(la foto ritrae una classe neozelandese nel giorno in cui la scuola celebra le differenze dei propri alunni)
Se, come attestato nel trafiletto, il quartiere in cui si trova la scuola milanese è noto per problematiche legate alla criminalità, il rifiuto dei genitori di mandarci i bambini è comprensibile. Inoltre, i genitori italiani sono mediamente più abbienti dei genitori immigrati, per cui possono scegliere di affrontare spese maggiori di trasporto ecc. per far frequentare ai figli scuole più distanti da casa, mentre è assai probabile che gli altri non abbiano tale opzione. All’Ansa, però, non c’è nessuno a cui salti in mente di fare questi collegamenti. Il problema dev’essere per forza la composizione delle classi – e per molti può esserlo, senza dubbio – al punto che due genitori, secondo l’anonimo articolista, “danno l’allarme”: una coppia di origine sudamericana apparentemente scandalizzata dall’aver sentito i figli parlare in arabo.
Se si fosse trattato di una coppia di origine tunisina con l’arabo come lingua madre e con figliolanza scoperta a chiacchierare in portoghese o spagnolo,l’allarme ci sarebbe ancora? I due sudamericani si allertano anche quando la loro prole parla italiano (è pur sempre “lingua straniera” rispetto all’origine familiare)? Cosa succede se i loro bambini imparano più lingue grazie al contatto continuo con coetanei, diventano troppo intelligenti per essere infarciti di odio e di paura?
Saper comunicare in differenti linguaggi ha come principale conseguenza il capirsi meglio. Ogni idioma è intessuto di storia, cultura, saperi, ispirazioni, desideri: non si tratta di semplici equivalenze fra le parole (ed è per questo che la traduzioni di Google sono ridicole e piene di errori) ma di visioni del mondo che si confrontano – e si parlano.
L’agilità mentale di bambine/i e ragazze/i, la natura inquisitiva della loro giovane età, permettono di apprendere facilmente più lingue: e sì, questo cambia la loro visione del mondo, la apre a interpretazioni differenti, vi inserisce nuovi orizzonti. Ma le lingue non cambiano l’origine e il passato di un essere umano (ne’ l’italiano ne’ l’arabo sono contagiosi…) e non interferiscono negativamente con la sua capacità / volontà di scegliere un futuro, gli offrono invece ulteriori opportunità.
Se vostra figlia o vostro figlio tornano a casa da scuola dicendo parole diverse da quelle che conoscete, perché non chiedete loro di insegnarle anche a voi?
Maria G. Di Rienzo
L’intolleranza e il razzismo sono in gran parte frutto dell’ignoranza. Proprio per questo andrebbe potenziata la scuola di ogni grado, che oggi è in gran parte affidata alla buona volontà degli insegnanti.
Le seconde generazioni di immigrati possono riservare delle brutte sorprese ( vedi fenomeni di razzismo al contrario). Il politico, nel senso giusto di questa parola, dovrebbe guardare ad almeno una generazione o due avanti. Invece l’attuale prassi politica è tutta volta al giorno dopo. Ho sentito in una trasmissione al TG 3 che nelle isole più piccole dell’Italia, tipo Ventotene, i bambini non possono andare a scuola perché sono scomode come sede e c’è un continuo cambio di insegnanti. Ma è possibile che in Italia ci siano ancora situazioni di questo genere?