Loris Viari ha pubblicato qualcosa in Sei di Sestri Ponente se….. sei antifascista, antirazzista, tollerante .. — con Mari Nella Mari e altre 10 persone.
A 35 ANNI
FUNERALE DI GUIDO ROSSA
FUNERALI DI GUIDO ROSSA
NOTA DEL BLOG ( DA WIKI)
Guido Rossa (Cesiomaggiore, 1934 – Genova, 24 gennaio 1979) è stato un operaio e sindacalista italiano, assassinato durante gli anni di piombo dalle Brigate Rosse. Appassionato di montagna, è anche ricordato per la sua attività di alpinista, di fotografo e per il suo impegno nel Club Alpino Italiano.
Operaio di origine veneta, vive per parecchi anni a Torino. Il suo primo impiego è a 14 anni come operaio in una fabbrica di cuscinetti a sfera, quindi alla Fiatdi Torino come fresatore. Nel 1961 si trasferisce a Genova a lavorare per l’Italsider venendo, l’anno seguente, eletto nel consiglio di fabbrica per la Fiom–Cgil. Iscritto al Partito Comunista Italiano, è sindacalista della CGIL all’Italsider di Genova-Cornigliano. Come alpinista fece parte del coordinamento della spedizione italiana, organizzata da Lino Andreotti nel 1963 in occasione del centenario del CAI, che tentò, senza riuscirvi, di conquistare in prima ascensione il Langtang Lirung (7225 m) nel Nepal.
Il 1978 fu uno degli anni più duri tra gli anni di piombo: l’anno precedente le forze della sinistra legate al PCI avevano subito dure contestazioni da parte del movimento del ’77, mentre l’attività delle BR e dei suoi fiancheggiatori aveva subito un’accelerazione culminata con il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro. Come risposta il PCI di Berlinguer e il sindacato presero definitivamente le distanze dalla lotta politica extraparlamentare ed invitarono gli iscritti a vigilare contro il terrorismo togliendo ogni possibile copertura ideologica e denunciando i sospetti di terrorismo attivi nelle fabbriche.
Presso la macchinetta distributrice di caffè dello stabilimento Italsider di Genova spesso si ritrovano depositati dei volantini delle Brigate Rosse furtivamente lasciati per scopi propagandistici. Rossa nota che l’operaio Francesco Berardi, addetto a distribuire le bolle di consegna nello stabilimento, si trova spesso nelle vicinanze del distributore. Il 25 ottobre 1978 gli operai trovano una copia dell’ultima risoluzione strategica brigatista, sempre vicino alle macchinette; Rossa nota un sospetto rigonfiamento sotto la giacca di Berardi, si reca negli uffici della vigilanza aziendale per segnalare il fatto e, all’uscita, una nuova copia della risoluzione brigatista è ritrovata su una finestra nel medesimo luogo.
Dopo un breve dibattito interno l’armadietto di Berardi viene aperto ritrovandovi contenuti documenti brigatisti, volantini di rivendicazione di azioni compiute dalla BR e fogli con targhe d’auto appuntate. Guido Rossa decide di denunciare l’uomo, mentre gli altri due delegati si rifiutano, lasciandolo solo[2]. Francesco Berardi cerca inutilmente di fuggire ma viene fermato dalla vigilanza della fabbrica; si dichiara subito prigioniero politico, viene consegnato ai carabinieri e arrestato. Guido Rossa mantiene la denuncia e testimonia al processo, nel quale Berardi (morto “suicida” in carcere, forse assassinato dai suoi ex compagni) viene condannato a quattro anni e mezzo di reclusione. Temendo una vendetta dei brigatisti, il sindacato offre per alcuni mesi a Rossa una scorta, formata da operai volontari dell’Italsider, a cui lo stesso Rossa in seguito rinuncia.
La denuncia di Rossa contro un brigatista infiltrato è la prima che avviene dalla loro formazione e rischia di costituire un pericoloso precedente per cui le BR decidono di reagire. La prima ipotesi è quella di catturarlo e lasciarlo incatenato ai cancelli della fabbrica, con appeso un cartello infamante, in una sorta di gogna intimidatrice. Tuttavia questa ipotesi di azione viene scartata venendo giudicata irrealizzabile; ne viene così decisa la gambizzazione, pratica frequente a quel tempo[2].
Il 24 gennaio 1979 alle 6:35 del mattino, Guido Rossa esce dalla sua casa in via Ischia 4 a Genova per recarsi al lavoro con la sua Fiat 850. Ad attenderlo su un furgone Fiat 238 parcheggiato dietro c’è un commando composto da Riccardo Dura, Vincenzo Guagliardo e Lorenzo Carpi. I brigatisti gli sparano contro uccidendolo. È la prima volta che le Brigate Rosse decidono di colpire un sindacalista organico alla sinistra italiana: l’omicidio sarà seguito da una forte reazione da parte di partiti e sindacati e della società civile, in particolare quella legata al partito comunista.
Al funerale, cui partecipano 250.000 persone, presenzia il Presidente della Repubblica Sandro Pertini in un’atmosfera tesissima. Dopo la cerimonia Pertini chiede di incontrare i “camalli” (gli scaricatori del porto di Genova). Racconta Antonio Ghirelli, all’epoca portavoce del Quirinale, che il Presidente era stato avvisato che in quell’ambiente c’era chi simpatizzava con le Brigate Rosse ma che Pertini rispose che “proprio per quello li voleva incontrare”. Il Presidente entrò in un grande garage pieno di gente, “saltò letteralmente sulla pedana” e con voce ferma disse: “Non vi parla il Presidente della Repubblica, vi parla il compagno Pertini. Io le Brigate Rosse le ho conosciute: hanno combattuto con me contro i fascisti, non contro i democratici. Vergogna!”. Ci fu un momento di silenzio, poi un lungo applauso[4]. La salma di Rossa venne infine tumulata presso il cimitero monumentale di Staglieno.
L’omicidio di Rossa segna una svolta nella storia delle Brigate Rosse, che da quel momento non riusciranno più a trovare le stesse aperture nei confronti dell’organizzazione interna del proletariato di fabbrica
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Sono passati quarant’anni ma chi c’era dietro alle cosiddette Brigate Rosse dobbiamo ancora saperlo.
A questo proposito sarebbe quanto mai utile leggere (rileggere ?) la fondamentale testimonianza di Enrico Fenzi nel suo “Armi e bagagli . Un diario dalle Brigate Rosse” edizioni costa & nolan (settembre 1987) dove è messa in evidenza la follia che aveva colpito quei personaggi e il loro dissolvimento e le loro sanguinose divisioni in carcere e fuori. Il suicidio del Berardi nel carcere di Cuneo e altri innumerevoli drammi, si pensi all’omicidio di Roberto Peci per punire il fratello che aveva ‘parlato’. Un libro, quello di Fenzi, da non ‘perdere’ e da meditare, attualissimo anche per le considerazioni sulle carceri ( che riportano a Sandro Pertini quando invitava a tenere in ordine le carceri ..” che possono servire a tutti…” ). “” …C’è un inganno mostruoso, da qualche parte. Una sintesi impossibile: e l’abisso che divide le due immagini della rivoluzione – quella consegnata al programma razionalistico e dialettico della pagina scritta, e quella che sprofonda nella realtà vissuta qui, nel tempo che è il nostro tempo- non può essere colmato. ( Fenzi).
Da ricordare con affetto e ammirazione la figlia di Guido Rossa, Sabina, che si è impegnata anche come parlamentare del PD per una società migliore.