CINETECA DI BOLOGNA-—TRAILER DE ” LA CORAZZATA POTEMKIN ” REGIA DI EJENSTEJIN
Ieri ho visto “La corazzata Potemkin” in versione restaurata, molto vicina all’originale, che fu realizzato da Sergej Ejzenstejn nel 1925 per celebrare la rivolta dei marinai e della città di Odessa avvenuta nel 1905, anno in cui vi furono i primi tentativi rivoluzionari contro il governo zarista in Russia. Le condizioni disastrose delle campagne e delle fabbriche, l’andamento fallimentare della guerra russo-giapponese furono alla base di una serie di manifestazioni popolari contro il governo dispotico dello zar. Il 22 gennaio del 1905 un corteo di manifestanti si era radunato pacificamente di fronte al Palazzo d’Inverno, residenza dello zar, per richiedere l’attuazione di riforme economiche e politiche. Le truppe dello zar provocarono un eccidio tra i manifestanti, rimasto famoso col nome di ” La domenica di sangue”. La notizia della repressione sanguinosa si diffuse e gli episodi di rivolta si moltiplicarono nelle città dell’impero, tra queste Odessa. città portuale in quell’anno teatro di violenti scontri tra scioperanti e cosacchi. proprio al largo delle coste della città, a bordo della nave da guerra Potemkin, si verificò l’ammutinamento dei marinai, provocato dalle difficili condizioni di lavoro e dal tentativo da parte del primo ufficiale di somministrare all’equipaggio del cibo avariato. I disordini che seguirono coinvolsero la città di Odessa e le truppe dello zar, soprattutto i cosacchi, repressero nel sangue la rivolta. Nel film la ricostruzione degli avvenimenti non è totalmente fedele alla storia: Ejsenstejn voleva realizzare un film lirico-epico piuttosto che documentario. ” La Corazzata” è divisa in cinque atti, secondo il modello della tragedia classica; ad ogni atto è assegnato un vero e proprio titolo: Uomini e vermi ;Dramma sul ponte di poppa; Il sangue grida vendetta; La scalinata di Odessa; Il passaggio attraverso la squadra. Il film, che dura soltanto un’ora e otto minuti ( a differenza della vulgata dovuta a Paolo Villaggio), riesce a concentrare nei visi, nei gesti dei vari personaggi la tensione, il dolore, la volontà di ribellione e la felicità liberatoria di una vittoria contro la violenza e i soprusi. Ci sono i sottotitoli in russo e in italiano, ma dall’espressività dei volti si possono capire gli avvenimenti che si susseguono. In Italia il film venne visto per la prima volta dal pubblico solo nel 1960. Alcune scene non c’erano ( ad esempio la morte del bambino e della madre, alcune bandiere rosse colorate personalmente dal regista sulla pellicola in bianco e nero erano sparite); invece dei sottotitoli in italiano c’era il commento, un po’ retorico e ridondante, con la bellissima voce di Arnoldo Foà. Realismo e simbolismo si intrecciano e la tensione crescente è data dall’avvicinarsi progressivo delle inquadrature, come nella famosa scena della scalinata, dove l’avvicinarsi della tragedia è resa, in contrappunto con la fuga della gente, con la visione sempre più ravvicinata degli stivali e dei fucili dei soldati, fino all’inesorabile strage. Il simbolismo appare ad esempio nella sequenza del risveglio del leone di pietra (secondo me anche divertente, perché in mezzo a quella tensione terribile la bestia sussiegosa e feroce simbolo del potere assoluto sembra stiracchiarsi e dire: finalmente qualcuno mi ha svegliato). Sono un’ora e otto minuti di tensione e di felicità: l’arte vince sulla realtà, ma ne vale la pena. La musica, composta per il film da Edmund Meisel, costituisce un elemento indivisibile dal capolavoro del grande regista russo. Tutto questo lo dobbiamo anche al laboratorio di Bologna che ha ricostruito la versione originale del film. |
PAOLO MEREGHETTI, CRITICO CINEMATOGRAFICO, RACCONTA ” LA CORAZZATA POTEMKIN “
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