 giorni che ci separano dal voto, resta la coscienza critica di ognuno di noi. Ripetiamolo tutti insieme, mantra laico del 21esimo secolo: prima di condividere, ricordiamoci almeno di pensare.

@ massimo_ russo

 

massimo russo (Venezia, 1965), giornalista, esperto di rete

 

Esperto di rete, tecnologia e innovazione, fu nel 1999 tra i fondatori di Kataweb, fa parte della commissione parlamentare per la stesura di una Carta dei diritti di Internet. da luglio 2016 è il direttore generale della divisione digitale del Gruppo Editoriale L’Espresso[.

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