I L c o m m e n t o
QUEI CORI SULLE FOIBE OFFENDONO LA STORIA E TUTTI NOI
Guido Crainz (notizie in fondo)
Non dobbiamo solo vergognarci e indignarci per gli orrendi cori sulle foibe intonati a Macerata, sia pure da un piccolo gruppo. Dobbiamo riflettere sulla nostra più generale incapacità di superare una devastante contrapposizione che offende le vittime e deforma la storia. Se l’avessimo fatto quei cori non sarebbero stati possibili. Dobbiamo riflettere sulla nostra incapacità di accogliere le sofferte riflessioni su quella tragedia che ci sono state proposte, prima ancora che dagli storici, da grandi libri di narrativa e di testimonianza (i nomi di Fulvio Tomizza, Marisa Madieri, Anna Maria Mori, Nelida Milani o Enzo Bettiza sono solo i primi che vengono in mente). Grazie alla Giornata del Ricordo qualche passo in avanti è stato compiuto, dopo una lunga rimozione, ma è ancora larghissimamente insufficiente. E ancora troppo spesso e troppo largamente, a sinistra, le ferocie del fascismo nell’oppressione di sloveni e croati sono usate come clava per rimuovere o negare le uccisioni di cui le foibe sono il simbolo e le sofferenze degli esuli del dopoguerra. Eppure in quel confine tormentato c’è tutto il Novecento: con il riaccendersi dei nazionalismi sin dalla fine del secolo precedente, con il trauma della prima guerra mondiale, con la “italianizzazione forzata” imposta dal fascismo alle popolazioni slovene e croate, con la occupazione e spartizione nazista e fascista della Jugoslavia nel 1941. E, sul versante opposto, con le esplosioni di violenze contro le popolazioni italiane del settembre del 1943 e del maggio-giugno del 1945, nei “quaranta giorni” del controllo di Tito su quelle zone: con le migliaia di morti di cui le foibe sono il simbolo e con un clima di terrore che contribuisce all’esodo forzato della quasi totalità degli italiani. Costretti ad abbandonare case e cose, e ancor di più la propria memoria e la propria identità, l’infanzia e al tempo stesso il futuro: “mai più verzeremo le porte / de casa che nâsse n’ha visto..” (non apriremo più le porte della casa che ci ha visto nascere, per dirlo con una splendida “elegia istriana” di Biagio Marin). E quelle uccisioni, e più in generale quella feroce spinta all’esodo, erano direttamente connesse alla volontà della Jugoslavia di Tito di annettere l’intera Venezia Giulia. Un grande dramma del Novecento, come lo è il contemporaneo e colossale esodo forzato di milioni di tedeschi dall’Europa centro-orientale. Il futuro dell’Europa passa anche per il superamento di quelle ferite e la via ci è stata indicata al livello più alto nel luglio del 2010 proprio a Trieste: con il comune omaggio ai luoghi-simbolo delle sofferenze di italiani, di sloveni e di croati compiuto dai Presidenti dei tre paesi e concluso dal Concerto della riconciliazione diretto da Riccardo Muti davanti a una folla enorme. Non offendono solo le vittime, gli indecenti cori di ieri: feriscono tutti noi.
Guido Crainz (Udine, 1947) è uno storico italiano, docente di storia contemporanea nella Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università di Teramo. Nel 2004 Crainz ha fondato e diretto, presso l’Università di Teramo, l’Archivio audiovisivo della memoria abruzzese. Collabora con il quotidiano La Repubblica e il magazine di Rai Storia Italia in 4D. Ha scritto tra gli altri: Il dolore e l’esilio. L’Istria e le memorie divise d’Europa, Roma, Donzelli, 2005 che ha vinto il Premio “Letteratura della Resistenza” Città di Omegna.
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